(Hubert Dochesk)
Dominik guardò il suo cellulare con un misto di insicurezza e curiosità, e rimase a fissarlo per un minuto, quasi incredulo. Michael finì la sua cioccolata, pulendosi con una manata la panna che gli fece due grossi baffi spumosi. Poi fissò il fratello.
Dominik scrisse qualcosa, lo ripose con cura e mi spinse contro il dolce che non avevo ancora toccato.
«Mangia» mi disse fermamente.
Prese le cose che avevamo comprato e le sistemò più vicino a lui, protettivo.
«Non ho fame.»
Michael affilò lo sguardo e, meglio di me, intuì il sorgere del suo cambiamento d'umore. Dominik ricambiò il suo sguardo con una faccia enigmatica e fissa.
Michael chiese: «Era papà, vero? Che voleva?»
Dominik non gli rispose, mi squadrò e indicò il dolce con estrema fissazione. Io non guardai il piattino, fingendomi interessata a lui. Arpionò la mia sedia e la spinse in avanti, lo sterno a contatto con il tavolino.
«Mangia immediatamente, non ho intenzione di ripetertelo ancora una volta.»
Tirai le labbra. Non era per ripicca o svogliatezza che non volevo mangiare, ma era solo perché, davvero, non avevo fame.
Scossi la testa, spingendo a Michael il piattino. Lui alzò un sopracciglio, chiedendosi se glielo avessi offerto.
«Dominik, dimmi cosa» parlò Michael, ma prima che potesse dire un'altra parola, il fratello maggiore tuonò a gran forza, sbattendomi ancora il piatto davanti al naso: «Yesh', glupaya devchonka!»
Il tavolino tremò.
Il bar e tutti i suoi clienti sprofondarono in un silenzio innaturale.
Mi osservai intorno intontita. Né Michael e né Dominik parvero notare l'atmosfera pesante e rarefatta che si era insinuata nel bar a causa loro. Alcune persone borbottarono, altri scossero la testa intimoriti e la gran parte non si azzardò neppure ad alzare lo sguardo dai propri ordini. I camerieri tentennarono e sgattaiolarono via ai loro posti, riprendendo piano il loro misero lavoro.
Qualcuno ricominciò a parlare.
Guardai Dominik con aria sofferente. L'orologio batté da poco l'una di pomeriggio. L'ora di pranzo era già passata.
Incuriosita dal suo strano comportamento, e con un macigno d'ansia per colpa sua e della situazione, mi sforzai di mandare giù qualche boccone di cibo. Masticai piano e con malavoglia, sperando che quella poltiglia scomparisse magicamente dalla mia bocca.
Dominik non si rilassò affatto. Michael gli diede un calcio sotto il tavolo, sperando non lo notassi, ma il sobbalzo furibondo del fratello mi fece trasalire. Dominik mi fece cenno di prestare la mia preziosa attenzione altrove e io, alterata, finii furibonda la focaccia con il naso contro il muro. Loro due parlavano fitti fitti in russo e anche se avessi avuto voglia di sentirli non avrei capito nulla a riguardo.
Dominik disse qualcosa al fratello e lui si alzò come se qualcosa gli avesse morso i piedi, uscendo furioso dal bar. Io lo guardai con una fitta e fissai Dominik.
«Non guardami così» mi intimò. «Non ho fatto niente.»
«Be', io di sicuro non ho parlato» commentai.
«Io non gli ho detto niente.»
«Certo» dissi.
«Stai zitta, Chanel.»
«Ma io non ho detto...»
«Chiudi quel becco e basta.»
Mugugnai qualche parola stizzita, poi decisi che non valeva la pena perdere tempo a discutere con lui dei dettagli su chi aveva-attaccato-bottone-con-chi. Quando finii la mia colazione-barra-pranzo non voluto, Dominik mi buttò tra le braccia le mie borse e andò al bancone a pagare. Il cameriere tirò via velocemente la mano dal ragazzo, quasi avesse temuto che gliela staccasse di netto. Cosa plausibile conoscendo Dominik.
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Bad Bro - Bluebeard
Mystery / ThrillerSydney, Australia. Chanel Isaac Leeroy non ha voce in capitolo quando la madre, Lacey, decide di fidanzarsi ufficialmente con il finanziere russo Gilbert Petronovik, il quale porta l'intera famiglia sotto lo stesso tetto. Con intenti nobili, il nuo...