Capitolo 16

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Entrai in casa frettolosamente, un silenzio tombale invitava ad entrare, tutto era fermo, tranne il mio cuore che iniziò a battere all'impazzata.

Percorsi il corridoio fermandomi poco più indietro. Comparvero immediatamente loro. Mio padre era rimasto fermo, immobile, mentre mia madre aveva le guance bagnate dalle sue lacrime ed una mano rossa.

Era evidente gli avesse dato uno schiaffo molto forte, visto che mio padre poco dopo si mantenne la guancia con una mano.

«Ti ha dato di volta il cervello?.» Le urlò quest'ultimo.
«A me non ha dato di volta proprio niente.»
«E allora mi spieghi come mai c'è la mia valigia lì fuori e mi hai appena dato uno schiaffo?» Urlò nuovamente.
«Ma stai forse scherzando? Non ti rendi minimamente conto di ciò che hai fatto? Pensi che io sia stupida? Che non sappia che sei stato con un'altra?»
«Ma cosa stai dicendo? Sei da ricovero. Sei pazza.»
«No, papà. La mamma non è affatto pazza, basta mentire.» Dissi uscendo finalmente allo scoperto.
«Madison.» Sussurrò mia madre.
«E tu cosa ne sai? Come ti permetti di insinuare che io abbia un'altra.»
«È Hannah Mitchell, vuoi forse negarmelo? Ti ho seguito all'aeroporto, ho notato com'è quella donna. Sei stato tre giorni fuori ed anche lei, non è una coincidenza. Siete stati insieme e devi ammetterlo, adesso basta!!!!» Urlai con tutta la voce possibile.
«Non ti permetto di urlarmi in questo modo.» Disse dandomi un forte schiaffo che mi fece traballare.
«Lasciala stare ed esci immediatamente fuori da questa casa. Non voglio più vederti e non preoccuparti, che so tutto. Pensi che sia stata una stupida per tutto questo tempo? Che non mi sia accorta di niente? I tuoi orari, il tuo modo di fare, la tua assenza... Gregor, vai via da questa casa. ADESSO!» Gli ordinò.
«Non finisce qui. Ricordati le mie parole, Nora. Non finisce qui.»
«A chi vorresti ancora prendere in giro e dare fastidio? Papà, hai sbagliato e faresti più bella figura se dicessi di essere realmente andato a Miami con quella donna.»
«E tu che ne sai che sono andato a Miami?» Disse avvicinandosi sempre di più.
«Lo abbiamo scoperto, mi sembra ovvio.» Si intromise mia madre.
«Siete entrate nel mio ufficio?»
«Sì.» Risposi.
«E come avreste fatto se la chiave ce l'ho io?»
«Ho usato una forcina. Non hai voluto parlare e noi abbiamo cercato un'altra prova, insomma, una nuova strada.»
«Non avreste dovuto permettervi. È il mio ufficio e non voglio che vi entri nessuno!»
«Hai gli scheletri nell'armadio, forse? Cosa altro ci tieni nascosto?» Domandò mia madre.
«Nora, non ti permetto di parlarmi così.» Disse stringendola forte.
«Lascia stare mia madre.» Dissi spintonandolo.
«Tu lascia stare che hai già fatto abbastanza.»

Mia madre iniziò ad urlare ma non capii che stesse accadendo, ero troppo impaurita. Improvvisamente mio padre  prese mia madre per un braccio e la portò nel suo studio. Dicendole addirittura di sbrigarsi.

Tentai di fermarlo, ma non mi diede modo alcuno. Fui costretta a rimanere lì, senza poter fare nulla. Preparai il telefono in caso avessi dovuto chiamare la polizia e cercai di avvicinarmi a loro, ma sfortunatamente la porta era chiusa a chiave.

«Io non voglio che tu spia le mie cose, hai capito?»
«Io voglio solo capire con chi sia stato. Ho capito che hai un'altra, so anche chi è, dimmi la verità una buona volta.»
«Non ho nessuno.» Mentì.
«Non dire cose non vere.»
«Smettila.» Disse.
«Mi stai facendo male, lasciami, non toccarmi.» Continuava.
«Devi smetterla di trattarmi così.»
«Io faccio ciò che vogliono, mi fai solo schifo.»

Ebbi l'impressione che volesse farle davvero del male e la cosa mi scombussolò particolarmente.

«Lasciami, Gregor, lasciami o chiamerò la polizia.»
«E come la chiameresti, sentiamo?»

Non ce la feci più. Tentai di chiedergli più volte di aprire, ma lui non volle per nessun motivo.

«Vai in camera tua. Io e la mamma dobbiamo risolvere questo problema.»
Lascia stare mamma, lei non ti vuole, non te ne rendi conto?»
«E sentiamo, tu cosa ne sai?»
«Dopo tutto quello che hai fatto... Pensi che lei possa amarti ancora? E su quale base? La stai quasi ammazzando e pensi che tutto possa filare liscio dopo ciò che avrai fatto? No, papà. Perché la prima che farebbe di tutto per metterti in prigione sarei io. Questa è violenza domestica e se non vuoi passare veramente un guaio, ti consiglio di aprire questa porta, prendere le tue chiavi ed andare via.»

Ci fu un attimo di silenzio, poi la chiave iniziò a girare. Il suo volto cupo uscii insieme al su corpo in pochi secondi.

Sussurrò qualcosa, ma né io e né mia madre capimmo. Scese le scale di corsa, prese la valigia e sbatté la porta talmente forte da far cadere anche il quadro affisso alla porta.

Quest'ultimo si ruppe in mille pezzi e la foto della nostra famiglia rimase per terra.

Presi l'immagine e stracciai la parte dove c'era anche mio padre. Non volevo alcun ricordo di lui. Per me era andato via insieme alla sua valigia e non sarebbe più tornato.

«Che ti ha fatto?» Domandai a mia madre.
«Un graffio, mi ha strattonato molto fortemente.»
«Mamma, sono convinta abbia bevuto.»
«Ed è così, si sentiva ad un metro di distanza.»
«Cosa è successo lì dentro?»
«Mi ha dato un bacio, prima di andarsene.»
«E tu?»
«Io nulla, ovvio. Ma non ti nascondo che lo avrei baciato anche io se non fosse stato così bastardo.»
«Devi chiedergli il divorzio e sperare che il tempo lo farà cambiare.»
«Tra poco arriverà zia Margaret, parleremo anche a lei e vedremo cosa ne pensa. Per il momento chiudiamo tutto a chiave, ho paura che tuo padre possa ritornare e facendo una pazzia.»
«Mi occupo io del piano di sopra, tu di quello di sotto. Va bene?» Proposi.
«Okay.»

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Salii e mi assicurai che tutto fosse ben chiuso. Scendendo di nuovo giù, vidi che mia madre stesse chiudendo la porta e stesse controllando se fosse nei paraggi.

«Beh? Lo hai visto?» Domandai.
«No, no. Non sembra esserci, magari è da Hannah.»
«Probabile, ma era troppo arrabbiato, non penso stia da lei.»
«Lo scopriremo solo più avanti. L'importante è che questa notte passi.»

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