Capitolo 8

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Ci ritrovammo catapultati ai margini di un bosco; dietro di noi nient'altro che un'arida e desertica estensione di sabbia. Io ero distesa a pancia in giù con tutta la sabbia che mi entrava nei vestiti mentre Edgar stava in piedi accanto a me sfoggiando il suo aitante ed elegante aspetto. Un misto di rabbia e di invidia mi pervase: come diavolo faceva ad essere sempre così perfetto? Porse la mano per aiutarmi, ma io la rifiutai sapendo che potevo farcela benissimo da sola. Anche se sembrò rimanerci un po' male, scrollò le spalle e si voltò verso l'immensa foresta.

«Benvenuta a Yuprhitepa» disse allargando le braccia.

Una volta in piedi, spolverai via tutta la sabbia che avevo addosso e poi osservai la vastissima boscaglia che ci fronteggiava: alberi di Biancospino in fiore emergevano tra il verde brillante degli altissimi e fitti Frassini; attraverso le fronde non era possibile scorgere nulla se non una buia ombra che celava ogni più piccolo particolare ai miei occhi. L'atmosfera che si respirava era misteriosa ed intrigante.

«Vieni, da questa parte. L'entrata dovrebbe essere di qua» mi guidò Edgar.

Io lo seguii a passo rapido.

Ci avvicinammo alla foresta fino a raggiungere il tronco di un grosso e possente albero. Da dove mi trovavo, sollevando la testa, potevo leggere una frase fatta di intrecci di rami e di foglie che ci dava il benvenuto.

Terra e Aria. Acqua e Fuoco.

Dove inizia la terra, cessa di esistere l'aria.

Dove si trova l'acqua, il fuoco scompare.

Ogni elemento ha un posto definito.

Ma esiste un luogo dove essi possono convivere tutti e quattro insieme: dentro l'anima.

«Bella frase.» dissi con gli occhi puntati ancora verso l'alto «Di grande effetto.»

«È una specie di presentazione del regno» mi spiegò Edgar.

Restammo ancora un po' in silenzio.

«Okay, ora dobbiamo andare per di qua» disse il ragazzo indicando la direzione con l'indice.

Passammo sotto la scritta e proseguimmo dritto per il nostro percorso, inoltrandoci sempre di più in quei meandri.

Camminammo per altri cinque minuti senza mai cambiare direzione fino a quando il bosco non si interruppe di colpo aprendosi come un sipario su i margini di un burrone. Dall'altra parte, si trovava il versante che dovevamo raggiungere, in mezzo, il vuoto, senza nessuna via per attraversarlo.

«Edgar, non é che hai sbagliato strada?»

«Aspetta e vedrai.»

Si mise a gironzolare lungo il bordo del precipizio, come alla ricerca di qualcosa.

«Che strano» disse.

«Cosa?»

«Eppure dovrebbe essere qui.»

«Ma cosa?» insistetti io.

«Faresti meglio a chiedere chi» ribatté lui.

«Oh insomma! Chi allora? Chi dovrebbe trovarsi qui?»

«Il troll guardiano, colui che permette di attraversare il burrone.»

Avevo sentito la storia dei troll che si trovavano alle imboccature dei ponti e che non permettevano ai viandanti di passare a meno che non avessero pagato un pedaggio. Una leggenda molto diffusa . Tanto meglio se non lo avessimo trovato: non avremmo avuto seccature. Certo che non essendoci nemmeno il ponte non saremmo andati molto lontano...

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