4 Asso di cuori e Re di bastoni✔️

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(Dominik Petronovik)

Non dormii bene quella notte, o meglio, non dormii affatto.

Speravo che con il mio imminente trasloco, più la fatica emotiva derivata dall'esperienza, il sonno mi avrebbe accolta come un angelo in paradiso. Fu uno shock per me restare sveglia a guardare immobile il buio del mio soffitto per ore ed ore, in solitudine. Erano le 3:35 l'ultima volta che sbirciai l'ora. Poi il buio.

Al contrario di come avevo sperato, dopo la giostra della scorsa sera per me fu praticamente impossibile riuscire a chiudere occhio. Una parte di me — non so quanto piccola e vera — aveva desiderato andare d'accordo con i figli del famoso Gilbert Petronovik, ma Michael e Dominik non c'entravano nell'accordo. Ero sicura al cento per cento che Michael mi odiasse e che Dominik non gradisse minimamente la mia presenza in casa. Per due ragazzi come loro io dovevo essere solo un opaco sasso nel lucido parquet. Non avevo ancora ben chiaro il mio futuro. Mi sarei tolta dalla loro perfetta strada o avrei fatto loro uno sgambetto? La risposta tardava al pensiero di mia madre felice.

In aggiunta, per chiudersi in bellezza, la maniglia. Avevo trovato nella toppa la chiave e avevo chiuso la serratura, non per timore, ma per tenermi al sicuro nell'escludere la grandezza di quella dimora. Più il mondo dei Petronovik sarebbe stato lontano da me, più io mi ci sarei inserita nei miei tempi, arrivando ad apprezzare meglio il tutto.

La mia stanza era grande l'intera area del salotto e della cucina del mio vecchio appartamento a Sydney. Stare confinata lì, chiudendo gli occhi e con un po' di fantasia, mi aiutò a rievocare la mia camera.

Chi avrebbe immaginato che la maniglia che mi proteggeva stava anche cercando di attentare alla mia pace? Non erano passati più di venti minuti da quando mi ero coricata.

Io pensai: Non ci entrerà nessuno, qui.

Meditai che magari era stata Cailian, passata a vedere come stavo o per portarmi qualche urgente notizia, ma poi mi dissi che nessuno rimaneva a lavorare fino a quella tarda ora e che lei si sarebbe di sicuro prima presentata. Avrebbe insistito.

Invece nulla. Nessuno aveva più provato ad aprire la porta dopo il tentativo vano e nessuno aveva parlato oltre la soglia. Ovviamente quel tale non voleva essere riconosciuto dopo aver gettato la spugna.

Trascorse così la mia prima notte a casa Petronovik. I miei occhi erano pesanti e li sentivo bruciare, in più avevo la mente spenta come un televisore rotto. Non ebbi la forza di pensare a niente di difficile, così mi concentrai sulle azioni basilari: alzarsi.

Secondo il mio Nokia erano appena le 7:00 del mattino e, a conti fatti, avrei potuto concedermi il lusso di rimanere a letto e provare a dormire un po', giusto il tempo per riprendermi. Alla fine mi stiracchiai e scivolai fuori dal bel bozzolo confortevole del letto.

Andai nel mio bagno personale e mi feci una veloce doccia fredda, per svegliarmi e far riprendere il collegamento dai neuroni al cervello. L'acqua fu fantastica e non essendomi lavata il giorno prima fu un toccasana vero e proprio.

Uscii dalla mia stanza ancora nel mio pigiama rosa e bianco, con delle babbucce a forma di coniglietto ai piedi. Ero abbastanza ridicola, ma non speravo di apparire al meglio di primo mattino. Mi chiusi silenziosamente la porta alle spalle. Non volevo svegliare nessuno in casa. Ero certa che mia madre stesse ancora dormendo. Avrei voluto intrufolarmi nel suo letto e accoccolarmi a lei, ma poi mi ricordai che quel dannato letto era condiviso anche da Gilbert, e da quel suo affare in mezzo alle gambe.

Optai per la soluzione più pratica. La colazione prima di tutto.

«Buongiorno, Chanel.»

Gilbert stava salendo le scale, sorridente, con addosso una vestaglia color verde scuro che andava a braccetto con il pigmento dei suoi occhi. Il viso, illuminato dall'attiva luce del mattino, lo faceva sembrare più giovane ed energico e la sua cicatrice riluceva più pallida.

Bad Bro - BluebeardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora