Con tutta la potenza di quell'attimo, tirai un calcio a Gilbert nello stomaco. Lui cadde all'indietro, scivolando sul muro e sibilando quelle che potevano facilmente essere imprecazioni in russo. Dominik fu meravigliato dalla mia reazione e la sua bocca si aprì. Michael era immobile, gli arti incapaci di muoversi.
Il fratello maggiore mi immobilizzò da dietro, storcendomi le braccia e costringendomi a smetterla di divincolarmi come un serpente catturato. Iniziai a piangere forte, singhiozzando. Il ragazzo mi fermò le mani per impedirmi di reagire ancora e io mi abbandonai alla disperazione.
Tutto ciò che la mia mente era in grado di fare era comporre la frase "Non è vero."
Mamma non era morta. Mamma era rimasta in macchina, stava tirando fuori la valigia. Mamma aveva litigato con Gilbert ed era rimasta con Sue. Mamma non mi aveva lasciata.
Gilbert si riavviò i capelli in fretta e il suo sudore freddo si mescolò con le gocce piovane che gocciolavano giù dalle sue ciglia rosse e cespugliose. Rialzandosi, i suoi occhi erano gelidi e malvagi come non li avevo mai visti prima d'allora. Mi venne incontro e mi colpì con uno schiaffo. Guardavo il muro ancor prima di capire cosa avesse fatto e solamente il dolore che mi invase dopo mi svegliò.
Era la prima volta che mi aveva colpita.
La faccia mi faceva male. Tanto. La guancia mi bruciava come se fosse stata a contatto con una superficie calda, simile a mille tizzoni ardenti, ma tutto il resto del corpo tremava di freddo in modo incontrollato. Il mio stomaco si contorse e si aggrovigliò, forse per paura.
Il labbro mi tremò, chinai sconfitta il capo, incapace di pensare a qualcosa di sensato. La mia vita era finita. Il mio cervello oramai recitava questa frase come un mantra. Ero indifesa, sola e debole in mezzo ad una mandria di lupi senza protezione. Se solo avesse voluto Gilbert avrebbe potuto rompermi l'osso del collo con una semplice stretta, facendomi morire velocemente e senza dolore.
Sembrava impossibile riuscire a pensare a quelle cose. Avevo solo sedici anni.
Mi abbandonai a me stessa e Dominik mi costrinse con uno strattone deciso a restare in piedi. Mi fissai i piedi nudi. Avrei voluto piangere e abbracciarmi, ma Dominik non me lo consentì affatto. Mi teneva serrata come se fossi stata un mostro contro natura pronto ad uccidere l'umanità.
«E la donna?» chiese Dom, rompendo il silenzio.
La pioggia batteva sul tetto, furente, e un lampo esplose.
Percepii lo sguardo funesto di Gilbert sopra la mia testa, ecco perché non alzai i miei occhi e non lo affrontai. Un brivido freddo percorse la schiena dell'uomo.
«Glupyy!» tuonò e per il tono sobbalzai come i gemelli, impauriti. «On prosunul nos v moi dela. Ya skazal yey, chtoby ne sdelat' eto i...»
«L'hai uccisa, figlio di una puttana bastarda! L'hai uccisa tu! Se mi libero ti ammazzo, ti giuro che ti ammazzo! Io ti rovino! Lo dirò a tutti!» strillai, quasi isterica, non respirando per la collera.
Alzai la faccia e lui mi guardò. La sua espressione non era diversa da quella che in tutti quei giorni avevo visto. I suoi occhi verdi erano ombrati per colpa della fioca luce e sul suo volto la cicatrice gli gettava un'ombra sinistra e inquietante. Le sue dita formicolavano.
Mi mossi e Dominik mi strinse meglio a sé. Scalciai per un po', provando a mostrarmi combattiva, ma Gilbert non se ne preoccupò. Ebbi l'improvvisa voglia di provare ad infilargli un coltello in bocca e girarlo, giusto per assaporare la sensazione di quello che aveva fatto lui, ma quando l'uomo mi venne vicino a mi urlò in faccia, ruggendo come un leone, persi del tutto l'audacia. Aprii la bocca, spaventata, e mi tirai indietro, spingendomi verso Dominik. Nonostante anche Michael avesse gli occhi persi e vuoti non si mossero.
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Bad Bro - Bluebeard
Детектив / ТриллерSydney, Australia. Chanel Isaac Leeroy non ha voce in capitolo quando la madre, Lacey, decide di fidanzarsi ufficialmente con il finanziere russo Gilbert Petronovik, il quale porta l'intera famiglia sotto lo stesso tetto. Con intenti nobili, il nuo...