Capitolo 11

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La serata passò lenta, in casa nessuno pronunciava nulla, era tutto spento, persino la televisione in salotto, la preferita di mia madre.

Rimasi in camera mia tutto il tempo a fissare il soffitto, le lacrime bagnavano tutto il cuscino ed un silenzio tombale quasi mi incuteva timore.

Non avevo visto mia madre dal momento in cui aveva avuto quel mancamento, la avevo rassicurata dicendole che anche con il passare del tempo le sarei stata vicino e poi subito dopo mi aveva proposto di riposare perché era evidente fossi troppo stanca. Lei avrebbe fatto lo stesso.

Il problema era che non ci sarei riuscita, avevo troppa voglia di spaccare il mondo intero, il primo ovviamente, era mio padre. La causa di tutto.

Scesi le scale, il buio totale, la casa sembrava vuota, un brivido mi percosse, sembrava la scena di un film Horror.

Bussai alla porta di mia madre, mi accorsi però che fosse vuota, lei non c'era. Mi venne un colpo al cuore, pensando che avesse fatto una pazzia e mi tranquillizzai solo dopo averla sentita tossire.

Era in salotto, la televisione era spenta e lei stava guardando un album, probabilmente quello del Matrimonio.

Decisi di sedermi sugli ultimi scalini senza fare rumore, era talmente presa dalle fotografie che non si accorse minimamente della mia presenza.

Ebbi l'impressione che stesse singhiozzando e non appena si girò, notai il suo volto rigato dalle lacrime.

«Mamma...» Le sussurrai.
«Io non voglio che tu mi veda in queste condizioni. Maledetto tuo padre.» Urlò.
«Non devi farti problemi con me. È chiaro? Non voglio che tu ti tenga dentro tutto questo dolore. È normale che tu stia male, tu ci tenevi a lui e lo ami ancora. È lui che ha perso una persona meravigliosa, non sa cosa si è lasciato andare e se davvero pensa che quella donna possa essere migliore di te, il tempo gli farà capire quanto si sia sbagliato e sono convinta che prima o poi, tornerà con la coda tra le gambe a chiederti perdono e se non lo farà, significherà che avrà ancora un briciolo di umiltà da non venirti a scocciare.»
«Non so cosa avrei fatto se a quest'ora non ci fossi stata tu. Ma voglio essere sincera con te, meno lo vedrò e meglio starò. Gli farò trovare le valigie fuori la porta domani stesso e non saranno miei problemi se andranno perse. Non mi farò trovare perché non ho intenzione di vederlo neanche da lontano e questa sera manderò un messaggio a Zia Margaret, informandola riguardo il nostro matrimonio andato in frantumi.»
«Sicuramente prenderà il primo aereo da Dallas per venire qui.»
«Non mi dispiacerebbe averla al mio fianco, dopotutto è mia sorella ed abbiamo vissuto quasi vent'anni sotto lo stesso tetto.»
«Sicuramente lei saprà come farti tornare il sorriso.»
«Ci hai pensato già tu.»
Le sorrisi. «Mhm, bene... Adesso invece di parlare di papà, perché non mangiamo qualcosa?»
«Non ho molta fame, ma voglio chiederti un favore.»
«Dimmi tutto.»
«Vuoi aiutarmi a prendere la valigia di tuo padre in soffitta? Ovviamente se hai fame ti preparo prima qualcosa, qualsiasi cosa tu desideri.»
«Non c'è bisogno, non ho fame e sono ben propensa ad aiutarti con la valigia. Bisogna prendere solo le chiavi, credo che la soffitta sia un'altra stanza chiusa.»
«Sì, tuo padre aveva sempre paura di trovare qualche animale o cose simili. Sono sul davanzale, inizia salire, io ti raggiungo.»

Annuii e mi affrettai a salire all'ultimo piano. La soffitta era il mio posto preferito da bambina, era una sorta di cabina segreta. Passavo interi pomeriggi lì sopra con le mie bambole preferite mentre mio padre era solito restare nel suo studio e mia madre era al lavoro o indaffarata nei lavori domestici.

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«Ecco qui le chiavi.» Disse mia madre.
«Provo ad aprire, passamele.» Le dissi.

La serratura era ormai diventata vecchia, mi ci volle qualche minuto prima di riuscire ad aprirla. Quando ci riuscii, io e mia madre spostammo con forza alcuni scatoloni che non permettevano di oltrepassare la stanza.

Feci un sorriso non appena mi girai intorno ed ebbi l'immagine di me bambina, tutto sommato la mia infanzia mi era rimasta nel cuore.

«Ecco qui la valigia, aiutami a portarla fuori.»

La spingemmo fuori dalla porta e mia madre diede l'ultima occhiata in giro, infine chiuse tutto.

«Prima o più darò una spolverata anche qui sopra. Magari farò anche qualche servizio in più non appena tuo padre lascerà la casa, potrei creare un nuovo spazio al posto del suo stupidissimi studio.»
«Potremmo darci alla creatività, dopotutto quello studio non è mai piaciuto neanche a me.»
«Ottima idea, mi pace.»
«Dove portiamo la valigia?»
«In camera da letto, lì ha il suo guardaroba, noi glielo svuoteremo.»
«L'idea non è male, muoviamoci allora.»

A gruppi dividemmo la roba di mio padre, tra cui le sue cravatte, le scarpe ed i suoi oggetti che considerava i più preziosi.

Mia madre senza pensarci neanche un attimo tolse tutte le loro foto e le mise in una busta. Non potei evitare di non chiederle cosa stesse facendo.

«Cosa hai intenzione di fare con quelle foto?»
«Le butterò non appena scenderò giù e poserò le valigie nel corridoio.»
«Capisco- Sussurrai- Comunque qui sembra che non manchi nulla, la chiudiamo?»
«Sì, non vorrei che avessimo lasciato qualcosa. Dopotutto gli sarà concesso di venire qui solo per prendere i suoi oggetti lavorativi e nulla di più.»

Ci alzammo insieme e con tanta pazienza chi davanti e chi dietro, facemmo arrivare la valigia al piano di sotto. Mia madre si affrettò a correre in cucina e a buttare nel bidone la busta contenente le poche foto che erano poggiate su ambo i mobiletti.

«Sai più o meno quando tornerà?»
«No, ma domani controllerò se la Mitchell è ancora assente. Se lo dovesse essere, vorrà dire che è ancora fuori città. Quella donna è una meschina, lei era la donna sposata.»
«Sposata con tuo padre, magari.»
«È meglio per lei che non mi dica più nulla e che non mi crei problemi, altrimenti davvero la farò licenziare.»
«Se vuole mantenere il posto, le conviene lasciarti stare, altrimenti da un giorno all'altro si troverà senza lavoro.»
«Non voglio vederla in classe, non lo sopporterei.»
«Devi dimostrare di essere migliore di lei, d'altronde è una poco di buono e con te non può competere, stai tranquilla, che tuo padre prima o poi lascerà anche lei.»
«Non voglio parlare più di quei due. Che ne dici se ci mettessimo nel letto a vedere qualcosa?»
«Non mi va di dormire in quella stanza,  ci dormirò quando se ne saranno andate tutte quelle cose di tuo padre. Per il momento dormirò sul divano.»
«Sei sicura, mamma?»
«Sì, prima però chiamerò Margaret, sono sicura che starà ancora guardando la televisione, per lei non è ancora ora di andare a dormire. Tu sali pure e riposati, ti prego, non voglio che gli altri pensino che tu sta passando un momento brutto, che potrà anche essere tale ma non vale assolutamente la pena stare male per cose simili.»
«Te lo prometto, dormirò e cercherò di non pensare a questa situazione. Tu fai lo stesso, intesi?»
«Intesi.» Disse facendomi un piccolo sorriso .

La salutai con un bacio sulla guancia e lei ricambiò, infine compose il numero di mia zia e dopo qualche squillo ebbe una risposta.

«Margaret sono io, Nora.»

Ero davvero curiosa di sapere cosa sarebbe successo, ero intenta a rimanere e a sentire la conversazione, ma non lì. Feci finta di salire in camera e mi fermai nel corridoio di sopra.

Si sentiva perfettamente la conversazione e poiché mia madre non si sarebbe mai accorta della mia presenza, decisi di rimanere.

Magari ciò che non mi aveva fatto vedere o che non mi aveva detto, lo avrebbe detto a sua sorella. Ed io volevo sapere a tutti i costi come si sarebbe svolta la vicenda ed i pareri non solo di mia madre ma anche quelli altrui.

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