7.

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Quel giorno ed il successivo non andai a scuola.
Non ero solito saltare giorni scolastici, nemmeno quando ero impreparato od ammalato, ma questa volta non potei evitare di farlo.
Erano due giorni che non uscivo dalla mia camera. Saltavo i pasti e mi alzavo dal letto solo per raggiungere il bagno.
Avevo passato un'altra notte a rimpiangermi addosso - e per quanto fossi stremato ed abbattuto per questo, ormai mi era inevitabile ridurmi così - ed ero così sfinito e stanco che non avevo nemmeno le forze di pensare...eppure continuavo a farlo, e non mi ero risparmiato per tutta la sera.
Pensavo a lui.
Alle urla.
Alle lacrime.
Agli insulti.
Alla rabbia.
Al suo profumo.
Alle sue labbra.
Ai baci.
Alla dolcezza improvvisa.
Alle sue carezze sul mio polso.
Mi si era formato un nodo in gola nell'esatto momento in cui aveva varcato la soglia di camera mia andandosene.
Lo sentii risalire in camera sua, subito dopo aver visto cosa volesse il padre, sbattendo la porta così forte, che mi tremò anche il cuore.
E fu lì, che presi a piangere silenziosamente, perché ci avevo sperato fino all'ultimo.
Avevo sperato che tornasse da me, che mi abbracciasse, che mi dicesse che non se n'era pentito, che mi dichiarasse quello che provavo anch'io, ormai. Un fottuto odio/amore.
Lo odiavo, eccome se lo odiavo.
Odiavo il suo sarcasmo perenne, il suo essere egoista, maschilista, spavaldo, convinto.
Odiavo la sua insolenza, la sua volgarità, la sua finta innocenza, la sua stronzaggine, la sua stupida faccia, la sua voce, tutto quello che riguardava lui.
E lo amavo, eccome se lo amavo.
Amavo i suoi occhi, che nascondevano tristezza, gelosia, amore, odio, disappunto e mille altri sentimenti, che le sue labbra (le sue bellissime labbra), sapevano nascondere benissimo. Amavo il timbro della sua voce, i suoi capelli, il suo sorriso, la sua risata, la sua simpatia - di cui mi accertavo sentendolo relazionarsi con Louis - il suo breve altruismo, e sì. Amavo anche il suo sarcasmo perenne, il suo essere egoista, maschilista, spavaldo, convinto, la sua insolenza, la sua volgarità, la sua finta innocenza, la sua stronzaggine, la sua stupida faccia, e tutto ciò che riguardava lui.
Per cui eccomi qui, assonnato, depresso e stanco - fisicamente e mentalmente - rifugiato ed avvolto nelle coperte sul mio bellissimo letto matrimoniale.
Guardavo fuori la finestra, per distarmi.
Pioveva.
Mi incantavo ad ogni lampo, e sorridevo ai tuoni.
Il mio umore rispecchiato dal tempo.
Mi illuminavo grazie a lui per poi svanire un attimo dopo. Lasciavo tuonare la mia rabbia, per poi tornare sereno, quando lui mi permetteva di manifestare il mio arcobaleno interiore.
Fissai quelle gocce di pioggia che battevano sul vetro, tentando di lasciarmi cullare dall'improvviso temporale.
Chiusi gli occhi, e mi addormentai, avendo in sottofondo, come una tenera ninna nanna, la mia amata pioggia battente.





"Shhh, sta dormendo!"
"Questo lo vedo anche io, deficiente!"
"Ma dico io, vi sembra il caso di battibeccare anche ora?"
"Infatti, ragazzi, lasciamolo riposare..."

Aprii gli occhi, infastidito da quelle voci per niente sofisticate e quiete, tentando di mettere a fuoco la stanza, per capire da chi ero circondato.
"Ecco, bravo! L'hai svegliato!" sbuffò il riccio.
"Ma vaffanculo, deficiente, l'hai svegliato tu!" lo accusò di rimando il liscio.
"Ancora con "deficiente"?! Ti stacco il pene se lo ripeti!"
"Deficiente!"
"Ragazzi, ancora?!" li sgridò il biondo facendo sbuffare il castano al suo fianco.
"Se la Sassy mestruata qui è un coglione, io che posso farci?!" si difese il riccio.
"Perché tu puoi offendermi ed io no?!" gli tirò un orecchio il liscio.
"Io porto rispetto solo a chi mi rispetta! Quindi impara a comportarti bene!"
"Con te? Impossibile!"
"Vi caccio fuori se non la smettete!" li minacciò il biondo facendo annuire il castano.
"Ma è lui che cont-..."
"Ragazzi." bisbigliai, interrompendo Louis.
Si girarono tutti verso di me, quasi ricordandosi solo in quel momento che c'ero anch'io.
Il loro sguardo si addolcì.
"Che è successo?" mi chiese Hazza con dolcezza.
"Diretto, proprio! Quanto tatto! Se non ne volesse parlare?!" lo rimbeccò il suo ragazzo.
"Sono il suo migliore amico preferito, me ne parlerà lo stesso!"
"Ma chi ti credi di essere?!"
"Non di certo il tuo ragazzo!" gli rispose a tono il riccio.
"Sei uno str-..."
"Zayn mi ha baciato." interruppi di nuovo Louis.
Si bloccarono tutti, voltandosi a guardarmi. La loro espressione era un miscuglio tra "Cosa?" - "Che cazzo hai detto?!" - "Zayn è gay?!" - "Abbiamo capito male, vero?".
Niall fu il primo a rendersi conto pienamente di cosa avessi detto, così mi raggiunse sul letto, stendendosi al mio fianco, facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla.
Josh si mise ai piedi del mio letto, dando tenere carezze, per confortarmi, alla mia gamba coperta dalle lenzuola. Louis ed Harry si guardarono, poi presero posto anche loro sul letto al mio fianco, così, con un filo di voce, raccontai cos'era successo, beandomi delle carezze di Niall e Josh, ed omettendo tutto ciò che riguardasse il mio segreto. Fu abbastanza difficile, stavo per tradirmi più volte, ma ero riuscito comunque ad esprimermi tralasciando quel particolare e, fortunatamente, non si accorsero di niente e capirono la situazione.
"Oh."
Fu l'unica cosa che dissero.
Oh.
Si guardarono fra di loro, e senza aggiungere altro, in silenzio, mi abbracciarono.
In quell'abbraccio di gruppo sentii sicurezza, conforto, affetto, comprensione, amicizia vera.
Avevo bisogno di loro, ora più che mai. Avevo bisogno che mi trasmettessero di nuovo un po' di forza, quella forza necessaria per rialzarmi ancora una volta affrontando tutto a testa alta.
Ripresi a piangere - sentendomi vulnerabile, come mai mi ero sentito prima - cosa che li indusse a stringermi forte.
Come avrei fatto senza di loro? Quei ragazzi mi capivano ad un solo sguardo, non sarei riuscito ad andare avanti senza il loro supporto. Se mi abbandonassero anche loro, ne morirei.
E, quasi capendo il flusso dei miei pensieri, mi strinsero ancora di più, come a voler allontanare tutte queste paure, facendomi capire che loro c'erano, ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Non mi avrebbero mai abbandonato.
"Ti sei perso Louis all'interrogazione di storia..." disse improvvisamente Niall, per farmi distrarre.
"Stronzo di un biondo tinto, ti avevo detto di non parlarne!" si inviperì il liscio.
"Lee, dovevi esserci! Dall'ansia si è dimenticato tutto, e quando la prof, stanca delle sue insufficienze, stava iniziando a fargli la solita ramanzina..." iniziò a raccontare Josh.
"...Louis si è alzato di scatto dal banco puntandole l'indice contro ed ha iniziato ad urlare "lei è peggio di Hitler!" " continuò il riccio scoppiando a ridere.
"Avresti dovuto vedere la faccia della Wilkinson!" rise anche il biondo ricordandosi il viso della professoressa, contagiando ben presto tutti, persino Louis.
"Il bello è che la prof gli ha chiesto come facesse a paragonarla ad Hitler senza però sapere cosa aveva combinato nel corso della storia..."
"E Loueh, indispettito, le ha praticamente detto tutto il capitolo di storia!" rise Josh.
"Ed indovina un po'? La sua insufficienza si è trasformata in una B+!" concluse il riccio, facendo pavoneggiare il suo ragazzo.
"Provateci voi ad avere un culo così, letteralmente!" disse, infatti.
"E voi, brutti stronzi, non avete filmato nulla?" chiesi ridendo.
"Lo sai com'è la Willy, Leeyum! Guai se ci vedeva con un telefono tra le mani, ci spediva dal preside!" rispose Niall, ancora scosso dalle risate.
Fu così che passai quel sabato pomeriggio: con i miei migliori amici - i quali fecero il possibile per farmi tornare in breve il sorriso - a scherzare come se non fosse capitato nulla. I ragazzi insistettero per giocare a giochi da tavolo, prendendo, poi, in giro Josh che aveva perso a quasi tutte le partite.
Tentarono di farmi ridere il più possibile, ed io tentai di accontentarli.
Ero un bravo attore, in fin dei conti, e per un attimo finsi che la mia vita non fosse avvolta nella merda più totale, e sembrai riuscirci...per due orette, circa.
Poi i ragazzi se ne andarono, convinti di avermi risollevato totalmente l'umore, facendo così riemergere la realtà: vita di merda.
Mi strinsi nelle coperte, ed accesi il televisore, cercando in questo modo di tenere a bada i pensieri.
Solo in quel momento, però, mi accorsi che gli unici ad essersi interessati a me, erano stati i miei migliori amici.
Né la donna che si definiva mia madre, né il suo compagno, né lui, si erano presi la briga di controllare come stessi.
Sorrisi amaramente, e nuove, calde lacrime, fecero capolino sul mio viso.
Solo.
Di nuovo.
Ero abituato a questa parola, a questa sensazione. Pensai di essermi sentito tale già dal giorno della mia nascita.
Spensi la tv, la quale trasmetteva, ormai, programmi a vuoto, e mi ritrovai nel buio più totale.
Il buio.
Amavo il buio, per quanto possa, allo stesso tempo, incutermi terrore.
Avevo sempre paragonato esso ad un paio di occhi rossi, un sorriso terrificante, e lame affilate al posto delle dita delle mani del mostro che mi osservava dall'angolo nascosto della mia stanza.
Eppure mi sentivo, allo stesso tempo, così a mio agio, quasi...protetto.
Sì, mi sentivo protetto, come se al buio potessi essere realmente me stesso, senza finzioni, senza sorrisi finti e senza trattenere lacrime.
Al buio uscivo allo scoperto.
Il buio mi rifletteva, come la pioggia.
Vuoto, oscuro.
Il buio nasconde insidie, tensioni, paure. Era stanco di essere così spento, così silenzioso, così cupo!
Per questo cercava un appiglio che lo potesse portare ad un bagliore di luce, e viveva con la costante illusione che quel bagliore rimanesse, e non se ne andasse più. Si illudeva che quel piccolo bagliore schiarisse la sua essenza, e che rendesse luminosa la sua esistenza...ma tornerà sempre ad essere il solito, oscuro, vuoto, cupo buio.
Chiusi gli occhi stringendo il cuscino, e, scosso dai singhiozzi, desiderai solo di potermi addormentare il prima possibile. Volevo sfuggire a quella realtà infima almeno nei sogni, volevo passare in pace qualche ora, lontano da tutto e tutti.
Non sapevo quanto tempo passò prima che fossi quasi sul punto di cadere, finalmente, fra le braccia di Morfeo, ma giusto un attimo prima che questo accadesse, ebbi la sensazione che qualcuno mi sfiorasse la guancia con la punta delle sue dita, e che mi accarezzasse i capelli con dolcezza.
Non aprii gli occhi per accertarmene, ero così stanco che lasciai che quella sensazione piacevole mi facesse addormentare del tutto.
E, per la prima volta, dopo alcuni giorni, dormii profondamente senza sognare nulla in particolare.

You stood by me. || Ziam Mayne.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora