Sono qui dalle 22 di ieri, non ce la faccio più, la caffeina non mi fa più effetto e io potrei addormentarmi ad ogni battito di ciglia. Sascha è accanto a me che sta facendo un pisolino, quando si avvicina una dottoressa con una cartella in mano.
"Signorina Esposito?" (N.B. È INVENTATO, non molestate quelle che si chiamano così. )
"Sì sono io"
"Venga, può vedere sua madre."
"Sveglio il mio ragazzo e vengo"
scrollo Sascha e seguo la dottoressa.
Mi porta in una stanzetta con le pareti bianche e verdoline. La vedo, sdraiata su un letto, piena di tubi. Vado a sedermi accanto a lei e le prendo la mano.
"Non sappiamo ancora quale sia stata la causa dello svenimento. Le stiamo facendo un po' di test."
Mi dice la dottoressa. Annuisco in silenzio e guardo mia mamma dove non avrei mai sperato di vederla. Piena di tubi delle flebo, la cannula dell'ossigeno, e fili di macchinari di cui non so nemmeno la funzione. Mi siedo su di una sedia accanto al letto dove è sdraiata e lascio cadere la testa sul letto accanto alla sua mano e il suo odore mi ricorda la città dove eravamo prima di trasferirci qui. Vivevamo in una casa in campagna, l'aria profumava di fiori e pane appena sfornato, io e Sara che ci rincorriamo, già.. Sara.. quasi mi scende una lacrima al pensiero di quel periodo.
Alzo la testa e mi rendo conto di aver pianto, e di scatto controllo se c'è qualcuno nella stanza oltre a me e a mamma. Noto sulla porta Sascha, che mi guarda con i suoi due occhioni colmi d'amore e dispiacere, camminare verso di me. Mi stringe forte forte,mentre mi sussurra all'orecchio
"Shh, sono qui piccola"
al suono di quelle parole inizio a piangere in silenzio contro il suo petto, e per una volta non mi trattengo. Quando mi sono un po' calmata mi stacco da lui e mi volto verso il letto. Vedo mia mamma che mi guarda come se quella che avesse davanti non fosse sua figlia.
"M..mamma?"
mi trema la voce e ho paura che non si ricordi chi sono.
"Lui chi è? State assieme Francesca?"
Tiro un sospiro di sollievo e sorrido talmente tanto che mi fanno male le guance. Per un momento ho creduto avesse avuto un' amnesia, e che non si ricordasse più di me. Mi si è tolto un peso quando ha pronunciato il mio nome.