Capitolo 13 - Luce

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−Possiamo fermarci un attimo? Mi manca il fiato.

Una sudata e ansimante Elise trotterellava dietro ad un Fenris annoiato. Non riusciva a credere quanto fosse mal allenata. Si voltò a guardarla, correndo all'indietro e rallentando il suo passo.

−Hai promesso di non lamentarti. Stiamo correndo da soli dieci minuti, muovi le chiappe Elly!

−Solo?!

Erano le sei del mattino. La notte regnava ancora sovrana e la scogliera era illuminata dalla luna e da alcune luci che Robert aveva posizionato sulle mura del faro.

Il freddo penetrava nei sottili strati dei vestiti ed Elise era distrutta.

In tutta la sua vita non aveva mai praticato nessuna attività fisica, tralasciando le ore di ginnastica a scuola, ed ora, dopo solo dieci minuti di corsa si ritrovava con i polmoni contratti e la schiena completamente sudata.

Inoltre, non solo il warg l'aveva svegliata ad un'ora impossibile, da diversi giorni dal loro nuovo accordo aveva deciso di darle un nuovo soprannome: Elly.

Non che fosse peggio di quello precedente, ma il tono con cui lo pronunciava era lo stesso di Heks.

Fermandosi improvvisamente e chinandosi in avanti appoggiando le mani alle ginocchia, iniziò a prendere delle profonde boccate d'aria. Il viso paonazzo e il sudore che le imperlava la fronte.

−Stai dritta.

Con praticità, il ragazzo le si avvicinò, afferrandola piano per una spalla e riportandola alla postura iniziale. Le teneva le spalle ben indietro, aiutandola ad espandere la sua cassa toracica.

−Respira dal naso.

Non era la prima volta che la toccava, ma dopo quel bacio le parve che qualcosa fosse cambiato.

Non sapeva dire con certezza cosa, le pareva che indugiasse alcuni attimi di più, come in quel momento mentre le massaggiava delicatamente le spalle; che sfruttasse ogni occasione anche solo per sfiorarla, come era successo la sera prima quando gli aveva passato quel bicchiere; o forse era tutto nella sua testa e immaginava cose che non avevano nulla di reale.

Sicuramente la rispettava di più. L'aveva capito da come le sorrideva: finalmente la vedeva realmente come un'alleata e non solo come la povera ragazza bisognosa d'aiuto.

−Stai bene?

Quella mattina aveva legato di nuovo i capelli in una specie di cipolla disordinata. Due giorni prima Eir lo aveva rimproverato ancora dicendogli di tagliarsi quell'ammasso di capelli, ma lui le aveva praticamente riso in faccia.

Pur essendosi svegliato anche lui ad un'ora improponibile, al contrario di lei, pareva fresco come una rosa. Le rivolse un sorriso sghembo mentre, con le braccia vicino al petto, riprendeva a saltellare sul posto.

Annuì trattenendo un'altra boccata d'aria. Le sorrise.

−Allora muoviamoci. Mia madre vorrà sicuramente la tua attenzione quando si sveglierà e non ho intenzione di dividerti con lei.

Non ho intenzione di dividerti con lei. Cosa voleva dire?

Non voleva creare problemi con Eir? Voleva passare del tempo solo con lei?

−Andiamo?

Scosse il capo, scacciando quei pensieri e sorrise debolmente riprendendo la sua corsa.

Eir li osservava da dietro le tende ricamante.

Era rimasta sorpresa nel vedere suo figlio portare a casa una ragazza. Per alcuni attimi il suo cuore le era balzato in gola dalla preoccupazione vedendo quegli occhi grigi.

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