La città ideale

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MATTHEW CONNOR
-...e ora si trova nel Centro Armamenti, Dio solo sa cosa potrebbe accaderle. -termino il mio racconto affondando la faccia nel materasso del lettino dell'ospedale.
Mia moglie prende ad accarezzarmi i capelli tentando di confortarmi, ma mi basta un'occhiata per sapere che sta soffrendo molto più di me, perché si è ammalata, perché non ha protetto nostra figlia.
Lei e Katie hanno un legame particolare che io ho sempre un po' invidiato.
Mi sono sempre dovuto scervellare almeno in parte per capire i pensieri che tormentavano la testa di mia figlia, ad Ellen invece basta un'occhiata. E non è per il dono di mia moglie di leggere nel pensiero, è perché "tutte le madri hanno un dono materno per capire i proprio figli che voi, padri, non riuscirete mai ad avere o a comprendere".
-E Jem? -mi domanda con la voce resa rauca dalle lacrime.
Scuoto la testa disperato:
-Non lo so! I ribelli lo tenevano da qualche parte, ma lui è scappato.
-Vuoi dire che lo avevano rinchiuso, Matthew? Ci avevano detto che non gli avrebbero fatto alcun male!-grida mia moglie arrabbiata stringendo le lenzuola bianche tra le mani così forte da mettere in evidenza le nocche.
Poggio le mie mani sulle sue in un tentativo di calmarla.
-Andrò a vedere stasera. Parlerò con Charlie.
-No!
-Ellen-sussurro dolcemente ma deciso- Ho bisogno di sapere. E anche tu.
Ellen non dice niente ma è palese che non approva il fatto di rimanere in questa stanza.
-Odio essermi ammalata. Se non fossi andata lì, se fossi rimasta... Jem... e Katie...è solo che pensavo...
-Shh-mormoro poggiando la mia fronte sulla sua. -Non ci saresti riuscita a rimanere in casa dopo aver saputo dell'attacco a Katie e al suo gruppo.
-Sì ma...
-È successo. -la metto a tacere con dolcezza.
Dopo un po' di tempo mia moglie annuisce tirando su col naso prima di sostituire la sua espressione triste con una fiera. Somiglia molto a Katie-soldato.
Mia moglie fa un sorriso tiranto, evidentemente mi sta leggendo nella mente: le ho detto io di farlo, voleva vedere almeno qualche immagine di Katie. Le manca tantissimo.
-Vai da Charlie. -mi incita prima che i suoi occhi dorati ridiventino tristi.
Mi chino su di lei posandole un bacio sulle labbra e me ne vado chiudendo piano la porta.

JEM
Adoro i loro doni. Sono stramaledettemente fantastici! Adoro quello di Kyle di volare o quello di Emma che manda le scosse elettriche o ancora quello di Richard, o di Carol. Me li hanno mostrati poco fa, appena il sole è sorto.
I ribelli ci hanno svegliati prestissimo per esporci la situazione e i piani di oggi pomeriggio, e noi siamo mezzi addormentati intorno a un tavolo di legno con davanti delle ciotole colme di latte e fiocchi d'avena che non sanno di niente. Sospiro girando pigramente il cucchiaio nella ciotola: Katie odiava i fiocchi d'avena, preferiva il cornetto al cioccolato anche se non aveva mai il tempo di mangiarselo con calma, era costantemente in ritardo per andare a scuola.
Katia odia i fiocchi d'avena, non odiava, mi rimprovero severamente.
-Avete finito?-tuona la voce di uno di loro scostando le pesanti tende della capanna per fare entrare un po' di luce.
Ci alziamo in fretta, tutti curiosi di sentire il piano dei ribelli.
Ci conducono in una tenda che si mimetizza con la vegetazione. L'interno è enorme e a dir poco moderno: ultra, ultra-tecnologico. Ci sono circa venti postazioni dotate ognuna di computer all'avanguardia. C'è un piano sotterraneo ed è lì che siamo diretti.
Qui l'ambiente è più che caotico con attrezzature tecnologiche di ogni tipo, ologrammi della città e uno molto grande, al centro della stanza, raffigurante l'IMUT con la crepa in bella mostra. Si tratta di una vera e propria spaccatura lunga circa dodici centimetri e larga almeno cinque.
Sotto la proiezione del cubo c'è un uomo vestito con jeans e maglietta blu, di spalle.
Al nostro arrivo si gira mostrando un viso molto giovane: avrà sì e no una trentina d'anni e uno sguardo estremamente calcolatore. Si vede lontano un miglio che c'è lui a capo dei ribelli.
Mi guarda. Sa che sono umano, è stato lui a ordinare ai suoi uomini di prendermi. Reggo il suo sguardo a mo' di sfida. Dopo un po' lui sposta il suo con un sorrisetto ambiguo sulle labbra.
-Benvenuti nella mia umile dimora.
Ha la voce un po' rauca ed io intuisco che si tratta della stessa persona che aveva parlato della crepa quella volta in cui io e Katie ci eravamo rifugiati sull'albero nel bosco.
-Mi chiamo Charlie Doyles, capo dei Ribelli.
-Sei così giovane. -si lascia scappare il piccoletto, Richard credo, ottenendo una gomitata nei fianchi da Erik.
-Per fortuna il mio cervello non è così giovane.
Quanta modestia.
-Vi stupireste se vi dicessi che di anni ne ho molti di più?
-Tipo quanti?-borbotta il ragazzo con i dread.
-Tipo...-aggiunge Charlie con voce calma- 82.
Qualcuno sbuffa ma basta un' occhiata di mister Nonno Travestito da Trentenne per zittirci tutti.
-Nella mia famiglia viene trasmesso da generazioni il dono dell'intelligenza sovrannaturale. Mio padre, più di un secolo fa, fu chiamato da un certo Lucifer William Corelight, capo dello Stato, per svolgere un importante compito: creare qualcosa che proteggesse Alphagift dall'attacco degli altri Paesi, invidiosi delle capacità dei suoi cittadini, e le permettesse così di sopravvivere per decenni.
Mio padre riuscì, dopo più di cinquant'anni, a creare un cubo fatto di sostanze strane, alcune trovate nel suolo altre create da alcuni dotati. Lo creò in modo tale da essere uno scudo contro ogni cosa che cercasse di entrare dall'esterno. Corelight, però, non era contento. Voleva che l'IMUT proteggesse l'intera città, e il cubo creato da mio padre copriva appena un raggio di venti centimetri. Così mio padre continuò a fare modifiche finché un giorno, la barriera protettiva non divenne così forte da liberarsi dal cubo immediatamente, folgorando mio padre all'istante. Corelight ordinò ai suoi uomini di sbarazzarsi del corpo di mio padre, come se fosse spazzatura e non l'uomo che aveva creato il più grande sistema di difesa del mondo. Avevo solo 7 anni. Quando, anni dopo, venni a sapere che Corelight cercava qualcuno per apportare ulteriori modifiche all'IMUT, mi presentai io. Mi disse che nonostante la protezione, gli abitanti di Alphagift non erano immortali, e una protezione non sarebbe servita a niente se i dotati continuavano a morire. Dal momento che non li poteva rendere immortali, doveva assicurarsi che vivessero quanto più a lungo possibile per procrearsi in modo da tenere in vita i doni. Usando il mio, di dono, mi bastarono due minuti per ideare la soluzione: avrei trasformato la protezione dell'IMUT in una barriera contro ogni sostanza possibile, agenti patogeni inclusi: un'enorme protezione di difesa a 360 gradi. Lucifer era al settimo cielo.
Mi fu abbastanza facile apportare le modifiche ma non avevo dimenticato come Lucifer aveva trattato mio padre. Così, legai l'esistenza dell'IMUT alla nostra -nessuno avrebbe mai potuto distruggere il cubo ergo, nessuno avrebbe mai potuto distruggere lui. Nessuno, tranne me. Feci in modo da non rendere l'IMUT qualcosa di eterno e a quanto pare, ci sono riuscito.
-Come? -domanda una ragazza protendendosi in avanti, come per essere sicura di sentire bene la risposta.
-Sottraendo energia vitale. L'IMUT è composto da sostanze vive che sono state create da un trio di dotati 270 anni fa, i TDS.

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