Capitolo 17

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La mattina mi alzai sul presto e ancora disteso sul letto le scrissi un messaggio per augurarle il buongiorno anche quella mattina, poi mi alzai per farmi una doccia. Passandomi l'asciugamano tra i capelli controllai il telefono.

-buongiorno amore...ci chiamiamo?-.

Era la prima cosa che anche io avevo pensato solo a quello da quando avevo aperto gli occhi. Non stavo più nella pelle avevo una voglia incredibile di vederla, anche se solo attraverso un monitor, magari anche sgranata, ma mi sarei accontento.

-accendo il computer e ci vediamo- gli risposi con le mani che tremavano mentre accendevo il computer.

Pochi secondi dopo era già partita la chiamata.

-ciao patato, ti sento ma non ti vedo, tu?- mi disse Rose, soliti disagi di quando inizi una chiamata su Skype.

-aspetta che accendo la videocamera- le risposi -fatto-.

Ci fu un minuto di silenzio, mentre ci osservammo con un'aria malinconica negli occhi.

-sei così bella- dissi rompendo il ghiaccio.

-patato ho una voglia di baciarti- mi rispose mordendosi il labbro.

Ridemmo entrambi per la nostra incapacità nel parlarci così

-allora come stai?- le chiesi sorridendole con aria sognante

-bene bene tu?- mi rispose facendo uno dei suoi sorrisi finti migliori.

-bene dai, ma lo sai che non mi devi mentire vero?- le dissi avvicinandomi di più alla webcam in modo da appoggiare i gomiti sulla scrivania.

-perché?- mi chiese stupita -in che senso?-.

-il tuo sorriso è finto, vedo la tristezza nei tuoi occhi, cosa ti succede?- le chiesi anche un po' preoccupato.

-sempre le solite cose, ma sono passeggere tranquillo- mi rispose guardando la tastiera del computer -possiamo cambiare argomento?-

-allora, mi parleresti di te? Come avevamo detto in Toscana- le chiesi quasi in tono implorante.

-beh non è proprio cambiare argomento, ma so che ci tieni, allora ti accontento, anche se mi è difficile- mi rispose sospirando.

-parti dall'inizio- le dissi incuriosito.

-hai presente quelle bambine che si sedevano in un angolo, con un libro in mano scritto in grande, pieno di figure?- mi chiese senza alzare lo sguardo.

-si, credo che ce ne sia stata almeno una in ogni scuola, se non di più- le risposi senza capire dove volva andare a parare.

-ecco io ero quella bambina, ma nessuno sa cosa significa esserlo- mi rispose senza mai alzare o sguardo.

-perchè?- le chiesi perplesso -cosa intendi?-.

La vidi diventare seria mentre cercava le parole esatte con cui spiegarmelo.

-significa essere presa in giro perché preferisci leggere che stare con le tue amiche, perché in ricreazione mentre tutti correvano e giocavano, io ero seduta a terra a divertirmi con il libro che stavo leggendo, stavo facendo amicizia con i personaggi e non con i compagni...- rispose mentre gli occhi le si facevano sempre più rossi.

-e cosa c'è di male nel leggere?- le chiesi interrompendola.

-non lo so, non lo so- mi disse quasi urlando, poi prendendo fiato ricominciò a parlare con un nodo alla gola che le strozzava il fiato -so che loro non lo trovavano normale, allora ogni giorno tornavo a casa piangendo, ma non mi facevo vedere dai miei, mi tenevo tutto dentro, portavo sempre i pantaloni lunghi per nascondere i lividi che mi facevano sulle gambe, calciandomi perché a loro non andava bene che leggessi, mi strappavano le pagine del libro perché non lo leggessi più- mi disse, mentre una lacrima le rigava il volto.

Perché stai piangendo? (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora