CAPITOLO 1

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Io sono Megan.
Adesso so che esistono vari modi di piangere:
c'è il pianto irrefrenabile,
quello convulso,
quello di abbandono,
quello di sollievo,
quello implorante,
quello plateale,
quello forzato,
rassegnato,
di rabbia,
di felicità,
di gioia,
di compartecipazione,
di commozione.
So che non dovevo frenare le mie emozioni perché erano proprio loro a rendermi la persona che ero.
Fino ad allora non avevo avuto bisogno di ripensare a quelle parole.

Svolgevo una vita normale: frequentavo il liceo, avevo degli amici e una famiglia meravigliosa;

Mio padre Steve era un gran lavoratore ma nonostante gli enormi sacrifici riusciva sempre a trovare del tempo per noi e non usciva di casa la mattina senza prima averci rivolto un sorriso;

Mia madre Johanna è sempre stata una donna forte, tenace... già da piccola aveva sperimentato il dolore nella sua forma più grande, infatti i suoi genitori, i miei nonni, furono assassinati.
Non si sa ancora bene come si svolse la faccenda: le ferite sul corpo erano cosí deturpanti da rendere quasi irriconoscibili i corpi.
La polizia era riuscita a scoprire l'identità delle due vittime grazie ai documenti ritrovati nei loro portafogli.
Il verdetto era stato quello di un assalto da parte di qualche serial killer pazzo, ma dai racconti che sentivo in giro, superstizioni popolari, era stato qualcosa di piú.
Mi rifiutavo di credere che un essere umano avesse potuto ridursi a tanto.
Che cosa poteva spingere un uomo a fare ciò?
Cosa scatta nella psiche umana e lo rende anche peggiore degli animali?
No, non poteva essere stato uno della mia stessa specie.
Alla fine mi convinsi che qualche animale selvaggio, avrebbe potuto spiegare tale ferocia.

A distrarmi dai miei pensieri piú strani avevo mio fratello Jack.
Che dire di lui?
Era il mio sole, il mio eroe.

Da piccola infatti mi difendeva sempre dai bambini che facevano un pò troppo i prepotenti e per protegermi affrontava continue risse.
Ogni volta che cadevo era sempre lì, pronto a porgermi la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.
Da poco aveva preso la patente, e non capisco come ci fosse riuscito!
In pratica era un pirata della strada! Amava la velocità e il suo fuoristrada nero che papà gli regalò subito dopo il diploma.
La mia vita procedeva, forse monotona, ma a quella monotonia mi ero abituata piacevolmente: tutto procedeva, giorno dopo giorno, perfettamente.

Mi definivo la ragazza più fortunata del mondo ma tutto ciò fino al loro arrivo...

Era una notte oscura e senza stelle, una di quelle notti in cui, fissando le tenebre, ti ci perdi dentro.

La mia mente mi giocava sempre brutti scherzi, come dimenticare gli argomenti del compito in classe appena questo appariva davanti a me, dimenticare il nome di qualcuno che invece ricorda perfettamente il tuo è sembra conoscerti da tempo, persino dimenticare le mie stesse password segrete del cellulare; ma questa volta invece, tutto mi restò fin troppo impresso.
Di quella notte ricordo tutto nei minimi dettagli: mio padre era appena rientrato dal turno extra a lavoro, mia madre stava finendo di rimettere in ordine la sala da pranzo e mio fratello era incollato ai videogiochi.
Io aspettavo con ansia mio padre: ogni sera cercavo di rimanere sveglia il più possibile, fino al suo rientro.
Ero tormentata dall'idea che la catastrofe successa ai miei nonni avrebbe potuo ripetersi.
Cosí aspettavo e aspettavo.
Quando la porta di casa si apriva correvamo tutti a salutarlo, e quella notte mio padre era più stanco del solito.
Rifiutò la cena e andammo a dormire.

D'un tratto un rumore di passi mi svegliò, pensavo di essermelo sognato ma il rumore non cessava anzi si intensificava.
Pensai che probabilmente fosse un qualche cane, gatto o opossum che si aggirava di notte in cerca di una cena.
Ma il suono cominciava a sdoppiarsi e di sicuro l'idea di un esercito di grossi roditori radunato oltre la mia finestra si faceva sempre piú inverosimile.

LOST WINGSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora