XVI.

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"Cosa vuol dire non posso uscire?!" L'uomo difronte a me dalle spalle larghe quanto il mio braccio disteso mi afferrò per un polso e mi portò ad un furgoncino dove ci attendevano gli altri.
"Io devo andare da Christall!" In risposta mi chiuse lo sportello in faccia.
Ero incazzato nero. Sbuffai poggiandomi sul sedile e mandando tutte le maledizioni possibili ed immaginabili alla guardia che mi aveva ributtato qua dentro.
"Alex tranquillo. Dopo domani avremo la giornata libera." Anuii alle parole di Jamie, iniziando a pensare cosa dirgli un volta che me la sarei ritrovata davanti. Avevo paura ad andare a chiamarla a casa (sperando che entro domani l'altro ci sarebbe tornata), quindi optai per andare a trovarla a lavoro. Sapevo che il giovedì faceva sempre la mattina nel negozio di musica.

Christall's p.o.v.
Tornata a casa non raccontai nulla a Joe, che già dormiva sul divano, così senza fare confusione mi sistemai in quello difronte a lui e implorai il sonno di invadermi. E così fece dopo circa un'ora.
L'incontro con Alex me lo aspettavo in tutt'altro modo: forse avevo sperato anche che il bacio sfiorato quella sera a casa Helders potesse trasformarsi in un vero e proprio. Mi ero convinta di mancargli sul serio. Ma ci ero cascata di nuovo.

Era giovedì mattina, e non avevo assolutamente voglia di alzarmi dal divano, ma quando sentii il cellulare squillare lo afferrai ancora con gli occhi chiusi, anche se sapevo che non avrei risposto a nessuna chiamata. Guardai il nome che comparve sullo schermo: Alex. Aspettai che smettesse di squillare, e poco dopo arrivò il messaggio lasciato nella segreteria, così decisi di ascoltarlo.
"Ciao, Chris. So che l'altra sera mi hai visto uscire con quella da camera mia, ma volevo solo dirti che in realtà non ci sono andato a letto. Non riuscivo a togliermi il tuo volto dalla testa e sarebbe stato come tradirti. Adesso, queste cose avrei voluto dirtele faccia a faccia, quindi mi sono fatto quattro ore di macchina per venire fino a Sheffield, da Brighton. Ah, e sono anche dovuto scappare, i nostri agenti pensano che io sia chiuso in camera con Matt e che non mi senta bene. Sono venuto da Rob, speravo davvero di trovartici... e invece ancora no. Ma sappi che tornerò sempre al 505, che siano sette ore di aereo o 45 minuti di macchina. Perché nella mia testa tu sei ancora lì ad aspettarmi appoggiata ad uno scaffale, con le braccia conserte ed un sorriso." sorrisi, pur non credendogli completamente. Ma sapere che rischiasse così tanto solo per andare in un posto senza essere sicuro di trovarmici mi faceva sentire importante per qualcuno.

Mi alzai e dopo essermi lavata e preparata, decisi di andare a fare una camminata con Joe per Londra, che quella mattina era alquanto fredda e triste.
"Joe, penso di aver deciso quando tornare a casa." Il biondo alzò immediatamente lo sguardo dai suoi piedi al mio volto.
"Cioè?"
"Cioè domani mattina." Sorrisi, e lui ricambiò visibilmente contento ed euforico all'idea di poter tornare da suo padre e da Julie.
Verso l'ora di pranzo facemmo ritorno a casa, dissi al biondo di avviarsi, mentre io tirai fuori una sigaretta e mi sedetti nella panchina dietro al palazzo.
Continuavo a pensare a lui, a quello che mi aveva fatto, alla sua voce davanti al microfono e vicino al mio orecchio. Ripensai ai brividi che mi innesca anche soltanto sfiorandomi la pelle, e proprio in quel preciso istante sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Volai in terra d'istinto la sigaretta pensando fosse Edward, ma quando mi voltai ad osservare chi fosse la persona misteriosa ebbi un mezzo collasso.
"Alex?! Cosa cazzo ci fai qui?" Mi alzai dalla panchina facendo scivolare via la sua mano dalla mia spalla. Il moro rimase lì, immobile, a fissarmi.
"Volevo vederti. O meglio, dovevo vederti, e devo anche ora, e dovrò anche domani. Ho sempre bisogno di te." Aprii bocca per ribattere, ma lui ci poggiò il suo indice e continuò a parlare, come se avesse paura di perdere il momento e, di conseguenza, il coraggio.
"Non resistevo più senza parlarti, così sono riuscito a convincere tua mamma a darmi l'indirizzo di tuo padre e sono corso qua. Non volevo fare tutto il viaggio per nulla." Notai i suoi occhi colmi di sincerità, il suo ciuffo corvino che era solito tenere tirato all'indietro con un tubetto di gel era disordinato, qualche ciuffo gli ricadeva sulla fronte ed era dannatamente bello anche così. Ma sapevo che non potevo caderci di nuovo così facilmente.
"Alex, non so più se fidarmi di te. Ho paura di star male di nuovo. Sono stata di merda in questo ultimo periodo, lo sai? E non solo per te, ma tu di certo non aiutavi. Quindi, per piacere, torna dagli altri. Hanno bisogno di te." Cercò di accarezzarmi una guancia con la mano, ma gliela fermai a mezz'aria, bloccandola nella mia. A quel contato arrossii leggermente e allentai cautamente la presa.
"Domani torno a Sheffield."Aggiunsi sottovoce mentre il moro si portava una sigaretta alla bocca. Alzò gli occhi e mi fissò.
"Mi manchi Chris." Buttò fuori il fumo del primo tiro, poi si voltò avvicinandosi alla sua macchina. Mi dispiaceva mandarlo via così, a mani vuote, infondo si era fatto il culo per me, e questo lo apprezzavo molto.
"Alex?"lo richiamai quando ormai era alla portiera. Si voltò sorpreso con la sigaretta che gli pendeva dalle labbra. Sentii gli occhi pizzicare leggermente.
"Mi manchi anche tu." Notai i suoi labbri sollevarsi su un lato, poi scomparì dentro alla macchina e sfrecciò via. Sorrisi anche io.

Tornai in casa stranamente più felice, mi misi a tavola e annunciai a mio babbo che la mattina dopo saremmo ripartiti, e anche se leggermente triste, ci disse che era la cosa giusta da fare.
Il pomeriggio sistemai la mia piccola valigia e lasciai fuori soltanto il necessario per un'altra doccia. Il pomeriggio passò lentamente, e non ci fu un singolo momento in cui i miei pensieri non finirono su Alex.

Arctic Monkeys || 505Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora