Prologo - La fuga

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Corri.
Continuo a guardarmi indietro, sento di averli
alle calcagna, pronti ad afferrarmi.
Corri.
Non sono in condizioni adatte per correre, mille lame mi trafiggono i polmoni ad ogni respiro e mi oriento a fatica. Non so nemmeno dove sto andando, ad essere sinceri. Intorno a me ho solo radici di grossi alberi i cui tronchi mi circondano minacciosi, i rami sembrano tentare di trattenermi, le loro grida dietro. Ora mi fermo, penso, ma il pensiero di tornare là ed affrontare le conseguenze di quello che ho fatto mi terrorizza più di ogni altra cosa. Ci sarà pure un'uscita da questo posto.
Mi muovo a zig-zag per evitare che mi sparino addosso quel loro strano proiettile che rilascia una sostanza nel corpo paralizzante e mostruosamente dolorante. Diamine, non posso fermarmi, non ho alcun posto dove nascondermi.
Le voci dietro di me urlano rabbiose, mi ordinano di tornare indietro ricordandomi che non ho scampo; forse è il mio instinto di sopravvivenza, l'adrenalina che mi scorre in tutto il corpo o la paura di morire, ma non mi fermo. Mi inoltro ancor di più nell'oscurità fitta del bosco cercando di sfuggire alle loro grinfie, di lasciarmi indietro quell'orrore che mi hanno costretto a subire, assorbendo quasi interamente la mia persona.
Dopo quella che mi sembra un'eternità scorgo le luci della città. Calde. Invitanti.
Le voci si fanno sempre più minacciose, riesco a scorgere i barlumi delle loro torce a pochi metri da me, le armi pronte ad individuarmi e mettermi al tappeto. Non posso smettere di correre, non ora che sono ad un passo dal confine.
Il cuore mi esplode nel petto, la testa inizia a girarmi violentemente per la carenza di ossigeno al cervello, cerco di prendere disperatamente boccate di aria e di continuare ad andare avanti.
Non... posso... fermarmi.
La vista mi si offusca, riesco a vedere una luce a pochi passi da me e costringo le gambe a continuare a muoversi. Sinistro, destro, sinistro, destro.
Mi fischiano le orecchie, le voci non le sento più.
Forse mi hanno depistato, penso, forse non mi cercheranno più. Forse. Mi accascio vicino a quello che sembra un lampione,il corpo scosso da conati di vomito, e mi abbandono là, non ho più la forza di proseguire. Sul serio, non ce l'ho più. Me lo ripeto quasi a scusarmi con me stesso, per non avercela fatta, averci provato e aver fallito comunque. Ma sinceramente posso anche morire qui, mi va bene, pongo fine a tutte le paure e muoio in libertà.

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