Capitolo 19

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«Potresti mostrarmi il braccio?» mi chiese Agar sedendosi accanto a me.

Rimasi abbastanza stranita dalla sua richiesta ma lo accontentai. Lui afferrò delicatamente la manica della camicia e la sollevò finché il mio marchio non fu scoperto. Potevo sentire il suo respiro corrermi sulla pelle mentre analizzava accuratamente la figura. Quando ebbe finito, sollevò il capo e annuì.

«Sì, avevo ragione.»

Si alzò in piedi e, con le mani dietro la schiena percorse la stanza. Io mi limitai a seguirlo con lo sguardo attendendo confusa una spiegazione. Intuendo il mio stato d'animo, l'uomo tornò di fianco a me.

«Lydia» cominciò «avevo già notato il tuo marchio e il dubbio si era insinuato dentro di me, ma ora ne sono certo.» fece un respiro «Vedi questo punto al centro?»disse indicandolo con il dito «Questo indica che tu sei più di una dominatrice dell'Omnium.»

«Cosa significa?» domandai.

Agar si alzò di nuovo e sparì per un attimo dalla stanza. Quando riapparve, teneva in mano un grosso libro che posò sulla tavola. Iniziò a sfogliarlo con foga finché non trovò la pagina che cercava.

«Ecco, guarda» disse mostrandomi un'immagine che rappresentava il mio stesso marchio.

La leggendaria quintessenza, era scritto a grandi caratteri in cima alla pagina.

«Il potere di dominare l'energia stessa.» lesse Agar per poi voltarsi verso di me «Qui se ne parla solo come una leggenda, quasi una fiaba. Si parla di un gruppo di Woodwhisperer vissuto migliaia di anni fa che aveva ricevuto il potere di dominare un quinto elemento: la Quintessenza. Esso è l'elemento primordiale da cui hanno origine tutti gli altri, che va oltre lo spazio-tempo; è l'elemento non creato e indefinibile. E tu sei in grado di controllarlo.»

Rimasi senza parole.«Io n-non... capisco...»

L'uomo mi posò una mano sulla spalla. «Hai un grande potere, Lydia, ed imparerai a controllarlo. Solo tu puoi essere in grado di sconfiggere Ivan, nessun altro.»

«Come posso io sconfiggere un Woodwhisperer così potente?» dissi esasperata. «Tutti contate su di me, vi aspettate cose straordinarie, mentre io non voglio altro che tornare a casa mia. Non voglio tutto questo.»

Mi coprii il volto con le mani. Sentivo che stavo per piangere; la pressione mi stava sopprimendo. In quel momento, volevo i miei genitori. Avevo bisogno di parlare con loro, di sentire un consiglio, di ricevere un abbraccio di conforto. Ma loro non c'erano e non ci sarebbero stati nemmeno una volta tornata a casa. Le lacrime cominciarono a rigare il mio volto ed inizia a singhiozzare. Odiavo piangere così davanti agli altri ma proprio non ero riuscita a farne a meno e per quanto tentassi di trattenere i miei singulti, essi risultavano sempre più rumorosi e frequenti.

Probabilmente impietosito da quella scena, Agar si avvicinò a me e mi abbracciò.

«Tu puoi farlo. Tu puoi farlo.»

Non so perché, ma quel gesto mi rassicurò in un momento. Feci un paio di respiri profondi per calmarmi ed annuii asciugandomi le lacrime sulla guance.

«Purtroppo non so molto altro sulla Quintessenza» riprese dopo un attimo di silenzio «ma ti saprò dire di più. Tu però al momento non dire niente a nessuno. Potrebbe essere pericoloso per te.»

Feci cenno di sì con la testa.

«Ora vai a riposare. Ne hai sicuramente bisogno» concluse facendomi un sorriso.

Così, mi congedai e mi diressi nella stessa direzione in cui avevo visto scomparire i miei compagni. Mi ritrovai a percorrere un lungo corridoio su cui si affacciavano diverse porte. Supponendo che quelle fossero le stanze che ci erano state riservate, ne scelsi una a caso, ormai impaziente di porre fine a quella giornata estenuante. Spalancai una porta e dopo essere entrata nella camera la richiusi alle mie spalle. Era buio, non ero grado di distinguere bene le figure e quando sentii una voce, trasalii dallo spavento.

«Chi c'è?» domandò.

Non riuscii ad identificare da dove provenisse ma riconobbi immediatamente Edgar. Possibile che tra tutte le stanze che c'erano avessi dovuto scegliere proprio quella occupata da lui?
«Sono io. Scusami, non sapevo che fossi qui. Me ne vado immediatamente» dissi non volendo iniziare nessun tipo di conversazione.

Mi voltai per uscire dalla camera ma una mano nel buio mi afferrò il polso.

«Non te ne andare. Stavo proprio per venirti a cercare.»

«Edgar, adesso non ho né la voglia né la forza per stare a sentire i tuoi discorsi quindi lasciami stare.»

La presa del ragazzo non si allentò ma, al contrario, lo sentii farsi più vicino.

«Avevo intenzione di andare in un posto.» disse dopo un attimo di silenzio «Avresti forse voglia di farmi compagnia?»

Che nottata spettacolare! Potevo tuffarmi dentro quell'immensità anche se mi trovavo ad anni luce di distanza. E poi le stelle! Milioni di diamanti che brillavano rendendo più prezioso quel manto di velluto nero. Tutto sembrava così bello visto da là su.

«Ma come sei riuscito a trovare l'accesso per questo posto?» domandai ad Edgar con un sorriso.

Distesi sul morbido tetto di nuvole della casa, ci trovavamo il ragazzo ed io illuminati dalla brillante luce della luna.

«Beh, in realtà è stato un caso. Ero preoccupato per te e quindi ho deciso di cercarti. Così mi sono messo a gironzolare per la casa.»

«Sei sempre il solito» feci scuotendo la testa e tornai a guardare le stelle.

Avevo raccontato tutto ad Edgar poiché avevo sentito il bisogno di parlare di quella nuova "scoperta" almeno con lui per sfogarmi un po'. Questa volta, nemmeno lui ne sapeva qualcosa al riguardo, ma aveva comunque evitato di fare troppe domande dimostrandosi sorprendentemente un ottimo ascoltatore ed io mi ero sentita subito meglio. Aveva persino evitato di comportarsi con il suo solito modo frivolo.

Chiusi gli occhi e mi lascia accarezzare dal leggero vento fresco che spirava ma sentendo gli occhi di Edgar su di me, mi voltai verso di lui, incontrando così il suo sguardo. Mi sorrise. «Ti senti meglio adesso?»

«Sì, grazie» risposi.

«Sono contento.»

Si girò ad osservare il cielo. «Vedi che non sono un completo manigoldo come tu pensi.»

«Io non ho mai...» stavo per dire ma mi bloccai.

Sì, lo avevo pensato, ma ora non più. Edgar era una persona straordinaria. Anche se spesso si comportava in modo fastidioso e si divertiva a mettermi in imbarazzo, era sempre pronto ad aiutarmi e a proteggermi. Nonostante non ne capissi la ragione, metteva me al primo posto in ogni situazione.

Nei suoi occhi vedevo riflessa la luce flebile delle stelle e i suoi capelli sembravano brillare come fili d'oro.

«Smettila di fissarmi, mi metti in imbarazzo» mi disse senza voltarsi e allungando le labbra in un sorriso beffardo.

«Questa è bella! Tu in  imbarazzo!»

«No, hai ragione, non è credibile.»

Entrambi scoppiammo in una risata per poi ritrovarci l'uno di fronte all'altra, occhi negli occhi. Vista l'intensità con cui mi guardava, dovetti distogliere lo sguardo.

«Ora sei tu quella in imbarazzo» disse Edgar quasi sussurrando.

Mi afferrò una mano e se la portò alle labbra lasciandole un bacio come, ormai, era solito fare.

«La smetti di fare così» feci tirando la mano sentendomi rossa in volto.

Lui però non mi lasciò andare e posò un altro bacio.

«Edgar, non...»

Lui sbuffò. «Quando lo capirai?»

«Cosa devo capire?»

Sul suo volto comparve un ghigno e, sfidato dalla mia domanda, il ragazzo si mosse e si portò sopra di me, piazzando le sue braccia ai lati della mia testa, come a volermi impedire di sfuggire. I suoi occhi si erano improvvisamente accesi; la malizia che vi lessi mi prese alla sprovvista e fui colta da un panico improvviso.

«Che cosa hai...»

Ma prima che potessi finire, Edgar si chinò su di me e posò le sue labbra sulle mie.

The WoodwhispererDove le storie prendono vita. Scoprilo ora