Capitolo 10 - Famiglia

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−Dove siamo?

Elise stringeva le mani ghiacciate, sfregandole l'una contro l'altra.

Il riscaldamento del vecchio pick up tossiva sbuffi di aria calda, ma anche così, l'umidità le entrava dentro gelandole il sangue.

Se ne stavano fermi di fronte a quel faro da ormai venti minuti, Fenris non accennava a muoversi. Stringeva il volante fissando meditabondo il solitario edificio che si ergeva sulla scogliera più a Ovest di Skye.

Era una bella giornata, il sole splendeva e il vesto da Est soffiava giocoso scuotendo i pochi alberi che crescevano lì intorno.

Il vecchio faro a prima vista sembrava bene tenuto: l'intonaco bianco risaltava sulle rocce scure, la porta era di un insolito blu cobalto, così come il resto dei serramenti.

Le ricordava vagamente la Grecia, Santorini in particolare, con le loro case bianche e blu.

Per un attimo si immaginò stesa su una di quelle spiagge a godersi il piacevole caldo del mediterraneo

Sospirò al pensiero. Avrebbe dato qualsiasi cosa per trovarsi in quei luoghi baciati dal sole invece che in quel pick up malandato.

Appena lo aveva visto, aveva storto il naso. L'odore del pesce le arrivava alle narici senza pietà. Impregnandole i polmoni.

Aveva lanciato un'occhiataccia al warg che ignorandola completamente, non l'aveva nemmeno degnata di una parola. Era semplicemente salito in macchina e con un grugnito l'aveva invitata a salire.

Dal giorno in cui le aveva insegnato la quarta regola si era tenuta a distanza. Gli aveva parlato, certo, ma non aveva più permesso a sé stessa di pensare a lui in quel modo.

Era stata sciocca ad abbassare in quel modo la guardia, ma non sarebbe più successo. O almeno era quello che si ostinava a ripetersi.

−Allora?

L'uomo le lanciò un'occhiata. Strinse le labbra in una linea dritta e riportò lo sguardo sul faro.

Senza distogliere lo sguardo, sciolse la presa sul volante e aprì la portiera. Uscì parzialmente, il vento che gli scompigliava i capelli e lo sguardo fisso, come se cercasse di convincersi a scendere.

Quando si decise, richiuse la portiera dietro di sé e la macchina cigolò.

Lo studiò mentre avanzava di alcuni passi per poi fermarsi e mettersi le mani in tasca.

Elise si guardò intorno, un silenzio ambiguo era sceso su quella scogliera, le parve di assistere alla famosa calma prima della tempesta, ma non sapeva spiegarsi il perché.

Imitandolo, scese a sua volta dalla macchina.

L'erba e la terra sotto ai suoi pedi erano soffici a causa dell'umidità. Rimase un attimo ad ammirare il paesaggio. Era pomeriggio inoltrato, il sole stava tramontando lasciando che i colori scoppiassero nel cielo in un tripudio di rosa pallidi e arancioni accesi. Gli uccelli marini urlavano i loro richiami volando in cerchi sull'acqua. Il rumore del mare le rimbombava nelle orecchie mentre il profumo del vento le faceva scordare quell'insopportabile puzza di pesce.

L'aria fredda le colpiva il volto, arrosandole le guance e facendole colare il naso.

Asciugandosi frettolosamente con un fazzoletto sgualcito, si avvicinò al segugio, concentrandosi sulla sua espressione.

−È da quando siamo partiti che non pronunci nemmeno una parola.

−Ti manca il suono della mia voce?

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