XI.

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Ero difronte alla grande porta in vetro del bar. Dalla vetrata avevo già intravisto Alex seduto ad un tavolo da solo, ma io non trovavo il coraggio di entrare.
Non riuscivo a capirmi, non riuscivo a decifrare tutti i pensieri e i sentimenti che giravamo nella mia testa creandomi una grande voragine che non mi permetteva di concentrarmi su nulla: cosa provavo per Alex? Questa era l'unica cosa di comprensibile che qualcuno avrebbe trovato nella mia testa se ci fosse entrato dentro. Sicuramente provavo dell'attrazione fisica per lui, su questo non c'è ombra di dubbio. Ma se mi fossi lentamente innamorata anche del suo carattere? Non lo sopportavo quando faceva il playboy, ma adoravo quando mi faceva ridere, o semplicemente quando mostrava il vero Turner, senza cercare di impressionare nessuno.

Passai dieci minuti a fissare la porta che si apriva e chiudeva difronte a me, poi respirai a fondo e feci il grande passo: entrai.
Mi voltai subito verso il moro, che appena alzò la testa mi vide e mi fece segno di raggiungerlo.
"Ce l'hai fatta allora! Per un attimo ho temuto che anche il grande Alex Turner stesse per ricevere un due di picche!" Ecco. Proprio quello che non volevo sentire. Perché ero entrata? Rigirai immediatamente e camminai veloce verso la porta, ignorando i suoi richiami. La porta non fece in tempo a chiudersi dietro di me che lui già l'aveva fermata ed era sgattaiolato fuori, raggiungendomi sul ciglio della strada.
"Cosa ti prende andesso?" chiese lui mentre io cercavo di attraversare la carreggiata trafficata.
"Non ti sopporto Alex. Ne ho fin troppo delle tue battute da Sono Alex Turner e tutte mi vogliono." Mi afferrò per un polso impedendomi di raggiungere l'altra parte della strada e voltandomi verso di lui. I miei occhi ormai lucidi vennero ipnotizzati dai suoi, che erano seri e terrorizzati allo stesso momento.
"Christall, ti prego ascoltami." Lo disse con un tono così basso che quasi non sentii a causa del rumore delle auto.
"Tu mi piaci, ok?" Persi un battito al sentire quelle parole, mentre lui si inumidì le labbra per poi continuare.
"Sei diversa, tu... non so cosa sei, ma so cosa non sei. Non sei una delle tante, non sei una di quelle che mi avrebbe addirittura pagato per portarmela a letto. Tu continui a far finta che io non esista, e mi stai facendo andare fuori di testa." Accennò un leggero sorriso, io strattonai il braccio liberandomi dalla sua presa.
"A quante altre lo hai detto?" Una lacrima mi scese lungo la guancia. Mi voltai e iniziai ad attraversare la strada.
"Dimmi allora come mai ieri stavi per baciarmi." Mi urlò una volta arrivata sull'altro marciapiede. Mi voltai e lo guardai. Ci fissammo per secondi che parvero anni, sentivo il suo sguardo che mi pungeva sulla pelle. Non risposi, mi limitai a continuare per la mia strada e raggiunsi un bar poco lontano dove poter passare la restante pausa pranzo.

La giornata a lavoro passò con una lentezza inaudita, quando poi scattarono le sette e mezza, salutai Rob ed uscii, con destinazione casa Helders. Avevo bisogno di parlare con il mio migliore amico.
Arrivata davanti casa sua il tempo era peggiorato notevolmente, iniziava a tuonare e i miei occhi pizzicavano a causa delle lacrime.
"Christall! Dio mio, cos'è successo?" Appena mi aprì la porta mi fiondai sul suo petto e lo abbracciai, riuscendo finalmente a piangere e buttare fuori tutte le emozioni che avevo dentro. Ricambiò la stretta e mi lasciò un bacio sulla fronte, per poi accompagnarmi sul divamo del salotto e sederci.

"Matt, non ce la faccio più." Ammisi sdraiandomi sulle sue gambe.
"È colpa di Alex? Ti ha fatto qualcosa?" Chiese iniziando a giocare con una ciocca dei miei capelli mentre io fissavo il soffitto.
"Sì, o meglio, non proprio. Mi ero convinta di potergli piacere sul serio, sai? Ma infondo lui è un donnaiolo come tanti altri. Ed io sono solo una delle sue prede. Chissà quante ragazze ha fatto scappare a casa piangendo come sto facendo io adesso. Non sono mai la prima scelta di qualcuno." Mi asciugai un'altra lacrima che stava scendendo sul mio volto.
"Chris, non dire così. Tu sei la mia prima scelta. Non puoi cadere così in basso per il comportamento da cazzone di Turner." Lo guardai e mi sorrise accarezzandomi una guancia.
"Ti voglio bene Matt."
"Già.. ti voglio bene anche io Christall."

Appena tornata a casa mi buttai sul letto di camera afferrando il pc.
"Chris, vuoi venire con me a prendere gli ultimi scatoloni in casa?" Joe si affacciò dalla porta e annuii per poi alzarmi di nuovo.
Uscimmo di casa, Joe era avanti a me, mentre io non riuscii a non soffermarmi a guardare al di là del muretto. Passai dal guardare la porta chiusa a percorrere tutto il vialetto con gli occhi, fino ad arrivare al cancello che si stava aprendo: Alex era lì, sorridente, accompagnato da una ragazza alta qualche centimetro più di lui dai capelli rosso fuoco. Lei sembrava già alquanto di fuori, rideva a crepapelle e gli si avvinghiava addosso, probabilmente anche per evitare di cadere dai trampoli che aveva ai piedi.
Sentii il petto far male, come un pugno. Persi il respiro per qualche secondo, il tempo che Turner impiegò per vedermi e voltarsi dall'altra parte.
Corsi alla macchina di Joe, salii e non dissi nulla.
"Hai molto da prendere?" Scrollai la testa.
"Vuoi che venga in camera tua ad aiutarti?" Scrollai di nuovo.
"Non sei di molte parole stasera, eh?" Accese il motore e sfrecciammo per le strade fino a raggiungere la mia ormai ex casa.

"Io prendo gli scatoloni che sono in cucina, tu se ce la fai dovresti prenderne uno o due di Julie. Sono in camera sua." Salii le scale senza dire nulla e iniziai di nuovo a piangere. "Tu mi piaci." Come la barbie rossa che si stava scopando a casa sua adesso. Ebbi un attacco di rabbia ed entrata in camera di mia mamma presi uno dei due comodini e lo ribaltai, per poi fare lo stesso con l'altro. Mi buttai sul letto ed urlai contro il materasso, con tutti il fiato che avevo in corpo. Iniziai a piangere. Piangere pesantemente, così tanto che mi mancava il fiato.
Mi accasciai ai piedi del letto, vicino ad uno dei comodini ormai distrutto. Osservai la confusione che avevo creato da sopra i ginocchi, rendendomi conto che la mia testa era ancora più sottosopra.

Decisi di alzarmi, così feci un respiro profondo e appoggiai le mani in terra per darmi la spinta, ma poggiai il palmo su di una lettera ancora non aperta. La afferrai e lessi a chi era indirizzata:

Per la mia piccola Christall.

Arctic Monkeys || 505Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora