Capitolo 7

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Il sole era alto nel cielo e dolcemente mi accarezzava le palpebre. Così, in un tiepido calore, mi destai dal mio sonno. Dopo essermi messa seduta, strofinai gli occhi e guardai intorno a me. Sul momento, non riuscii a riconoscere il luogo in cui mi trovavo, ma ricollegando gli avvenimenti del giorno prima, non ci misi molto a ricordare. Mi alzai dal letto e, dopo essermi stiracchiata, feci un giro per la stanza. Mi avviai verso la finestra e persi qualche minuto per ammirare la vista di quel posto magnifico: da quella posizione, potevo vedere le alte colline che circondavano il palazzo e che non molto lontano si trasformavano in possenti montagne; ogni centimetro di terra era ricoperto di alberi dalle fronde dalle mille tonalità di verde. Un fiume d'acqua limpida usciva da quei boschi serpeggiando tra le rocce per arrivare a sfociare nel fossato che circondava il palazzo. Il tutto era coronato da un meraviglioso cielo ceruleo e brillante.

Avrei tanto voluto potermi fermare ad osservare quei luoghi per ancora un po', ma avevo del lavoro da compiere. Con riluttanza, mi allontanai dal vetro e raggiunsi la toeletta per sistemarmi. Non appena mi postai davanti al mobile, la mia immagine comparve sullo specchio. Avevo un aspetto davvero terribile: sul mio viso c'erano numerosi schizzi di fango ormai secco, le braccia erano coronate di lividi viola e graffi e il bel vestito color lavanda era pieno di strappi.

Ero un disastro.

Abbassai lo sguardo e vidi che sul ripiano del mobile si trovava una bacinella in ceramica piena d'acqua. Qualcuno doveva averla portata lì mentre dormivo e gli ero davvero molto grata. Ne approfittai così per lavarmi e pulirmi un po'.

Una volta che il mio aspetto fu appena più decente, sfilai il vestito ormai logoro e mi avvicinai all'armadio per sostituirlo con qualcosa di pulito. Non appena aprii le ante, rimasi scioccata: era pieno zeppo di abiti. Ce n'erano di tutti i colori e le forme, col pizzo o senza, con le maniche lunghe o corte. Edgar si era davvero sbizzarrito. Erano meravigliosi anche se c'era un piccolo problema: come potevo salvare Atramentum indossando una gonna? Sarebbe stato davvero arduo.

Iniziai a scavare tra quella infinità di abiti alla ricerca di qualcosa di comodo e pratico. Proprio nell'angolo più remoto dell'armadio, riuscì a trovare una camicia bianca e un paio di pantaloni marroni da uomo. Mi sembravano una scelta plausibile e li indossai: mi stavano a pennello; solo la camicia era eccessivamente lunga ma risolsi in fretta il problema infilandola dentro i pantaloni.

Perfetto, ero pronta.

Proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta.

«Fairy? Sei sveglia?»

Era Edgar.

Mi affrettai per andare ad aprire la porta. Afferrai la maniglia e tirai. La sua figura comparve davanti a me.

«Ciao Edgar.»

Mi fece un sorriso gentile.

«Buongiorno Lydia. Hai dormito bene...» d'un tratto, dopo avermi osservata da testa a piedi, la sua espressione si fece sorpresa «Fairy, tra tutti i bei vestiti che ho fatto portare per te hai proprio scelto questo completo da maschiaccio?» mi studiò di nuovo per qualche secondo «Devo ammettere però che ti dona davvero molto.»

Che sfacciato! Ecco che ricominciava coi suoi commenti da adulatore: non ci conoscevamo nemmeno da due giorni e già pensava di potermi conquistare. Chissà quante ragazze erano cadute ai suoi piedi, ma con me non avrebbe attaccato.

«Possiamo rimandare la discussione sul mio abbigliamento a dopo ed andare?» dissi sgarbatamente.

«Ma certo, Fairy.»

Edgar mi superò e si avviò. Rimasi un po' imbambolata a guardarlo, ma poi affrettando il passo, lo affiancai.

«Dove stiamo andando?» domandai.

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