Capitolo 34

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Eileen's pov
"Ma come? Eileen fra due giorni dovevamo andare a pattinare sul ghiaccio. La nostra classe aveva ricevuto l'invito da parte dell'Alpine Jr. High, non ricordi?"
"Io...si lo so, mi dispiace...però-"
"Hai di meglio da fare, dico bene?"
"Yume...è un ritiro importante, avrei voluto esserci, ma non posso." mentii spudoratamente.
Da una parte mi sentivo in colpa perché era la persona che si preoccupava di più tra tutte quelle che avevo conosciuto, ma dall'altra non mi importava più di niente.
"Lo capisco. Vorrà dire che ti ci porterò io un giorno. Quanto starete via?" ero sicura che stesse sorridendo.
Ad un tratto, la testa iniziò a farmi male, un dolore insopportabile. Strinsi i denti e cercai di respirare a fondo, di mantenere la calma per cercare di di far sì che il dolore diminuisse. Ma ebbi l'effetto contrario: si fece più intenso.
Avevo le mani tra i capelli e la vista si stava facendo annebbiata.
"Eileen, tutto ok? Eileen? EILEEN?!"
Riattaccai all'istante, facendole le mie scuse mentalmente.
Che ti succede ragazzina? La tua forma fisica è ai limiti. Sai che pretendo che la tua forza non si abbassi oltre un certo livello. Lo ricordi bene, vero? Ricordi quella promessa?
"Sta' zitta..." ansimavo, la testa mi scoppiava.

*Flashback: Eileen, 4 anni*
"Noi non giochiamo con le bambine!"
"Le femmine sono scarse"
"Sei una guastafeste! Fai sempre i dispetti a tutti!"
"Piangi per ogni cosa."
Continuavano a ripetermi quelle frasi senza preoccuparsi di quanto ci potessi rimanere male. Ridevano di me. Ogni volta che andavo a chiedere se potevo unirmi a loro venivo congedata con una risposta sgarbata, poi prendevano un po' di terra e me la lanciavano contro.
Io subivo, rientravo a testa bassa e venivo rimproverata dalla signora che si occupava delle ragazzine della mia età. Anche perché, alla fine, era lei che doveva lavarmi.
Chiedeva spiegazioni e io non gliene davo. Non volevo ne essere compatita, ne tanto meno volevo che si aggiungessero altri bambini nel gruppetto "giudichiamo l'ultima arrivata".
Perché si, mi avevano lasciata lì quando avevo un anno e non erano arrivati altri bambini.
Se c'era un motivo o era stata solo coincidenza non l'avevo mai capito.
E una sera, mentre ero stata messa in punizione per l'ennesima volta e privata della mia dose giornaliera di cibo, l'avevo vista. Me ne stavo nel cortile con le gambe al petto e lo sguardo spento.
Poi tra gli alberi avevo visto una coda grigia con la punta bianca e subito dopo c'era stato il contatto visivo.
I miei occhi vennero inghiottiti dalla profondità di quel suo rosso così intenso e da quella sua aria così sinistra.
Poi mi ritrovai di fronte a quell'animale.
Una goccia era seguita da un'altra e così via: stava piovendo. Portai l'unico libro che mi era stato lasciato dai miei genitori e lo usai come un riparo improvvisato, almeno per non bagnarmi i capelli.
Che stavi facendo lì tutta sola?
Non stava parlando, sentivo tutto dentro la mia testa e subito mi preoccupai.
Indietreggiai impaurita.
Non ho intenzione di farti del male, ero solo curiosa.
Feci un altro passo indietro, continuando a non fidarmi.
I rami del cespuglio che avevo di fronte si mossero all'improvviso e poco dopo ne uscì un gatto.
Ora pensi che smetterai di avere paura?
Mi accovacciai e guardai quell'animaletto.
"Perchè hai deciso di parlarmi?" chiunque sarebbe venuto a cercarmi mi avrebbe subito indirizzata ad un ospedale psichiatrico.

 "Perchè hai deciso di parlarmi?" chiunque sarebbe venuto a cercarmi mi avrebbe subito indirizzata ad un ospedale psichiatrico

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