Capitolo 1

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Eravamo in un aereo diretto a Tokyo. Il sogno di una vita si stava realizzando. Non mi interessa molto il fatto che mio padre abbia perso il lavoro. So che è un atteggiamento egoistico, ma l'unica cosa adesso conta, per me, é Tokyo.

Erano due ore che eravamo dentro quell'ammasso di ferraglia volante. E non ero riuscita a chiudere occhio.
Mi ero lasciata tutta la mia infanzia alle spalle e quei pochi amici che avevo. L'unica cosa che mi dispiaceva un po' era l'essere andata via da quella casa, ma mamma e papà hanno detto che quella che ci aspetta in Giappone è ancora meglio. Sorridevo, soddisfatta di tutti gli sforzi che avevo fatto fino a quel giorno, e guardavo fuori dal finestrino.
Poco dopo pensando a più e al meno, mi addormentai, ma un sonno senza sogni.

Mi svegliai per colpa di mia madre che continuava a scuotermi per le spalle, e ripetendo per la milionesima volta di svegliarmi.
"Siamo già arrivati, mà?" chiesi ancora assonnata.
"Sì, muoviti, dobbiamo uscire." rispose irritata. Mia madre non era d'accordo sul voler venire a vivere in Giappone, non capivo perché.

L'aeroporto di Tokyo era enorme, e fiumi di persone andavano avanti e indietro.
Un taxi ci aspettava fuori dal gigantesco edificio, diretto verso la nostra nuova casa. Avrei passato un'altra ora è mezza, ansiosa di vivere la mia nuova vita.
"Allora, Eileen, hai scelto la scuola? Kirkwood o Raimon?" chiese improvvisamente mio padre.
"Non lo si ancora, ma se mi date il consenso, vorrei provare a trascorrere un giorno in entrambe le scuole. Così, per vedere come va." sorrisi.
Annuirono semplicemente.
"Se preferite, posso chiamare direttamente io i presidi delle due scuole, così non vi causerò alcun disturbo.
Annuirono di nuovo, rimanendo in silenzio.
Alzai gli occhi al cielo, e presi a guardare fuori dal finestrino. Solo in quel momento mi accorsi che mio fratello era davvero silenzioso.
Mi girai verso di lui, e lo vidi ascoltare musica. Quando si accorse che li stavo fissando, mi sorrise, e io ricambiai, e poi tornai a fissare le strade di Tokyo.

La casa era davvero bella, con un piccolo giardino sul retro, e qualche albero davanti.
I corrieri del trasloco erano arrivati poco prima di noi, e si stavano spazientendo.
"Siete i signori Hace?" avevano chiesto, con una punta di irritazione.
"Certo, scusate per l'attesa." rispose cordialmente mio padre.

La mia camera ora era perfetta.
Avevo appeso le foto più belle che avevo fatto con la mia macchinetta, messo una lampada sul comodino e una sulla scrivania, dove avevo appoggiato i miei pochi disegni.
Ci avevo messo circa due ore e mezzo a sistemare tutto, e a posare i vestiti nell'armadio.
Andai nella stanza accanto alla mia, dove c'era mio fratello.
"Ehi Tez, come stai? Tutto apposto? Sei tanto silenzioso." chiesi, leggermente preoccupata.
"Sto bene, grazie." disse, senza guardarmi, e continuando a sistemare il guardaroba.
"Va bene. Ehm, vuoi venire a fare una passeggiata con me?" chiesi entusiasta.
"Magari un'altra volta, sorellina, ora sono stanco. È stato un viaggio pesante. Penso che dormirò."
"Ohw, capisco. Non sei arrabbiato con me, vero?" chiesi, abbassando la testa, e giocando con le dita.
Poco dopo me lo trovai davanti. Mi stava abbracciando.
"Ti sembro arrabbiato?" chiese dolcemente.
Ricambiai l'abbraccio stringendolo più forte.

Scesi al piano di sotto, dove c'erano i miei genitori e chiesi loro di uscire.
"Oh, insomma Eileen, sono le otto e mezza di sera, dove vuoi andare? È già buio." disse mia madre, continuando a sistemare.
"Per favore, solo per vedere cosa c'è qui in giro." protestai.
"Tesoro, hai sentito che ha detto la mamma. Non protestare per favore, piuttosto chiama le scuole, dovrebbero ricevere telefonate fino alle nove, quindi veloce." sorrise, mio padre.
Annuii, tornando in camera mia.
Presi il cellulare, cercai il numero di telefono della Raimon, e chiamai.

*al telefono*
", pronto, come posso esserle utile?"
"Salve, mi scusi per l'orario. Mi chiamo Eileen Hace, e mi chiedevo se fosse possibile venire a visitare la scuola domani, e magari assistere a qualche lezione."
"Uhm, credo che si possa fare un eccezione. Si è appena trasferita signorina Hace?"
"Sì. La ringrazio. E allora, ci vediamo domani mattina?"
"Certamente, passi alle 9.00 in segreteria, lasciando nome e cognome."
"Va bene, la ringrazio signore. A domani." e detto ciò, chiusi la chiamata

"Mamma! Papà! Domani vado a visitare la Raimon, starò via tutto il giorno!" urlai da camera mia.
"Hai chiamato anche la Kirkwood?" urlò mia madre di rimando.
"Ci penserò domani!"
Improvvisamente mio fratello comparve davanti alla mia porta: "Ma ti dispiaceva tanto scendere e dirlo ad un tono di voce normale?! Dovevi proprio urlare?!" chiese irritato un Tezcat dai capelli arruffati.
Mi grattai la testa, chiedendogli scusa.

"A mangiare ragazzi!" urlò mia madre dalla cucina.
Sentii mio fratello imprecare sotto voce contro di lei, e ridacchiai.
Lui mi rivolse un'occhiataccia e io scoppiai a ridere, contagiando anche lui.

Si erano fatte le dieci, ed ero esausta. Tez aveva ragione, è stata davvero una giornata pesante.
Ero nel salotto della nostra nuova casa, seduta sul divano, a guardare mio padre fare zapping.
Annoiata, mi alzai, augurandogli la buonanotte con un bacio sulla guancia. Mia madre, invece, stava finendo di lavare gli ultimi piatti. L'abbracciai da dietro e auguri anche a lei la buonanotte.

Arrivata in camera, mi infilai sotto le sottili coperte. Non era molto freddo per essere ai primi di novembre.
Ero davvero stanca, ma, nonostante questo, ero entusiasta. E mi addormentai con il sorriso sulle labbra.

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