23 Un piacere durato poco✔️

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(Dimitri Yamazaki)

Passò una settimana.

Poi un'altra.

Febbraio finì stancamente con le temperature a meno venti gradi sottozero. La neve e la pioggia avevano completamente sotterrato la città e tutto, i lampioni, le vetrate dei negozi, le strade e persino il fiume Neva fu invaso da pesanti e spesse lastre di ghiaccio. Chiesi a Babushka da dove provenissero e dove sarebbero andate a finire. Lei mi disse che in quel periodo dell'anno il lago Ladoga, la foce, si ghiacciava e con l'intervento umano i rimanenti pezzi di ghiaccio salivano il fiume, fino a sfociare nel golfo di Finlandia. Io pensai che quel fiume doveva essere magnifico d'estate, con temperature più calde, e cercai notizie sul famoso lago Ladoga e dove effettivamente si trovasse la Finlandia.

Le giornate trascorsero in modo alquanto normale, escludendo i primi fatti che mi avevano portato in Russia e la mia reclusione. Persino Gilbert mi lasciò perdere. Si immerse totalmente nel suo lavoro distaccandosi completamente da me, abbandonando il suo attaccamento morboso e sostituendolo con una più smodata indifferenza cinica. Le uniche volte in cui ci rivolgevamo la parola era sempre per scuola ed ero sempre io a doverlo rintracciare. Lui non mi cercò più.

I giorni a scuola trascorrevano lenti, le lezioni presero velocemente posto nella mia testa e mi affaticavo per tenere il passo tra le traduzioni, gli esercizi e la mia sanità mentale. Venni affiancata da un insegnante di sostegno mandato dal dirigente Kuzentsov, ad ogni lezione mi aiutava con le parole troppo difficili. In quel modo mi fu più facile seguire gli argomenti.

Tre volte alla settimana, seduta vicino a Ilona e Elizaveta, un'altra ragazza del corso Tutor, seguivo una ragazzina di quattordici anni di nome Tat'yana. Le correggevo gli esercizi del corso, spiegandole delle regole della lingua e per un'ora facevamo conversazione per fare pratica. Per un po' il mio accento la confuse e viceversa, ma dopo un paio di lezioni con me mi prese in simpatia e cominciammo a capirci molto bene a vicenda. Mi parlava della scuola, della sua famiglia e del suo fidanzato slavo di nome Kurt.

I pomeriggi senza il corso li trascorrevo aspettando la fine delle lezioni di Michael, nei corridoi a fare i compiti. Ascoltavo i rumori provenienti dall'aula di informatica e meccanica e usai la fantasia per capire cosa stessero facendo. Se poi Ilona aveva del tempo libero, lo passavo con lei o andavo in biblioteca a leggere un po' da sola fino al suono della campanella.

Quando le lezioni terminavano per tutti, tornavo sempre a casa con Michael. Conobbi i suoi amici e imparai i loro nomi, dimenticandomi in fretta alcuni nomi dei miei vecchi compagni di scuola. Iniziai a scriverli, allora, per non lasciare niente al caso. Il resto dei pomeriggi li passavamo a studiare, o almeno io compilavo delle semplici schede per la lingua e Michael mi sorvegliava, o io guardavo lui fare i compiti con pazienza. Imparai in fretta alcune parole e frasi semplici in russo e, perlomeno, quando qualcuno mi chiedeva una matita o come stavo, sapevo comprenderlo bene e rispondere.

Michael mi insegnò a suonare al pianoforte, o almeno ci provò. Non sapevo che Gilbert tenesse un pianoforte a coda in casa, io ne fui sorpresa. A Gilbert piaceva la musica classica, perciò a volte si sedeva e suonava in santa pace, o incaricava qualcuno per farlo.

Michael mi indicò i tasti, prese uno spartito e mi spiegò come interpretarlo. Avevo già seguito alle scuole inferiori delle lezioni di musica con il piano e il flauto, ma fui contenta di avere un nuovo hobby condiviso anche da Michael.

Non mi toccava più tanto spesso, ma almeno il nostro rapporto rimase invariato dall'ultima volta in cui ci eravamo spinti troppo oltre. Avevamo entrambi capito il nostro errore, il brutto momento e situazione, perciò facemmo entrambi finta, senza metterci d'accordo, che quell'evento non ci fosse mai stato. Quando però mi toccava, appena per correggermi le dita sui tasti o per dirmi qualcosa, il ricordo mi faceva tremare. Dopotutto era impossibile dimenticare. A volte però, o a me o a lui, scappava sempre qualche parola di troppo o qualche carezza non cercata e furono i momenti migliori.

Bad Bro - BluebeardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora