Capitolo 2

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Un libro.

Conoscevo ogni singolo volume presente nella libreria e di tutti avevo sfogliato almeno una volta le pagine, ma quello non l'avevo mai visto. Lo presi in mano e scesi dalla scala e quasi senza guardare ciò che facevo, mi sedetti di nuovo sulla poltrona. Sfiorai con delicatezza la copertina marrone e piena di graffi, calcando con le dita ogni sporgenza: era decorata con bassorilievi di fiori che come un ventaglio si aprivano e scendevano lungo i margini. Come avevo già percepito prima, la copertina era rigida e fatta di un materiale simile al metallo che purtroppo si stava screpolando, come l'intonaco secco di una parete, e presto avrebbe assunto il colore ambrato del miele al posto del marrone ebano originale. Chiunque avrebbe pensato che ormai era solamente un libro vecchio da gettare perché davvero troppo rovinato, ma proprio quell'aspetto trasandato lo rendeva attraente ai miei occhi. Lo aprii e sfogliai velocemente le prime dieci pagine color caffè e queste scivolarono tra le mie mani come foglie spinose. Il loro odore era molto forte, un odore di polvere e vecchiume che mi solleticò le narici come un acido. Richiusi il libro e lo voltai per scoprire il titolo. A differenza della copertina, il dorso era come un cielo notturno senza stelle, morbido come la pelle del camoscio e, ad ogni mia carezza, un nero più chiaro segnava il passaggio dei mie polpastrelli. Le lettere oro leggermente incavate risaltavano come una torcia nel buio e, quando la luce le velò, brillarono. Le toccai una per una e composi come in un puzzle le parole che componevano.

Anime di carta e di inchiostro

Titolo alquanto originale, ma non era quello l'importate: finalmente avevo per le mani un nuovo libro e un nuovo libro significava nuove avventure e nuovi personaggi con cui passare il mio tempo. Perciò, dimenticai in fretta Anna Karenina, e pronta ad iniziare la nuova storia, mi misi in una posizione comoda appoggiando la testa su un bracciolo e le ginocchia sull'altro, lasciando le gambe a penzoloni. Presi la copertina rigida tra le mani. Non feci in tempo ad aprirla che sobbalzai per lo spavento sentendo di nuovo quel famoso rumore di cui mi ero completamente dimenticata. Quella volta però fu ancora più inquietante: il suono aveva assunto compattezza ed era più chiaro che mai, forte e molto deciso. Riuscii ad intuire che si trattava di una voce maschile. Era calda ed insistente; aveva anche una sfumatura di autorità, come se stesse impartendo un ordine. Ed era maliziosa.

Tremendamente maliziosa.

Immaginai che il suo proprietario avesse stampato un sorriso beffardo in faccia e che si stesse divertendo a spaventarmi ripetendo continuamente il mio nome.

«Lydia...»

Con grande rapidità e destrezza che mai avrei pensato di avere, mi alzai dalla poltrona di nuovo terrorizzata e, guardandomi intorno, cercai di scovare chiunque fosse nascosto nella biblioteca. Mi avvicinai alla scrivania di fianco alla finestra ed afferrai il tagliacarte che aveva usato quella mattina zia Lola per aprire la posta. Lo stavo tenendo come se si fosse trattato di un pugnale con la mano destra mentre avevo lasciato la sinistra libera  davanti al busto a mo' di difesa. Con quella specie di arma in mano, mi sentivo più sicura. Almeno un pochino.

Ad un tratto, ebbi l'impressione che le lunghe tende che coprivano la finestra si fossero mosse, così, con passo lento e marcato, raggiunsi la smeraldina e pesante stoffa e con un colpo secco la scostai per vedere se ci fosse nascosto qualcuno. Ma non trovai nessuno.

«Lydia, non avere paura di scoprire chi sei veramente» era di nuovo la stessa voce.

Mi girai di colpo mettendo avanti il tagliacarte.

«Chi c'è?» chiesi quasi gridando. La mia voce era stata una rapida scheggia di ghiaccio.

Non vedevo anima viva, ma di qualcuno quella voce doveva pur essere. Sembrava provenire da davanti a me, come se venisse dalla... poltrona. La poltrona dove ero stata seduta fino poco prima. Riflettei un attimo su quella possibilità: era una cosa assurda ed improbabile. Infondo però avrei fatto meglio a controllare. Arrivai alle spalle della poltrona verde e quando mi sporsi per vedere cosa si trovasse sulla seduta, fui colta da un senso di sollievo e di inquietudine al tempo stesso. Lì non si trovava altro che il mio nuovo libro. Eppure il suono sembrava provenire proprio dalla poltrona. Per scacciare ogni dubbio, controllai anche sotto quella, anche se sapevo che era impossibile che qualcuno vi si fosse nascosto: era uno spazio talmente stretto che a stento potevo infilare la testa.

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