Appena poso i piedi sulla terra bagnata sotto di me, la quale mi fa sprofondare leggermente, lancio un'occhiata al treno che, intanto, continua la sua incessante corsa, pronto a ritornare verso il cuore della città. Dopodiché, osservo la recinzione, quella enorme muraglia di legno e ferro che ci protegge da ciò che ci minaccia all'esterno. Ma la domanda di tutti è sempre stata: da cosa dobbiamo essere protetti?
Nessuna anima viva era stata avvistata per cui tutti ormai credevano che la recinzione era divenuta un elemento superfluo, da abbattere per poter espandere la città.
M'incammino verso la grande struttura, raggiungendo due guardie. Ad essi domando la postazione di Ron. Dopo averla ricevuta salgo alcune scale che mi portano a poco meno di tre metri d'altezza dal livello base. Poi, svolto verso destra, camminando per diversi metri, finché non trovo Ron, appostato vigile, con lo sguardo fisso all'esterno della città. Quando si accorge della mia presenza non può che restare sorpreso: «Ciao.»
«Ciao!» ricambio il saluto, mettendomi al suo fianco. Lui mi osserva, distogliendo quindi lo sguardo dal suo obbiettivo.
«Che ci fai qui?» mi domanda, scrutandomi.
Lo osservo e, come se fosse ovvio, gli rispondo: «Ero curiosa di vedere come lavoravi.»
«Interessante, eh?»
«In realtà, no. Non lo trovo per nulla interessante.» confesso, portando lo sguardo verso l'esterno della recinzione: «Puoi dirmi cosa c'è d'interessante?»
«Apparentemente nulla, hai ragione.» comincia Ron, portando le mani lungo i fianchi e seguendo il mio sguardo; «Eppure ci sono lati senz'altro positivi.»
Porto il mio sguardo sul suo volto; «Spiegami.» gli chiedo, curiosa di conoscere la risposta.
«Guarda davanti a te.» mi induce a fare. Mi mordo il labbro inferiore ed eseguo: una distesa di verde non omogenea e diverse pozze, più o meno grandi. La vegetazione era selvatica.
«Cosa vedi?»
«Nulla.» dico semplicemente.
«Nulla?» ripete Ron, come se per lui fosse il contrario.
«Ron, non c'è niente lì. C'è solo una distesa di verde selvaggia.» continuo, vaga. Il ragazzo non smette di tenere lo sguardo verso l'esterno. Mi chiedevo cosa vedesse di tanto interessante, da trovare il lavoro tale.
«Va bene, tu vedi una distesa di verde selvaggia. Quindi vedi qualcosa, no?»
«Sì.» affermo, poco convinta.
«Adesso, immagina duecento anni fa, prima della Grande Guerra. Immagina un prato pulito, coltivato magari, pieno di fiori e quindi colori e profumi.» descrive Ron, con tono sognante. Mentre dice quelle parole immagino tutto ciò che lui mi induce a pensare. Ed è una bella immagine.
«Va bene, e allora? Voglio dire, cosa centra in tutto questo?»
«Centra! Non ti piacerebbe vedere esaudito questo pensiero? Non sarebbe bello abbattere questa recinzione e ritornare lì? In quella distesa di verde selvaggia?»
«Perché?» domando: «Perché dovremmo necessariamente tornare lì? Fidati, trovo anch'io completamente inutile questa preoccupazione per l'esterno che hanno i vertici di tutte le Fazioni.»
«Tess.» inizia Ron, pronto per un lungo discorso da quello che potevo dedurre: «Viviamo qui, a Chicago, seicento chilometri quadrati di superficie. Poi c'è questa distesa, davanti a noi, probabilmente il doppio o il triplo della città, se non di più. E credi che viviamo da soli? Solo noi in quello che ho sempre creduto un posto di dimensioni così grandi da essere praticamente impossibile da esplorare tutto? Tess, e se ci fossero altri lì fuori? Se ci fossero altre persone come noi lì, camminando verso questa distesa di verde selvaggia?»
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The Divergent Series: By Tess - Insurgent
Fanfiction*** NOTA: Quest'opera è uno dei miei primi tentativi di scrittura. Di conseguenza ho fatto un sacco di errori (grammaticali e nella storia in se), che spero mi perdonerete anche perché ero più piccolina. Ho deciso, però, di lasciarla perché è la pri...