20 Tale padre tale figlio✔️

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(Breatha Madiev)

Buio.

Era tutto ciò che vedevo, che non vedevo. Mi circondava, mi abbracciava e mi teneva immobile in una culla di silenzio e tristezza. Avvertivo il mio corpo, ma non lo sentivo mio. Era come se fossi dentro me stessa o fuori, non lo so, eppure tutti i nervi e tutte le articolazioni fremevano in subbuglio.

Mi sentivo rilassata, ma non calma. Era come se avessi dovuto aspettare qualcosa, e quel qualcosa era terribile e insopportabile. Non avevo coraggio di muovermi. Non so se ci sarei riuscita, e in ogni caso ero pronta ad aprire gli occhi?

Non sentivo freddo, ma un leggero fastidio alla schiena e alle gambe. Ero stesa su qualcosa di morbido, o almeno così mi pareva.

Ero avvolta dall'oscurità, ma non mi disturbava.

All'improvviso delle veloci luci presero a vorticarmi davanti agli occhi, accecandomi. Poi iniziarono a formarsi delle immagini sfocate, ma erano troppo confuse e veloci per poterle capire, seguiti da qualche voce nel mio inconscio oramai dimenticata.

Erano dei ricordi.

Il primo ero io a quattro anni, da sola a mangiare all'asilo. Il mio cestino del pranzo era arancio con la figura di un coniglietto stampata sopra. Ironia della sorte, stavo mangiando proprio delle carote e delle patate. Il tavolino di plastica giallo era all'aperto e tutti i bambini si stavano divertendo a giocare e a chiacchierare dell'ultimo cartone animato visto in televisione. Fu lì che incontrai Paige. Venne da me e mi spinse giù dalla sedia, accomodandosi lei. Si mise a mangiare i suoi pomodorini rossi con disinvoltura e io ero lì per lì dal piangere. Mamma mi aveva sempre detto di essere gentile con tutti, di non alzare mai le mani, ma io ero davvero arrabbiata. Papà mi diceva che non dovevo essere cattiva, ma che dovevo sapermi difendere e rispettare. Così mi alzai e spinsi giù Paige dalla mia sedia e mi rimisi a mangiare composta. Lei mi guardò per un attimo e fece una smorfia, poi si alzò e mi si sedette vicino. Ci scambiammo il pranzo e diventammo inseparabili.

O almeno fino a quella sera.

Non avevamo mai litigato in quel modo, prima di allora. E per Michael. Michael!

Il secondo che vidi fu in un giorno di inizio primavera, qualche anno prima. Ero con Paige e Lavanda in un negozio di animali e trovammo due ragazze intente a dare un'occhiata alle vetrine con gli animali. La ragazza con i capelli rossi, Alice, rimase affascinata dalla grossa iguana dentro una teca e provò a toccarla. Anche se era vietato, Paige la seguì. Sharon, l'altra ragazza, infilò una mano nella vaschetta dei topi e ne prese uno per la coda, alzandolo. Lavanda saltò indietro e fece cadere per terra una gabbia di pappagalli, i quali uscirono e volarono per il negozio per ore. Alla fine li ripresero grazie all'intervento della protezione animali. Io, le due ragazze, e le mie amiche fummo duramente punite. Mi ricordo che Sharon si portò via il topino.

Dopo vennero il primo giorno di scuola e l'incontro con Mark, la gita a Brisbane, il primo bacio a Tommy Smith, e persino quando provammo a fumare di nascosto in camera mia, ma la sigaretta bruciò il tappeto e mia madre se ne accorse.

Alla fine venne Luke Leeroy.

C'erano due cose che mio padre amava fare, oltre a vedere il rugby in televisione: a) registrare con la sua videocamera e b) pescare. Lui amava la pesca. Se avesse potuto scegliere di avere le pinne e le squame sarebbe rimasto per sempre in uno dei suoi laghi. Quasi ogni domenica, verso l'imbrunire, mi portava con sé. Io lo odiavo. Preferivo di gran lunga restare a casa e guardare le serie della sera, ma lui no. Odiavo l'odore dei laghi, la puzza, mi annoiavo e lui era sempre zitto. Però non mi rifiutai mai di andare con lui, nemmeno una volta.

Bad Bro - BluebeardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora