Capitolo 11 - Scintilla

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Se ne stava immobile a fissare il mare oltre la finestra.

Nella stanza risuonavano le chiacchiere allegre di Heks e suo fratello.

Wayde aveva solo nove anni e, seppur abitassero relativamente vicini, non lo vedeva da un anno intero.

Era cresciuto in fretta, pur rimanendo sempre magrolino, si era alzato di ben quindici centimetri.

Era un bambino fragile, lo era stato fin dalla nascita, si ammalava con facilità e il clima umido di Skye non aiutava per niente la sua situazione e anche se Eir continuava a sperarci, sia per lui che per suo padre era subito stato chiaro che non aveva ereditato il gene warg.

Pure in quel momento poteva sentirlo tossire di tanto in tanto.

Era un ragazzino allegro, gli occhi chiari e i capelli biondi lo facevano sembrare uno di quei bambini che si vedono nelle pubblicità, ma senza tutte quelle energie.

Si potevano dire fortunati se riuscisse a correre per più di cinque minuti senza rischiare di svenire.

Sua madre l'aveva portato da diversi specialisti, ma nessuno le aveva dato una risposta concreta.

Tutti si erano solo raccomandati di non farlo affaticare troppo e di tenerlo al caldo, nulla di più.

−Sei carina!

A quell'affermazione Fenris distolse lo sguardo dal mare e lo portò sul fratello.

Guardava con occhi sorridenti la ragazza accanto a lui come se fosse davvero la cosa più carina che avesse mai visto e il segugio si ritrovò a fissarla dalla sua postazione.

Era sempre la solita Heks, i lunghi capelli le incorniciavano il viso macchiato di rosso, il sorriso genuino le illuminava il viso e la frangetta, un po' troppo lunga, le ricadeva sulla fronte nascondendole un poco gli occhi, come se volesse celarsi al mondo interno.

Parlava a suo agio con la sua famiglia e si ritrovò incantato a studiarla: i movimenti frenetici delle mani mentre raccontava qualcosa di divertente, il mordicchiarsi l'unghia del pollice quando si sentiva nervosa o il continuo oscillare del piede sinistro quando era ansiosa.

Fece correre di nuovo lo sguardo sul suo profilo e, come un'onda impetuosa, gli tornò alla memoria l'espressione che gli aveva rivolto alcuni giorni prima.

Aveva perso il controllo. Si era lasciato sopraffare dall'istinto e aveva ceduto al profumo zuccherino della vilia.

Quando l'aveva vista tornare in quella stanza, gli era sembrata davvero la cosa più carina che avesse mai visto: gli occhi acquosi e le guance arrossate l'avevano resa quasi adorabile.

Ad aggravare il suo già precario controllo, si era aggiunto il suo profumo. Il più delicato e dolce che avesse mai sentito. Rose e frutti rossi.

Quando le si era avvicinata non era più riuscito a trattenersi e si era avvicinato a sua volta.

Nei tre giorni che avevano seguito quella sera, si era maledetto un migliaio di volte. Si era comportato come un drogato in astinenza. Si era crogiolato nel suo profumo come se nient'altro al mondo importasse e quando lei si era voltata, sfiorandogli il viso in quel modo, per un attimo era stato pronto a cedere.

Era bastato solo il suo profumo per mandarlo in tilt, non voleva immaginare cosa fosse accaduto se solo avesse sfiorato le sue labbra. Fortunatamente era tornato in sé appena in tempo.

Le vilie erano tentatrici. Il loro profumo e i loro occhi avevano stregato migliaia di uomini, ma lui non sarebbe stato fra questi.

Aveva visto warg impazzire per un solo sguardo di quella vecchia. Aveva sentito storie che gli facevano rivoltare lo stomaco e fremere di rabbia.

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