Capitolo 23 - Senso di Colpa

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Il mio sguardo guardava ogni minimo dettaglio della persona che avevo davanti. Ma le coincidenze erano troppe: stessi capelli biondi, stesso viso abbronzato dalle centinaia di ore passate sotto al sole quando era ancor un Pacifico, stessi occhi verdi e corpo in forma: quello era Anton.

Avevo le labbra spalancate. Ormai la mia mente non ricordava quasi neanche più se si trattasse di simulazione o realtà. Perché era così identico al mio migliore amico perduto.

Ron lo fissa con le labbra serrate e un cenno di terrore, mentre Anton fissa lui serio. Lo scruta, quasi minaccioso mentre io lo osservavo ancora nei più piccoli particolari, troppo perfetti per una semplice messa in scena.

Restiamo in silenzio, a guardarci, pronti per la prima mossa di qualcuno. E sto per chiamare il mio migliore amico, nonostante fosse un'illusione, che proprio lui dice: «Perché non rispondi?»

Ron smuove le spalle, ancora con gli occhi fissi sul ragazzo biondo: «Cosa dovrei rispondere?»

Anton fa un passo verso di lui: «Sei contento di avermi portato via da lei?»

Mi irrigidisco: non sapevo neanche a chi si riferisse: a me o ad Arin? Inoltre, non sopportavo il fatto che apparivo come invisibile ai suoi occhi.

Ron deglutisce una volta: «Non sono affatto...»

«Mi hai sparato sapendo di poterlo evitare. Ovviamente, la tua scusante migliore è stata quella di salvarti la vita, ma non hai pensato alla mia? Di vita?» dice Anton osservando costantemente Ron seriamente. Ormai la mia mente era come andata in tilt e neanche un pensiero logico l'attraversava.

«Certo che sì.» sibila Ron.

Anton sorride: «Non credo che il pensiero sia arrivato ai gesti, allora.»

Mi viene da singhiozzare. Anton non era niente se non arrabbiato.

«Sai che ho sofferto?» continua il mio migliore amico.

Ron sbarra gli occhi e abbassa il capo. Mi volto velocemente verso di lui, proprio per la reazione che queste parole gli avrebbero fatto.

«È stato un momento.» afferma Anton: «Ma non lo augurerei a nessuno.». Fa un altro passo verso di noi. Allunga le labbra in un vago sorriso: «Se non a te»

Non sapevo che dire. Speravo che Ron capisse che quelle parole Anton non le avrebbe mai potute dire. Ma, in quel momento, appariva il contrario.

«Basta.» dice Ron, quasi come una supplica velata da un tono gelido.

«Lo vorresti, non è vero?» sorride Anton: «Ma non puoi, perché io resterò per sempre nella tua insipida e sciocca mente.»

«Ho detto di smetterla.» annuncia Ron piano: «Tu non sei lui

Anton allarga le braccia teatralmente: «E chi dovrei essere? Ero così insignificante, mentre mostravi il contrario, quando ci definivamo amici che non ti ricordi chi sono?». Ride: «Amici!» soppesa la parola: «Questa è davvero buffa!»

Ron lo fissa quasi furioso: «Non continuare ad essere quella persona. Non continuare ad essere...»

«Ad essere chi? La tua vittima?» lo deride il ragazzo biondo: «Perché è questo che sono. Non sarò più né il tuo amico, né il ragazzo di Arin, né tantomeno il migliore amico di Tess. Da quel giorno sono e sarò solamente la tua vittima.». Diventa improvvisamente serio.

Ron sospira e abbassa ancora il capo, come se non riuscisse a sostenere lo sguardo del suo amico.

Io sono ancora immobile, muovendo lo sguardo tra i due e sperando che Anton mi avesse prima o poi donata di uno sguardo, anche solo uno...

The Divergent Series: By Tess - InsurgentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora