CAPITOLO 6

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Quando il sole sorse io ero ancora lì riparata da una calda coperta, ma ovviamente Eric non c'era.
Accanto a me trovai un biglietto con su scritto:

Se stai leggendo questo messaggio significa che non sono ancora rientrato. Troverai qualsiasi cosa ti serva in casa. La nostra casa.
PS. Ti amo anch'io.

Rimasi ad ammirare il sole sorgere prendendo il posto alla luna, ma più piccolo ed accecante.
Il pezzo di carta tra le dita.
Il cielo si accese di colori vividi e splendenti, come riflettori che aspettano una celebrità con l'intento di regalargli un'entrata spettacolare.

Era ora di entrare in casa.
Ma prima mi voltai verso la mia famiglia e li salutai con un sorriso.

In mezzo all'immensità del salone, decisi come iniziare la giornata.
Decisamente con qualcosa di sostanzioso: pancake allo sciroppo d'acero.
Chissà come Eric era arrivato a pensare allo sciroppo d'acero.
"Non lo ci vedo proprio a fare la spesa"

Mentre preparavo il famoso impasto tramandato da mia nonna a mia madre e da mia madre a me, il campanello suonò.
Sobbalzai schizzando un pó d'impasto sulla finestra.

Non cessava.

Aprire no sarebbe stato saggio, ma chiunque avesse voluto entrare l'avrebbe fatto è non sarebbe certo stata un portone a fermarlo.
Tanto valeva prendere il toro per le corna.
Decisi di andare ad aprire.
Girai la maniglia della porta molto lentamente, ancora presa da dubbi.
Dopotutto poteva anche essere un normale vicino, no?
Lo dubitavo parecchio.
La porta era aperta.
Quello che mi si presentó davanti era un bel ragazzo, di colore, dai capelli rasati e dai grandi occhi castani.
Non sembrava essere minaccioso.
-Mi scusi, é qui che abitano Eric e James Anderson?-

Il suo tono di voce era calmo e per niente intimidatorio.

-Si, ma non sono in casa-

Subito dopo che pronunciai la frase mi resi conto di quanto fossi stata stupida a rendermi così tanto vulnerabile.

-Dovevo discutere con loro di un problema...-
-Quale problema?-
-Della ragazza umana...
-...o per meglio dire di te!-
Cercai di richiudere la porta ma in men che non si dica mi era già addosso.
Mi aggredì violentemente e mi schiacciò col suo peso sulle scale.
Sbattei forte la testa sull'ultimo gradino. Il sangue ne fuoriusciva velocemente. Tentare di spiegare fu inutile. Intanto mi dimenavo con la poca forza che mi rimaneva ma ovviamente era inutile anche questo.
Poi alzò la mano chiudendola in un pugno: il colpo di grazia.
Nel momento in cui la fine stava per giungere qualcosa bloccò il braccio del mio assalitore.
Era James.
Gli stritolò il braccio e lui gridò ma quando si voltò per controattaccare entrambi si fermarono.
-Micheal!?- esclamò James
-Quanto tempo! Fratello!- rispose.
I due si abbracciarono.
Ed io ero ancora lì distesa per metà sul pavimento e per metà sulle scale macchiate di sangue.
-Megan!-
-Micheal che hai combinato?-
Mi prese delicatamente sulle sue spalle e mi depose sul divano.
Si morse il polso e mi fece bere da esso.
-Bevi Megan! Dai ...- supplicó.
Forse era colpa del fischio che sentivo persistere nelle orecchie, ma la sua voce mi sembrò incrinata dalla preoccupazione.

Il sapore del sangue era la cosa più disgustosa che avessi mai provato, forse persino peggio delle mie omelette.
Sensazione di vomito a parte, stavo guarendo miracolosamente.
Mentre la vista e la mente tornavano lucide, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era: James mi ha salvato la vita.
Ed ora era lì, sulle ginocchia ai piedi del divano a tamponarmi la ferita.
Alla vista del sangue di socchiudeva gli occhi e si mordeva il labbro inferiore cercando di tener testa alla frenesia che questo gli provocava.
Come un lampo comparve anche Eric.
-Dov'è?!- chiese.
-Megan stai bene?- disse correndo verso di me.
Anche lui riconobbe Michael.
-Che ci fai qui?!-
-Ma siete impazziti!?
Stare con un umana?!- sboccò Micheal.
-Non sono affari tuoi!- taglió corto.
-L'intera nostra razza vi da la caccia-
-Gli da la caccia?- lo corresse James puntando il dito contro me e il fratello.
-Io non centro in questa storia-continuò.
-Oh ma a chi la vuoi dare a bere?
É ovvio che l'amate entrambi!-

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