capitolo 31

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Quel sabato mattina ci svegliammo presto, molto presto, nonostante il sonno però tutti i miei pensieri erano concentrati su di lei. Dopo essere salito in macchina mi infilai un paio di cuffiette e feci partire San Francisco, era tanto che non la ascoltavo, e sorrisi pensando ai momenti in cui eravamo così felici, mentre eravamo insieme in toscana. Stavo guardando fuori dal finestrino, guardavo sempre fuori dal finestrino, mi dava un senso di tranquillità, e adoro osservare le persone e cercare di immaginare che cosa facciano quelle persone nella vita di tutti i giorni. Fortunatamente per strada non trovammo molto traffico, e mentre ci avvicinavamo sentivo il cuore a mille, non vedevo l'ora di vederla e di abbracciarla per darle il mio sostegno. Dopo aver parcheggiato entrai in hotel e presi le chiavi ella stanza, raggiunsi la mia camera e appoggiai la valigia sopra il letto, poi mi diressi verso la camera dei miei genitori.
-andiamo?- chiesi appena mio padre venne ad aprire la porta. 
-mamma sta togliendo le cose dalla valigia, che ha riempito di un sacco di cose inutili- mi rispose.
-mamma, lo farai dopo- le dissi impaziente. 
-va bene, ma sta tranquillo- mi disse prendo la borsa.
Mio padre prese le chiavi e chiuse la porta, salimmo in macchina e raggiungemmo velocemente casa di Rose, e pensai a tutte quelle volte che avevo percorso quella strada a piedi sorridendo, dopo aver passato del tempo con Rose. Parcheggiammo nel parcheggio vicino a casa sua, e suonammo il campanello. Ci venne ad aprire suo papà, sorpreso di vederci. Entrammo in casa, era piena di gente, gente che piangeva, gente che si abbracciava, salutai i suoi genitori e li abbracciai, erano entrambi in lacrime. Cercai tra tutte le persone il suo viso, ma non la vidi.
-Daniele, se cerchi Rose, non è in casa, è andata a fare una passeggiata- mi disse sua madre tra i singhiozzi -vai a cercarla, sarà felice di vederti-.
-va bene, grazie- risposi senza piangere, stavo cercando di trattenermi. 
Mi incamminai verso la stradina dove mi aveva porto quando ero andato a trovarla. Arrivai fino alla casetta rossa dove eravamo andati. Aprii la porta in legno logoro, ma dentro non trovai nessuno. Salii per la scaletta in ferro, ma non c'era nessuno neanche sopra. Uscii e vidi un paio si scarpe nere penzolare dal tetto. 
-hey amore- la salutai dal basso -per una volta sei tu più alta di me-.
-amore che ci fai qui?- mi chiese cercando di scendere.
-tranquilla, ti raggiungo io- le dissi salendo.
-come va?- le chiesi dopo un bacio.
-continui con queste domande stupide?- mi chiese mordendosi il labbro.
-tesoro- le dissi guardandola piangere. 
In quel momento non riuscii più a trattenermi e abbracciandola piansi anche io. Sentivo il suo corpo sobbalzare ad ogni singhiozzo e sentivo la mia spalla bagnarsi sempre di più. Ero felice di essere il suo sostegno, per una volta, e di esserle vicino. 
-amore sei l'unica cosa giusta, l'unica cosa che va bene, l'unica cosa che mi rende felice, e l'unica persona che nonostante il mio carattere mi sta ancora vicino- mi disse cercando di calmarsi.
-a proposito del farti felice ti ho portato un regalino- le dissi infilandomi una mano in tasca.
-oh sei così dolce- mi disse sforzando di sorridere.
-ehm si è un po' sciolta- dissi estraendo una piccola stecca di cioccolato dalla tasca.
-del cioccolato?- mi chiese -in questo caso vuoi bene ai miei brufoli- mi disse.
-dicono che il cioccolato rende felici, dicono che sia l'elisir del buon umore e che contenga l'ormone della felicità, e io ti voglio felice- le dissi accarezzandole le guance per asciugarle le lacrime.
Ci stendemmo un po' sul tetto, abbracciati, in silenzio, perchè in queste situazioni non c'è molto da dire, anzi un abbraccio fa meglio di mille parole. 
-andiamo a casa?- le chiesi portandomi a sedere. 
-non ho voglia di stare in mezzo a molte persone- mi rispose sedendosi anche lei
-immagino- le risposi -ma che ne dici se andiamo, tra un po' è mezzogiorno, so che non avrai molta fame, ma forse ci conviene andare- le dissi stampandole un bacio sulla fronte.
-va bene- mi rispose alzandosi.
Scese pian piano appoggiando un piede alla finestra e tenendosi sul cornicione, io invece scesi semplicemente con un salto, non era molto alto, perchè mettendomi in punta di piedi riuscivo a toccare il tetto. Tornammo a casa con calma, mentre la tenevo per i fianchi. A casa sua era arrivata nuova gente, ma si era anche svuotata, ormai non c'erano più di dieci persone. Tutti abbracciarono Rose, compresi i miei genitori, poi salì in camera sua e mi chiese di seguirla. Camera sua era rimasta sempre la stessa, aveva aggiunto delle foto su una parete, c'erano un paio di sue vecchie foto con suo nonno, in una era affianco a lui, su una bicicletta, avevano entrambi due sorrisoni, e si vedeva quanto bene si volessero già. Rose avrà avuto al massimo tre anni, e aveva i capelli lunghi fino alle spalle gonfi come un pallone. In quella foto rividi quel sorriso, quel sorriso che mi aveva colpito tanto le prime volte.
-che bella questa foto- le dissi indicandogliela.
-lo so, è la mia preferita- mi disse avvicinandosi a me e abbracciandomi.
sentii il suo respiro accelerare e allora la strinsi più forte.
-mi manca tanto- mi disse scoppiando a piangere.
-lo immagino- le risposi stringendola a me. 
Restammo su a parlare per un po', abbracciati, stesi sul letto, mentre Rose si calmava e poi scoppiava a piangere. 
-Rose- ci interruppe sua madre -noi, e ovviamente anche daniele, dobbiamo andare- 
-ma è ancora pesto- le rispose alzandosi dal letto. 
-dobbiamo andare anche all'obitorio- le disse sua madre.
-è vero- le rispose -ma dobbiamo proprio andare? Non voglio vedere il nonno dentro la bara- le disse con voce rotta e che si abbassava sempre più.
-se vuole la portiamo noi- mi intromisi.
-ma Rose non vuoi vedere per l'ultima volta il nonno?- le chiese sua madre abbracciandola.
-l'ho già visto per l'ultima volta, ti ricordo che io ero in ospedale, affianco a lui, ho chiamato io l'infermiera, e sono felice di avere un'ultima immagine di lui vivo- le disse Rose iniziando a piangere.
-se per i tuoi Daniele non c'è problema, lei può venire con voi?- mi chiese sua madre.
-ehm certo- le dissi -prendi i vestiti che dopo ti cambi per il funerale-
-va bene- mi rispose aprendo l'armadio.
Uscimmo di casa e andammo verso la macchina. Mia madre prese sottobraccio Rose e le disse che era felice di incontrarla, nonostante fosse per un motivo infelice. Arrivati in hotel Rose venne in camera con me e i miei andarono nella camera affianco. Dalla borsa estrassi due bustine di the freddo e un pacco di biscotti.
-so che non hai fame- le dissi -ma forse un paio di biscotti ti vanno giù- 
-bevo solo il te- mi rispose -ho paura di non riuscire ad assimilare niente-. 
-tranquilla- le dissi prendendole la mano. 
Dopo aver bevuto il the, restammo seduti attorno al tavolo al parlare. 
-ci cambiamo?- mi chiese Rose durante la conversazione. 
-va bene- le dissi alzandomi e dandole un bacio sulla fronte. 
Andai in bagno a cambiarmi, mentre Rose andò in camera. Mi misi una camicia bianca, una cravatta nera e un paio di jeans neri stretti. La aspettai seduto sul divano. Dopo un paio di minuti sentii la porta della camera aprirsi.
-amore ho bisogno di una mano- mi disse. 
-arrivo- le dissi alzandomi e raggiungendola.
Era girata di spalle, indossava un vestito nero a pois rossi, lungo fino a terra che le copriva anche le scarpe con i tacchi. 
-mi tiri su la cerniera?- mi chiese.
Ero talmente concentrato sulla sua bellezza che non mi ero nemmeno accorto della zip.
-si subito- le dissi.
La cerniera aperta mostrava tutta la schiena, notai la curva che la sua schiena storta formava, le sistemai la zip e dopo le diedi un bacio sul collo. 
-sei bellissima- le sussurrai.
-anche tu- mi rispose girandosi -sei wow, questa camicia ti sta proprio bene-. 
Poco dopo i miei bussarono alla porta, era già ora, sarebbe stato l'addio definitivo al nonno di Rose, mi dispiace non averlo conosciuto meglio, doveva essere una persona speciale. Arrivammo fino al cimitero silenziosamente, nessuno aveva il coraggio di interrompere il ritmo inconstante dei singhiozzi di Rose. Scendemmo dalla macchina, io aspettai Rose e all'entrata del cimitero affollato la strinsi a me e, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime le dissi:
-sii forte, e ora va-. 
Rose si diresse faticosamente verso i suoi genitori, i tacchi le resero difficile l'attraversata sui sassi. La tomba era appoggiata vicino a una buca lontana dall'entrata e dal passaggio centrale. Io raggiunsi i miei genitori, dietro ad un po' di persone, ma riuscivo comunque a vederla, a vedere le sue spalle curve muoversi su e giù. Il discorso per suo nonno iniziò poco dopo il nostro arrivo. 
-che fai?- mi chiese mio papà sotto voce, mentre qualcuno ci guardava male perchè stavamo parlando -non vai da lei?-
-non sono un parente, non mi pare giusto andare in prima fila tra gli amici più cari e i parenti- dissi senza pensarci troppo.
-ma ha bisogno del tuo sostegno- mi disse scuotendomi il braccio. 
Qualcuno davanti a noi ci zittì, e mio padre smise di insistere. Mentre il fratello del nonno di Rose si era posizionato davanti a tutti per l'elogio non riuscii più a sopportare la vista di Rose, lontana dai suoi genitori, che continuava a piangere, come se le sue lacrime non avessero una fine. Forse non ne avevo il diritto, forse avrei disturbato molta gente, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Iniziai a muovermi attraverso la folla e raggiunsi Rose, lei non mi notò neanche all'inizio, ma poi la abbracciai, sentii il calore della sua pelle infondersi sotto la camicia. Le diedi un bacio sulla fronte, poi alzai la testa in modo che rose si potesse appoggiare completamente a me, e dopo le posai il mento sulla fronte. Finita la funzione, tutti i parenti e gli amici si diressero verso la famiglia. Rimasi dietro a Rose durante tutta la passerella di persone la abbracciavano e le dicevano parole rincuoranti. Ad un certo punto vidi una chioma rossa e un ciuffo nero fendere la folla. In un attimo Sarah e Robin erano davanti a Rose ad abbracciarla, poi vennero dietro vicino a me ci salutammo velocemente e silenziosamente in quell'atmosfera triste e silenziosa. 
Finita la processione di persone Rose venne verso di noi, e facemmo un bell'abbraccio di gruppo, tutti con gli occhi gonfi di lacrime. 
-ce ne andiamo?- chiese Rose rompendo il silenzio imbarazzante che si era formato -voglio andarmene da questa situazione-.
-va bene- le dissi -dove vuoi andare- le chiesi avvolgendole i fianchi con un braccio.
-andiamo un po' al bar, ho voglia di distrarmi- disse asciugandosi le lacrime. 
-va bene- rispose Robin prendendo le chiavi della macchina dalle tasche.
Spiegai ai miei i nostri piani, e accettarono di buon grado l'idea, dato che era per aiutare Rose. Al bar trovammo la stessa cameriera della volta scorsa, che abbracciò Rose e le chiese scusa per non essersi presentata al funerale, ma le avevano dato il turno di lavoro giusto durante la funzione. Prendemmo un aperitivo e nonostante Rose fosse minorenne la barista le diede ugualmente uno spritz. Dopo aver bevuto un drink a testa accompagnammo Rose a casa, i suoi non erano ancora arrivati allora insieme scavalcammo il cancello e ci sedemmo sulle sedie che Rose aveva in giardino. La plastica era bollente, data la temperatura del giorno, eravamo tutti molto accaldati. Rose era seduta a testa bassa e si tormentava le labbra. Avrei veramente voluto fare qualcosa per lei, ma non sapevo cosa, capivo che qualsiasi cosa avessi detto non avrebbe aiutato, anzi avrebbe potuto peggiorare la situazione. Mi avvicinai a lei e la feci alzare dalla sedia, e tenendola per mano mi sedei e la tirai verso di me. Si mise sopra di me e io la abbracciai e le presi le mani, poi appoggia la testa sulla sua schiena. 
-grazie- mi disse cercando di sorridere.
-di cosa?- le chiesi perplesso.
-perchè sai sempre qual è la cosa giusta da fare, non stai formulando frasi epiche per banalizzare il mio dolore, sai che sono triste e che comunque il dolore è sopportabile, anche se mi sembra che mi stia facendo in mille pezzi, e che prima o poi questa orrenda sensazione si sfumerà- mi disse accarezzandomi le braccia con le sue dolci mani. 
-ti amo- le dissi non sapendo cosa aggiungere.
-ooohh ma che carini- esordì Sarah, rovinando quel fantastico momento -te l'ho detto che secondo me stavano bene insieme- disse rivolgendosi a Robin.
-si tranquilla lo ammetto- le rispose Robin facendomi l'occhiolino. 
Dopo un po' arrivarono anche i genitori di Rose che ci aprirono casa. Rose ci invitò a cena, dato che tanti dei loro amici avevano portato tante cose da mangiare, sapendo che magri in questi momenti si pensa a tutto tranne che a cucinare e si mangia solo quando se ne sente il bisogno. Mangiammo della pasta fredda che Rose aveva appena tirato fuori dal frigo. Mangiammo chiacchierando di cose stupide, cose per occupare il silenzio imbarazzante che si formava tra di noi. Dopo cena notammo tutti la stanchezza negli occhi di Rose, dato che non dormiva da giorni, e decidemmo di salutarci e andammo tutti a casa. Salutai Rose per ultima, dopo aver ringraziato i genitori, la abbracciai e poi le diedi un bacio, non avrei mai voluto allontanarmi da lei, poi sentii borbottare suo padre, allora mi staccai e uscii dalla porta. Salii in macchina con Robin e Sarah che mi accompagnarono a casa. Non era tardi, ma quella giornata mi aveva distrutto, bussai alla camera dei miei per avvertirli che ero arrivato, poi mi diressi verso la mia stanza. Entrai in camera da letto e mi accorsi che c'erano ancora i vestiti di Rose, me li avvicinai al viso e annusai il loro profumo, mi ricordavano troppo Rose, arrossi inalando quel profumo, che mi fece pensare alla toscana, a quando ci eravamo baciati la prima volta. Ora capivo perchè Rose amava usare le mie felpe. Appoggiai i vestiti di Rose sulla sedia della cucina, in modo da non dimenticarmi di portarglieli il giorno successivo. Mi stesi sul letto e poco dopo aver posato la testa sul cuscino mi addormentai. 

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