28 Solo i piccoli amano veramente✔️

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«Cosa?» balbettai piano, soffocata dalle mie lacrime e il fracasso dei miei pensieri che rimbombavano spauriti in ogni angolo della mia mente.

Tirai su il moccio nel naso e mi asciugai le lacrime, convinta di non aver sentito bene.

«Ti sei mai seduta sulla faccia di qualcuno?» mi ripeté lui, immobile.

Aprii la bocca sconcertata, ma nonostante tutto negai. Tentai di darmi un contegno e smettere di piangere perché, oramai, era inutile farlo. Non sapevo nemmeno il motivo per cui avessi iniziato: Dominik mi aveva fatto un pessimo scherzo in ripicca al mio attacco verso di loro al Kransyy Kukla e sapevo di meritarmelo. Anzi, me lo dovevo aspettare. I gemelli erano altamente vendicativi nei confronti del loro ego ferito. Piangere era comodo, mi aiutava a sfogare le contrastanti emozioni che provavo di continuo verso di loro.

Avrei voluto odiali dal profondo nel mio cuore, eppure era troppo difficile. Qualcosa mi bloccava, mi spingeva da loro e mi faceva abbassare pentita la testa ogni qualvolta sbagliavo. Non volevo che soffrissero ancora, non per mano mia. Odiare era troppo doloroso, persino per me.

Dominik si sedette sul letto, appoggiò le mani sul materasso e si tirò leggermente indietro con la schiena. Inclinò la testa come un cucciolo curioso ed era là, seduto per me, in silenzio ad aspettare ogni mia mossa con estrema attenzione. I primi bottoni della camicia erano aperti e gli vedevo le ossa appuntite delle clavicole e appena il tatuaggio sull'addome. Assomigliava ad una di quelle statue greche in marmo scolpito, immobili, perfette con quell'espressione di mistero e seduzione impresse per l'eternità. Erano il suo marchio di fabbrica, dopotutto.

Questo non mi calmò affatto. Mi agitò. La pancia ribollì e il mio cuore martellò ad un ritmo più forte, sentivo i miei respiri pensanti amplificati nelle mie orecchie. Dominik era abituato ad un altro genere di donne, belle, intraprendenti e forti, di carattere anche. Io non ero nessuna di quelle, ero capitata in quella Villa per una serie di sfortunati eventi. Cordelia avrebbe potuto mettere in ginocchio qualsiasi ragazzo, ma non Dominik.

«Smettila di piangere» enfatizzò. Il suo tono era gentile, dolce come cioccolato e scalfì l'enorme pietra di paura che sentivo pesarmi sul petto. Il mio respiro si placò e inspirai un'enorme boccata d'aria. «Togliti le mutandine» mi ordinò.

«No» gli risposi.

Lui alzò un sopracciglio. Si appoggiò indietro su un gomito e i suoi occhi si restrinsero. Lo guardai, terrificata, non osando muovermi. I suoi occhi mi serravano in una morsa, penetranti, ed erano più chiari che mai.

«Perché?» chiese e fu ridicolo.

Roteai gli occhi, come se avesse appena detto una sciocchezza. «Ti senti? No, non lo farò.»

«E io ti ho chiesto il perché» mi incitò, senza alzare o abbassare la voce.

«Perché non è una cosa giusta, non tra noi e non adesso, lo sai anche tu.»

Lui sibilò corrucciato. «Mi spieghi chi cazzo lo dice?»

«Gesù Cristo!» sputai lì per lì, senza farci minimamente caso.

Fu una risposta talmente stupida e banale che Dominik scoppiò in una fragorosa risata. Non mi sentii presa in giro, né attaccata in qualche modo, pensai unicamente a lui. Mi sorrise languidamente quando di ricompose, come se qualcosa in lui si fosse nuovamente acceso.

«Mi stai prendendo in giro per caso? Sei religiosa?»

Mia madre lo era, io andavo a qualche funzione la domenica di tanto in tanto quando ero più piccola. Quando, successivamente al divorzio dei miei genitori, Luke Leeroy decise di tenermi a casa per avermi con sé gli unici due giorni alla settimana, mia madre non osò impormi niente. Sapevo che la famiglia di Gilbert fosse ortodossa, ma per ovvi motivi i gemelli tenevano religione e vita separate.

Bad Bro - BluebeardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora