KATIE
Me la faranno pagare. È il mio primo pensiero quando mi sveglio di soprassalto. Resto in ascolto. Intorno a me solo silenzio. Sarà stata la mia immaginazione ma mi è sembrato di sentire delle voci. Tutto normale,mi dico buttando la testa sul cuscino. Sono molto nervosa ultimamente. So che lo Stato mi farà pagare l'episodio della pistola il problema è:quando? Preferirei mille volte scontare la mia punizione e farla finita piuttosto che aspettare. Ma naturalmente non decido io.
-Cosa è successo? Arrivo immediatamente.
Non era la mia immaginazione,questo è mio padre che sta parlando al telefono. Mi giro verso la proiezione dell'orario sul muro. Sono le tre di notte. Scivolo fuori dal letto e apro la porta. Mio padre si sta vestendo,mia madre lo guarda preoccupata.
-Cos'è successo?- domando con un tono troppo alto per via della tensione.
Nel frattempo si affaccia anche Jem strofinandosi gli occhi,i capelli neri arruffati.
-Tuo padre è stato chiamato in ospedale.
Spalanco la bocca. -Cosa? Sono le tre di notte!
Mio padre esce dalla camera da letto,mi si avvicina e mette una mano sulla mia spalla.
-Qualcuno si è ammalato.
Mi stringe un po' la spalla,dà un bacio veloce sulla guancia di mia madre e se ne va. Io rimango immobile,il cervello che si ostina ad ammettere l'ovvio.
-Non si è mai ammalato nessuno,mai.-sussurro a nessuno in particolare. -Questo significa...
-Che l'IMUT non sta funzionando più bene. -completa mia madre e su di noi cala un silenzio tombale.
L'IMUT ci ha protetti per oltre 50 anni,com'è possibile che ora una persona si è ammalata? Che genere di malattia? Un virus contagioso che si propagherà e ci sterminerà tutti?
-È meglio se andiamo a letto;stare qui ad aspettare non risolverà niente.-dice mia madre.
Annuisco e ritorno in camera. Lentamente,senza fare rumore mi vesto e poi aspetto sdraiata sul letto. Dopo tre quarti d'ora mi alzo e apro piano la porta,sbirciando nel corridoio. Silenzio. Mi precipito verso la mia camera ed entro dentro. Trovo Jem già vestito,evidentemente abbiamo avuto la stessa idea.
-Stavo venendo a chiamarti.-mi sussurra così piano che lo sento a stento.
-Dove hai intenzione di andare?- gli domando allo stesso modo.
Riesco a vederlo un po' grazie alla luce della luna. Mi guarda serio mentre mi risponde prudentemente.
-Dove avevi intenzione di andare tu,suppongo.
-Lo faresti? Uscire di qui,ora?
-Katie,devo scoprire come quella persona si è ammalata. Potrebbe essere l'inizio di ciò che mi porterà alla libertà.
Annuisco,è quello che pensavo anch'io.
Dopo circa dieci minuti apriamo la porta e usciamo. Spero solo che mia madre si sia addormentata. In ogni caso le lascio un bigliettino sul tavolo del soggiorno dove le spiego che siamo usciti solo per ispezionare la zona.
Quando mettiamo piede fuori,l'aria fredda ci investe e mi stringo le braccia intorno al corpo per trattenere il calore.
-Andiamo?-chiedo a Jem e lui annuisce.
In strada non c'è nessuno,devono essere stati avvisati solo i medici.
Camminiamo in fretta. Man mano che ci avviciniamo in centro la tensione è palpabile. Mi sento osservata. Vedo una persona scomparire dietro la tenda di una finestra due case più avanti quando si accorge che la sto guardando.
-Jem. -sussurro avvicinandomi a lui.
-Sì?
-Non mi sta piacendo più,andare in giro di notte.
-Neanche a me. Siamo vicini all'ospedale?
-Sì.
Camminiamo verso strade secondarie,cercando di dare nell'occhio il meno possibile. Ad un tratto gli afferro la mano. Lo sento irrigidirsi ma non sottrae la sua.
-Grazie. -sussurra passando il pollice sulle mie nocche.
Un sorriso veloce mi attraversa il viso.
Quando arriviamo l'ospedale è nel pieno dell'attività. Luci accese ovunque illuminano gli edifici intorno. Dappertutto si vedono le ombre dei medici che camminano freneticamente da un posto all'altro.
Mi giro verso Jem e a gesti gli faccio capire di girare intorno all'ospedale. Lui annuisce.
Dobbiamo oltrepassare cinque finestre prima di trovare quella giusta. Si intravede una stanza occupata da una donna adagiata su un lettino con le sbarre. Alcuni elettrodi la collegano ad un monitor che segna la sua frequenza cardiaca. Sa molto di stanza di ospedale,così come veniva inteso prima.
Ad un tratto entrano nella stanza due medici,alcuni funzionari dello Stato e due soldati.
-Soldati?-mima Jem con le labbra.
Sono sorpresa anch'io. Che ci fanno nella stanza di una dotata malata?
Noto che stanno parlando di qualcosa,sembrano agitati. Non riesco a sentire niente e non so leggere il labbiale. Sento Jem risucchiare un respiro. Lo guardo e lo vedo sbiancare. Evidentemente lui lo sa fare.
Sto per chiedergli cosa ha capito quando la testa di un funzionario dello Stato si gira verso di noi. Spalanco gli occhi,rimanendo pietrificata. Poi tutto succede in fretta. I soldati si avvicinano alla finestra. Io e Jem ci alziamo e iniziamo a scappare. La finestra si apre. Urla.
-Corri!- grido fregandomene di attirare l'attenzione.
-Abbassati!-mi urla Jem e io lo faccio proprio quando un proiettile mi sfiora la testa.
Sento l'arma che si ricarica. Costringo le gambe a muoversi più velocemente e svolto a sinistra. Mi serve un secondo per rendermi conto che sono sola.
-JEM!- mi precipito di nuovo in mezzo alla strada per vederlo sfrecciare accanto a me.
I soldati sono usciti dall'edificio e stanno facendo fuoco. Proiettili volano a destra e a manca,conficcandosi nelle pareti,frantumando i vetri.
Mi giro per inseguire Jem e un proiettile mi attraversa di striscio il fianco destro. Urlo per il dolore lancinante ma continuo a correre.
Jem mi afferra la mano e svoltiamo un altro paio di volte. Siamo ai confini della città.
-Stai bene?
Non oso parlare.
Ci inoltriamo nel bosco. Ho la mano premuta sul fianco e la sento calda e bagnata.
-Fer...ma...ti. -ansimo cercando di rallentare. L'aria mi perfora come lama i polmoni.
Jem obbedisce fermandosi ai piedi di un albero pieno di foglie.
-Sali.
-Non...ce la f-faccio.
-Ti aiuto io. Sbrigati!
Mi afferra dalla vita e mi spinge in su. Riesco a trovare dei punti di appoggio e saliamo fino ad arrivare abbastanza in alto da non essere scoperti.
Non si riesce a vedere niente è tutto immerso nel buio. Si sentono i passi dei soldati che si avvicinano.
-Dove cazzo sono andati?-sbraita uno.
L'altro dice una sola parola.
-Alberi.
Mi si ferma il cuore. Uno di loro spara in mezzo a un albero vicino a noi. Sussulto e con me anche Jem. Poi sparano ad un altro. I passi si avvicinano a noi. Trattengo il fiato. Un altro proiettile parte e io non ho la più pallida idea di dove possa andare a finire quando mi sfiora il fianco. Di nuovo. Nello stesso punto.
Mi butto contro il petto di Jem e afferro con i denti la sua maglietta. Me la metto in bocca e stringo,cercando di non urlare,di non farci uccidere. Il dolore è insopportabile ma mi costringo a limitiarmi a stringere la maglia di Jem.
-Non sprecare i proiettili. Torniamo in ospedale.
-Sono qui,da qualche parte.-ribatte il soldato con la pistola emettendo versi animali.
-Sono solo ragazzi,in fondo. Torniamo indietro.
I passi si allontanano ma la paura continua a non diminuire.JEM
Non ho idea da quanto tempo stiamo sull'albero. I nostri respiri si sono fatti più pesanti ma non osiamo scendere e tornare a casa. Katie ha smesso di mordere la mia maglia,la sua ferita non sanguina più. Restiamo stretti l'uno all'altra,io con la schiena appoggiata al tronco ruvido,a cercare di tranquillizzarci a vicenda e a trattere il calore corporeo. Ora che la paura è diminuita inizio ad avvertire il freddo che si insinua su per la mia maglietta sottile.
-Quanto manca all'alba?-mi chiede lei in un sussurro.
Guardo in alto ma non riesco a vedere nulla,la vegetazione è troppo fitta.
-Non lo so.-le rispondo accarezzandole i capelli.
-È colpa mia se siamo qui. L'idea è stata mia.
-L'idea è stata di entrambi.-la correggo piano. -Stai meglio?
La sento annuire contro il mio petto.Vengo svegliato da dei rumori. Passi svelti che calpestano le foglie morte. Scuoto Katie e rimaniamo in ascolto,immobili.
-Allora?-domanda qualcuno dalla voce roca e profonda.
-Capo,buone notizie. Il suo piano ha funzionato. Il c... crepa.
Credo di essermi perso qualche parola.
Una risata senza allegria si disperde nell'aria.
-Eccellente. Andiamo,siamo troppo esposti.
Katie mi guarda. Riesco a vederle leggermente i grandi occhi verdi spalancati,sulle labbra mille domande. Ce le ho anch'io,le domande. Chi erano quei tizi? Di quale crepa stavano parlando? Vivono nel bosco? Che tipo di piano era? Cosa succederà ora?
Un forte mal di testa si impadronisce di me,troppe domande senza risposta.
Rimaniamo in silenzio per quelle che mi sembrano ore. Ho le gambe addormentate,la schiena dolorante. Non ce la faccio più a stare qui. Katie sembra leggermi nel pensiero perché mi fa segno di iniziare a scendere. Ci vuole un po' per far riacquistare sensibilità alle gambe ma cominciamo ugualmente a scendere lentamente,cercando di non fare rumore.
Atterro prima io,mi guardo intorno poi do' il via libera a Katie. È l'alba,il bosco è silenzioso anche troppo a dire la verità. Mi sento osservato. Prendo Katie per mano e acceleriamo.
Non incontriamo difficoltà e riusciamo ad arrivare a casa illesi. Una volta dentro tiriamo un sospiro di sollievo appoggiandoci contro la porta.
Nel momento in cui apriamo gli occhi vediamo una Ellen versione visto-che-siete-vivi-ora-vi-ammazzo-io che ci guarda fumante di rabbia.
-Avete. La. Più. Pallida. Idea. Di. Quanto. Mi. Sono. Spaventata?
Non l'ho mai vista così. Katie balbetta qualcosa ma si zittisce subito.
Ellen si avvicina e poi ci coglie di sorpresa abbracciandoci.
-Potevate morire! Siete in uno stato pietoso,Dio quanta paura ho avuto.
Le sue parole,il suo abbraccio mi fanno sentire per la prima volta in due anni protetto veramente.
Verso le sette del mattino torna a casa anche il padre di Katie. È stanco morto,le occhiaie ben visibili sul viso pallido. Quando ci vede sgrana gli occhi. Ci siamo dati una ripulita e la signora Connor ha fasciato la ferita di Katie ma abbiamo lo stesso un aspetto trasandato.
Anche lui ci rimprovera,potevamo davvero morire. Dopo essersi assicurato della nostra salute ci racconta della nottata in ospedale. La persona ammalata è una certa Alma Patterson che ha il dono della velocità. Per qualche frazione di secondo,l'IMUT si è disattivato e le barriere sono crollate. La signora Patterson si trovava nei pressi del lago vicino al margine della città -che ci faceva di notte lì?- e quindi era la più esposta alle malattie. A quanto pare lì fuori i virus stanno diventando più potenti e quello preso dalla signora Patterson è abbastanza difficile da distruggere. Dopo poco l'IMUT ha rispreso a funzionare e la dotata si è precipitata in ospedale dove poi è svenuta.
-Dopo averle somministrato alcuni medicinali siamo andati a controllare l'IMUT. Sembrava tutto normale ma quando ci siamo avvicinati abbiamo visto...
Il signor Connor trae un profondo sospiro mentre noi pendiamo letteralmente dalle sue labbra.
-Abbiamo notato che sulla superficie dell'IMUT è comparsa una crepa.
I dotati nella stanza dell'ospedale che abbiamo spiato parlavano di un problema.
Io e Katie ci guardiamo. Sono più che certo che sta pensando a quello che sto pensando anch'io. I due uomini del bosco. Parlavano di un piano riuscito. Di una crepa. Parlavano dell'IMUT.
Questo significa che qualcuno sta cercando di distruggerlo. Ecco il problema.

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I Doni immortali
AdventureKatie Connor è tutto tranne che una docile marionetta nelle mani dello Stato. E il suo incontro con Jem non è affatto gradito dal governo. I due ragazzi saranno costretti a cavarsela da soli, ad affrontare un "Titano" moderno invincibile, ad assiste...