Capitolo 10

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Tornai a casa come una furia con la speranza di trovare mio padre, ma nulla. Come al solito non c'era. Così entrati in cucina da mia madre ma neanche lei era presente.

Cercai di capire se avessero lasciato qualcosa, ma niente, nessun recapito o messaggio.

Mi vibrò il telefono, così finalmente mi accorsi fosse mia madre.

Da Mamma;
Scusa se non mi sono fatta trovare, ho avuto un impegno e tornerò stasera. Tuo padre, invece, è partito per Miami un'ora fa, tornerà domani.

Papà a Miami? E perché mai?

Da Madison;
E va bene, tanto lui ormai sta più fuori che a casa.

Non sopportavo l'idea di dover dire a mia madre una cosa simile, avrei dovuto confortarla, ma proprio non ci riuscivo era molto più forte di me.

Feci per spegnere il telefono quando mi arrivò un nuovo messaggio e pensai fosse di nuovo mia madre, quasi rimasi sorpresa quando notai si trattasse di Jack.

Da Jack;
Non voglio parlare, anche perché se Nicole mi scopre, mi ammazza ed ammazza anche te. Ma ci tenevo a sapere se stessi bene, quando la Mitchell ti ha portata fuori ho subito pensato ci fosse qualche problema.

Da Madison;
C'è infatti, ma non mi va di parlarne, quindi non preoccuparti e non scomodarti. E soprattutto, elimina i messaggi se non vuoi che davvero la tua ragazza ci ammazzi.

Da Jack;
Esatto, quindi eliminali anche tu. Ciao

Da Madison;
Ciao.

Jack ed io stavamo avendo un po' troppa confidenza e l'idea non mi piaceva per niente.

Salii le scale e decisi di entrare nello studio di mio padre o almeno ci provai.
La porta era chiusa troppo bene e fortemente, così provai con una forcina, nella speranza che potesse aprirsi magicamente.

La aprii in due e girando più volte, finalmente riuscii ad aprire lo studio. Quando vi entrai notai troppe cose che non avevo mai visto prima.

Una biblioteca enorme e milioni di fogli di carta buttati un po' dappertutto.
La cosa che mi colpii, fu un biglietto postato sulla scrivania.

"Alle quattro del pomeriggio all'aeroporto per Miami, partenza."

Era la scrittura di mio padre. Notai l'orologio e mi accorsi che fossero le tre del pomeriggio. Così, chiusi per bene la porta e scesi le scale.

Chiusi la porta di casa ma prima presi qualche dollaro per chiamare un taxi e poi, finalmente, quest'ultimo arrivò.

«Dove ti porto?»
«All'Aeroporto.»
«I tuoi sanno che vai lì?»
«Certo che sì.» Mentii.
«Va bene. Comunque tra circa mezz'ora saremo lì.»
«Mezz'ora? Non può fare
più in fretta?»
«Ci proverò.»
«Grazie!»

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«Eccoci, sono quindici dollari.»
«Ecco a lei e grazie.»

Uscii dal Taxi e mi avviai all'aeroporto. Mi girai più volte con la speranza di vedere mio padre, ma niente.

Quando stavo per andarmene, ecco che intravidi Hannah Mitchell. Ed il mio cuore quasi si fermò. Notai che la strana figura al suo fianco fosse quella di mio padre e non potei crederci, non volevo.

Presi il telefono tremante e scattai un paio di foto. Foto che avevo intenzione di mostrare a mia madre. Questa volta non avevo dubbi, mio padre aveva un amante, Hannah.

Corsi il più possibile fuori da quell' aeroporto e cercai disperatamente un taxi, che non trovai.

La mia casa distava almeno quarantacinque minuti a piedi, avevo per forza bisogno di un'auto dal momento che gli autobus non passavano per quella zona.

Decisi di aspettare mia madre fino alla sera ma ovviamente dove dirle dove fossi e perché.

Composi il numero ma non rispose, così le lasciai qualche messaggio con la speranza che potesse leggerlo da un momento all'altro.

Mi sedetti su qualche panchina d'attesa con l'ansia addosso, quest'ultima andò via quando sentii dire "È in partenza il volo diretto a Miami, FL."

La gente nel frattempo correva, bambini che addirittura piangevano, si disperavano ed allo stesso tempo altri che erano felici di partire e di lasciarsi tutto alle spalle.

«Pronto? Mamma.» Risposi.
«Dimmi. Cosa succede?»
«Sono all'aeroporto, puoi venirmi a prendere?»
«Come sei all'aeroporto?» Chiese sbalordita.
«Sì.» Sussurrai.
«Io per adesso non posso venire, ti verrò a prendere più tardi.»
«Va bene, come vuoi.»

Attaccai e sbuffai. Mi tornavo in una situazione di merda, sola ad un aeroporto e per giunta con delle foto sul telefono che ritraevano mio padre con un'altra donna.

Le ore passavano ed io ero sempre lì. Per giunta il telefono non prendeva neanche ed era una cosa alquanto fastidiosa.

Decisi di camminare per tutto l'aeroporto, che era davvero troppo grande. C'era troppa affluenza e se avessi avuto qualcun altro al mio fianco, sicuramente lo avrei perso di vista.

Mi sentivo una stupida, ormai avevo gli occhi pieni di lacrime ed un magone alla gola. Odiavo mio padre e quella stupida professoressa che si teneva per fare chissà cosa.

Li odiavo ed odiavo il fatto che mia madre venisse tradita così, dopo tanti anni di matrimonio e di amore.

**********************************
Finalmente il telefono squillò dopo tre ore di silenzio, era mia madre.

Corsi fuori dall'aeroporto e la trovai con uno strano aspetto. Era arrabbiata, furiosa e lo si poteva notare dagli occhi.

«Cosa ti è saltato in mente?» Disse dandomi uno schiaffo.
«Io- io volevo seguire papà.»
«E per quale motivo?» Chiese inarcando un sopracciglio.
«Devo farti vedere una cosa.»
«Non qui, andiamo in auto.»

Mi diede un abbraccio e ci incamminammo insieme verso l'auto che parcheggiò una ventina di metri più avanti.
Salii e le mostrai, tremante, le foto.

«Ecco, io non volevo fartele vedere, ma a questo punto è ora che tu sappia cosa sta succedendo.»
«Di che parli?»

Le porsi il telefono e le mostrai le foto.
«Sai chi è?»
«No, chi?»
«È venuta l'ora che tu sappia, basta.»

Sospirai ed iniziai a raccontarle tutto. Man mano che parlavo, potevo benissimo vedere negli occhi di mia madre tanta tristezza, rabbia ed odio.

«E così lei è la tua professoressa e forse è stata già una fiamma di tuo padre in passato. Non capisco come si sia permessa di parlarti così stamattina, questa non gliela farò passare.»
«L'ho odiata dal primo momento e la odierò per sempre.»
«Credo proprio che dopo venti anni di matrimonio, io e tuo padre siamo giunti al capolinea. È evidente che sia andato a Miami per passare un po' di tempo con lei.»
«Mamma io avrei voluto dirtelo prima, mi dispiace.»
«Non è colpa tua, ma di tuo padre. Ora torniamo a casa.» Disse con voce strozzata.

Quando tornammo, nello scendere si sentii mancare l'aria, così la aiutai e la feci appoggiare a me.

«Mamma, cosa hai?» Le chiese alquanto preoccupata.
«Un mancamento. Ma ora mi passa.»
«Andiamo in cucina e ti farò un po' di acqua e zucchero.»
«Non c'è bisogno, tranquilla.»
«Invece sì.»

Tornai con il bicchiere e lei lo bevve in pochi secondi. Fortunatamente stava ritornando come prima, fortunatamente, era solo stata male per qualche secondo.

«Tesoro, mi dispiace che tu mi veda così, voglio che tu sappia che anche più avanti, noi saremo sempre insieme, anche se la nostra famiglia andrà persa. Anche se tutti e tre non dovessimo vivere nella stessa casa, ovviamente potrai scegliere tu se rimanere con me o con tuo padre. Ti lascio piena libertà, voglio che tu stia bene.»
«Ti voglio bene mamma, anche io ci sarò sempre ed ovviamente sceglierei anche tra mille anni di restare insieme a te.» La rassicuri tra le lacrime.

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