•Capitolo 23

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"Edward?"
"Mmh?"
"Come lo sapevi?"
"Cosa?"
"Che sarei rimasta incinta.."

Sorrisi, era così dannatamente bella, coi capelli raccolti in una crocchia disordinata, mentre si accarezzava la pancia, seduta accanto alla stufa.

Presi un lungo sorso del mio caffè caldo.

"In realtà, non ne avevo idea. Ma ci speravo talmente tanto, che avevo dato per scontanto che non potesse accadere."

Mi guadò un secondo.
Si alzò e mi prese per mano.
Iniziammo a ballare per la stanza, lentamente, lei con la tempia poggiata sul mio petto, io col mento sulla sua testa.

Giravamo in tonto, in mezzo alla camera, guidati dal nulla, sulle note distratte di quella che ormai, era la nostra vita.

"Perché hai scelto me?"

Era la domanda più strana che mi avesse mai posto. E lei di domande strane me ne faceva, come quelle del tipo "ma i calzini a righe, non ti fanno impressione?" oppure "perché mischi maionese e ketchup tu, quando puoi usare direttamente il barattolo che le ha già mescolate?".

Ma quella volta, era uno strano particolare, che in realtà di strano, non aveva nulla. Era particolare, sì. Non tanto la domanda, quanto la risposta.

Perché una risposta effettiva, in verità non c'era. O almeno, non sapevo spiegargliela.

Io non l'avevo scelta. Me l'ero presa punto e basta. Non me ne importò molto, degli altri, di quello che avrebbero potuto pensare.

Di quello che avrebbero potuto dire.
Avevo sempre pensato da egoista, e gli egoisti non scelgono. Prendono.

"Perché io?"

A quella domanda ci pensai un po'.

Perché lei? Cos'aveva di bello, di speciale da offrirmi, se non bastava nemmeno a se stessa?

"Sai? Io non lo so Diana, non ne ho la minima idea," sorrisi "ma non me ne sono mai pentito. Mai."

Era come dire, che in tanti anni, io di noi, non sapevo nulla.

Ma sapevo fin troppe cose in realtà, ma non era ancora il momento di dirle. Non era ancora il momento di scoprirle, volevo lasciarle lì, proteggerle.

La felicità, non mi era mai parsa così vulnerabile, prima di conoscerla.
Era come se, ogni attimo nostro, me lo mettessi sotto chiave, per paura di rimanerne senza.
E gli egoisti, vogliono sempre tenersi tutto.

Portò una mano sopra la mia, la fece combaciare perfettamente, anche se, il suo palmo, in confronto al mio, sembrava quello di una bambola.

Bambola. Proprio una bambola.
Quello che lei, pensava sempre di non essere, come se, quella parola, non fosse adatta a lei.

Ed era così, le bambole sapevano di finto, lei però, era tutta vera.

Teneva gli occhi fissi sulle nostre mani. Le rubai un bacio.
Come se, potessi rovinare quella bellezza così pura.

L'avevo distrutta, l'avevo ricostruita.
Le avevo promesso il mondo, non capendo che a malepana riuscivo a darle me stesso.

Ma lei si accontentava, le bastava.
Sorrideva, andava avanti. Amava.

Le nostre mani, la sua piccola, la mia grande.

Allora capì. Capì perché la gente si teneva per mano. Perché lei, mi prendeva sempre la mano. Avevo sempre pensato che fosse un segno di possessività, un modo per dire: Questa è mia proprietà.
Invece era un modo di comunicare senza parole. Un modo per dire Ti voglio con me e Non te ne andare.

Ed era davvero una gran bella cosa, perché lei, quei piccoli gesti, li rendeva giganti, con la semplicità di un sorriso.

Coi riccioli arruffati e gonfi, di quel castano chiaro, come cera. Gli occhi blu. Quelli in cui ci era annegata tante volte, ma alla fine, a riva, c'era sempre arrivata.

"Lo vuoi sapere perché mi piaci?"
Si fermò, alzò lo sguardo su di me, lasciandomi un bacio sul mento in punta di piedi. Annuì.

"Perché non riesco a capirti." sospirai appena, abbassando la testa.

"Perché prima sei tutta scontrosa e sembri una persona forte e sicura di te e poi diventi debole e tremendamente fragile. Ma il bello è proprio questo. Io non ci riesco proprio a capirti, ma mi piaci. Mi piaci tu e tutte le tu contraddizioni."

Abbassò lo sguardo, quasi a volerci crederci, come se, quella là, non fosse lei.

Ma era cambiata, tanto, e certe volte, persino lei si dimenticava di non essere più la sedicenne riservata persa nei suoi anfibi, ma la diciannovenne con la pancia grande e la voglia di vivere.

Perché la voglia di vivere, dopo tutto, l'aveva ancora.

Perché ci credeva in quel noi, e ci metteva davvero tutta l'anima.

Perché la pancia era grande, e cresceva sempre più, sembrava un tappo di sughero, ma io amavo i tappi di sughero, andava bene.

Era una bambina, il nostro piccolo amore, era una bambina.

Quella sera sperai con tutto me stesso che accadesse tutto ciò.
Perché sarebbe stata bella quanto, se non più, della mamma.

Volevo che avesse i suoi occhi, che tra tutti e due, erano la cosa più bella.

Volevo che crescesse con i capelli lunghi, volevo divertirmi ad intrecciarli.
Volevo che fossero ricci e morbidi.

Volevo che la mia bambina, la vedessero tutti. Perché sarebbe di certo stata bellissima.
Come noi, come la mamma.

Allora mi abbracciò, fortissimo, come uno di quei abbracci che mi dava, quando ancora era una bambina.

Lei si accontentava davvero di poco, e pure io, tipo di lei, che poco non era, che mi abbracciava, col coraggio di chi, tra le mie braccia, ci stava rischiando il cuore.

E mi resi conto, di essermi preso gli anni più belli della sua vita.
Che era l'errore più bello che avessi potuto fare.
Perché errore?
Perché lei, di giusto non aveva nulla.
Eppure era la cosa più giusta e bella che mi potessero capitare.
Per quello la amavo, più di qualsiasi altra cosa.

Perché con lei era un continuo contraddirsi.

Perchè lei era talmente fragile, da sembrare indiatruttibile.

Perché io non me ne sarei mai andato. Non sarei mai andato da nessuna cazzo di parte, senza di lei. Mai.

"Ti amo Diana."

"Ti amo."

Ed era bellissimo, sentirsi dire "Ti amo" invece di un "anch'io". Come a dire, ti amo, non mi costa nulla dirlo, dimostrarlo.

Odiavo gli "anch'io", non che fossero così male, ma alla fine se a una cosa ci tieni, lo dici, lo dici per intero.

Sorrise persa tra le mie ciglia.

"Sei bellissima. Sei perfetta per me. Per noi."

Mi inginocchiai di fronte a lei, e le baciai la pancia. Quella pancia che era anche mia. E ne andavo fiero.

"Come la chiameremo..?" chiese.

Ad un tratto le presi la testa fra le mani e poi la baciai e rimasi a lungo con le labbra schiacciate contro le sue.
Mi scostai un momento, e poi la baciai una seconda volta, e poi una terza..

~"Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra."~

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