Capitolo 1

177 9 7
                                    

<<Frequentare una scuola così importante di New York non fa altro che mettermi in agitazione. Tutto dipende dagli amici, dalla scuola e dalle nuove conoscenze. Ho una paura incondizionata di sbagliare e perdermi in qualcosa di più grande che non mi rappresenti affatto. >>

***********************************
«Pronto?» Risposi al telefono di casa.
«Parla la signorina White Madison?»
«Sì, sono io. Lei è?» Chiesi preoccupata.
«La professoressa Caroline Alonso. La chiamo per informarla che da domani saremo lieti di riceverla nella nostra scuola. Una delle migliori della Contea.» Esclamò entusiasta.
«La ringrazio, io non posso crederci- quasi gridai in preda alla felicità - è stata molto gentile ad informarmi. Ci vediamo domani.» Dissi, poi riattaccai.

Corsi immediatamente da mia madre che nel frattempo era in cucina, avevo le lacrime agli occhi, ero emozionata ed estremamente soddisfatta. Ma la paura c'era, ed era evidente.

«Mamma, domani andrò finalmente alla Hig School di New York.» Infine le gridai.
«Non posso crederci, sono davvero contenta per te.» Mi abbracciò stringendomi a sé.
«Io sono ancora incredula, frequenterò una delle migliori scuole della città e della Contea. È meraviglioso!»
«Chiama tua padre, dobbiamo assolutamente informarlo della meravigliosa novità.»

Annuii e mi catapultai nel suo studio, era all'ultimo piano poiché avevamo una casa a tre piani. Mio padre era un importante imprenditore di New York ed era abbastanza noto in città.

Amava rinchiudersi lì dentro e lavorare, aveva voglia di scoprire ed immergersi in nuove attività, unire i suoi rapporti con altre società ed immaginare.

«Papà- gli dissi timidamente- seppure fosse mio padre, non riuscivo ad avere lo stesso rapporto che avevo con mia madre, ma cercavo comunque di interagirci- Domani finalmente sarò alla Hig School.» Gli dissi abbassando lo sguardo.

Lo rialzai solo per notare quale fosse la sua espressione. Inizialmente non accadde nulla e la cosa quasi mi sconvolse, non capii perché. Ma poi, notai che non fosse più seduto sulla sedia e me lo ritrovai davanti.

«Sono davvero fiero di te.» Mi disse abbracciandomi.
«Grazie papà.» Gli dissi ricambiando l'abbraccio.

Era questa una delle cose più belle ed importanti. I miei genitori rappresentavano un punto di riferimento fondamentale per me, la cosa più significativa era avere il loro appoggio.

Scendemmo giù insieme, mio padre raggiunse mia madre facendole notare quanto fosse orgoglioso di me. Persino mia madre si stupì, ma cercò di non darlo a vedere.

«Questa sera ho voglia di festeggiare, che ne dite di una cena in qualche ristorante della città?» Propose mio padre.
«Potrebbe essere un'ottima idea- aggiunse mia madre- tu cosa ne pensi, Madison?» Mi chiese.
«Mi piacerebbe davvero tantissimo.»
«Bene, allora è deciso. Stasera si cenerà fuori.» Concluse mio padre.

Una cena a tre, io e la mia famiglia. La cosa mi faceva davvero molto piacere, ma il problema era un altro. Dovevo ancora scegliere gli abbinamenti da indossare. Quello di quella stessa sera e del mattino dopo.

************************************

Presi dall'armadio una ventina di vestiti, ma ero ancora dubbiosa. Non trovai nulla di interessante e pensai che fosse giunto il momento di rinnovare il guardaroba.

Si accese una speranza quando trovai un vecchio vestito blu che ricordava i quarant'anni di mio padre. Decisi che potesse andare bene, così mi cambiai.

Sciolsi i capelli che ero solita tenere legati, ovviamente prima feci una doccia, poi passai alla zona trucco.

Non avevo assolutamente voglia di esagerare, così utilizzai le cose più interessanti. Un po' di fondotinta, del blush ed infine il mascara.

Ero finalmente pronta, ma adesso il problema si poneva per il mattino successivo. Cosa avrei potuto indossare?

Ricordai dell'esistenza di un paio di jeans color grigio, una camicia a quadri neri e delle semplicissime converse bianche. Poteva andare.

«Sono pronta.» Mi annunciai scendendo le scale. Mi mancava solo la borsa.
«Come sei elegante, Madison.» Si complimentò mia madre.
«Grazie mamma, anche tu sei molto bella.» Le dissi. In effetti era vero, indossava una camicia marrone e dei pantaloni, i capelli erano ben curati e con il trucco era bellissima. Non che non lo fosse senza.
«Come siete belle!» Esclamò felice mio padre.
«Ti ringraziamo.» Rispondemmo all'unisono.
«Siamo pronti?» Domandò mia madre.
«Sì, possiamo andare.» Risposi.

Papà aprì la porta e finalmente fummo fuori. La macchina era nel garage alle spalle della nostra abitazione e ricordo perfettamente che facesse davvero freddo quella sera.

Salimmo in macchina e mio padre mise in moto, meno di qualche secondo e fummo fuori dal quartiere.

*************************************

«Questo posto è meraviglioso.» Esultò mia madre non appena vide che il ristorante affacciasse su grande parte di New York. I grattacieli erano visibilissimi e di notte erano unici.
«Questa città è fantastica.» Aggiunsi.
«Anche io credo sia unica in tutto. E dire che a diciassette anni mio padre avesse deciso di partire per la Germania.»
«E poi?» Gli domandai curiosa.
«E poi tuo padre si è messo contro questa decisione...» Aggiunse mia madre.
«Ed il nonno ti è stato a sentire?»
«No, lui è partito e la nonna è rimasta con me qui a New York.»
«Mi sono persa un pezzo- dissi- il nonno ha lasciato l'America per la Germania, giusto? E quando è ritornato?»
«Due anni dopo. A lui l'America non piaceva affatto, era più per i Tedeschi, ma fortunatamente avevo l'appoggio di mia madre che ha lottato con me schierandosi quindi dalla mia parte e lui ha potuto scegliere cosa fare. In quel caso ha scelto un altro Paese, abbandonando la sua famiglia. Proprio per questo c'è stato il divorzio che fortunatamente è durato poco visto che adesso sono ancora insieme e vivono in Texas, l'unica Contea di cui il nonno è innamorato.»
«Non capisco il comportamento del nonno. Ha lasciato suo figlio e sua moglie per un altro Paese, nessuno lo avrebbe fatto, è da pazzi.»
«Dagli errori si può sbagliare, non per forza siamo qui per fare tutto bene. Siamo umani, ed errare è umano. Anche tu potresti sbagliare un giorno, non è detto che non possa succedere, Madison.» Rispose mia madre.

Forse aveva ragione, ma rimanevano dell'idea che una cosa simile non potesse essere giustificata. Lasciare la propria famiglia per un semplice Paese, tra l'altro lontano km, era una cosa inimmaginabile.

Rimasi in silenzio ma notai che mio padre invece fosse d'accordo con me, per questo non diede ragione a mia madre, stando semplicemente zitto ed ascoltando.

«New York è la città dei miei sogni, sarei ritornato comunque qui non appena diciottenne, se mio padre mi avesse costretto ad abitare in Germania.» Concluse.

Venimmo interrotte dal cameriere che ci chiese quali fossero le nostre ordinazioni. Avevo davvero una grande fame ed allo stesso tempo, un'ansia non indifferente per la scuola.

«Sei tesa per la scuola?» Mi chiese mio padre.
«Sì, ho paura.» Mi confidai.
«Ma non devi averla, tu sei in gamba e farai una bella figura, perché sei una persona speciale e caparbia.» Disse mia madre.
«Vedremo domani- sospirai- per adesso ho solo voglia di mangiare, ho lo stomaco che brontola.» Risi.
«Pensi ad una sola cosa, è impressionate.»

************************************

Tornammo finalmente a casa dopo aver cenato e assaporato nuovi piatti che non avevo mai mangiato prima. La visuale del ristorante era magnifica e sarei rimasta molto volentieri tutta la notte ad ammirarla.

Salutai i miei e li augurai una buona notte, mi chiusi in bagno per poi uscire dopo una mezz'ora circa. Guardai l'orologio e notai che fosse già mezzanotte, così mi stesi sul letto, coprendomi con delle coperte perché faceva davvero freddo, per poi cadere in un sonno profondo. Ero stanca, ma ero sicura che non sarei riuscita a dormire fino al mattino successivo. Mi sarei svegliata durante la notte.

A Good goalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora