Capitolo 47

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Ero appena arrivata in ospedale con Riccardo e la mamma, lei già era corsa da papà, io invece me ne stavo in sala d'aspetto, ferma, con una mano intrecciata a quella del mio ragazzo: ero nervosa.
Non so per quale motivo ma ero molto molto nervosa. Volevo rivederlo e volevo abbracciarlo e stringerlo fortissimo, lo volevo con tutto il mio cuore, però avevo paura.
Di cosa poi? Che non si ricordasse di me? Di noi? O ancora peggio, di qualcosa a cui non volevo nemmeno minimamente pensare.
Era possibile.
I dottori non ci avevano detto niente a riguardo per telefono e non sapevo come prendere questa cosa.
Non ce lo avevano detto perché stava bene e non c'era bisogno di aggiungere nient'altro oppure perché volevano avvertirci con calma guardandoci negli occhi e non attraverso una cornetta?
Oh Dio, dovevo smettere di farmi quei complessi mentali, farmi coraggio e raggiungere la stanza, non ero più una bambina e sapevo affrontare le situazioni anche più brutte. L'importante era che mio padre fosse vivo, e lo era. Non contava altro.
"Tesoro, qualcosa non va?"
"Ho paura Riccardo"
"Di cosa? Che l'incidente gli abbia procurato qualche danno permanente?"
"Si. Ultimamente ne sta succedendo una dopo l'altra. Io non so più se ce la faccio"
"Guardami piccola. Nel caso che succedesse qualcosa ce la farai, credo in te. Sei una ragazza forte. Hai sempre affrontato tutto nel migliore dei modi e ce la farai anche questa volta. E poi hai me okay? Io non ti lascio più andare via, mai più. Sono qui per te" mi disse con il tono più dolce possibile "e poi ascoltami. Christian è un uomo molto forte, vedrai che non gli è successo niente. Sta bene, fidati di me"
"Va bene, mi fido di te"
"E adesso andiamo. Sono convinto che tuo padre ti stia aspettando e stia chiedendo di te"
"Sta aspettando anche te. Ti vuole bene come a un figlio oramai"
"Io non credo, anzi, sono piuttosto convinto che mi odi e che se potesse mi farebbe a pezzettini con le sue stesse mani perché ho fatto piangere sua figlia. Dovrei essere io quello preoccupato a entrate in quella stanza"
"Oh zitto. Lui lo sa che mi ami e penso che sappi anche che quando entrerò in quella stanza tu sarai con me. Un padre queste cose le sente dentro, o almeno è quello che mi ha sempre detto lui. E comunque, non ti odia affatto. Sarà contento di vederti. E adesso muoviti, ho bisogno di abbracciare il mio papà"

Entrai nella stanza d'ospedale di papà e lo trovai abbracciato alla mamma. Stavano piangendo.
Mi bloccai, mi si gelò il sangue.
Guardai Riccardo che mi fece cenno di proseguire e andare da loro.
Quando arrivai di fronte al letto mi accorsi delle loro espressioni felici e improvvisamente mi tornò in mente mio fratello, nella pancia della mamma. Ero sicurissima che glielo avesse già detto, non voleva perdere un secondo di più.
Si baciarono.
Ero veramente felice in quel momento.
Papà alzò lo sguardo e mi vide.
"Tesoro"
Non dissi nulla, corsi da lui e lo abbracciai. Mia madre mi disse di far piano ma non le diedi ascolto. Lo strinsi forte, come volevo fare da tanto tempo, a lungo e quando finalmente lo lascia gli diedi un bacio sulla guancia e gli dissi e gli volevo bene. Lui mi disse che anche lui me ne voleva.
Nel frattempo Riccardo si era avvicinato, mio padre lo guardò e gli sorrise.
"Ben tornato fra noi Christian, ci sei mancato. Ah, congratulazioni. Dai vostri baci adolescenziali suppongo che Francesca ti abbia dato la splendida notizia." Disse per sdrammatizzare, ma si notava molto bene il suo nervosismo.
"Grazie figliolo. Sono molto felice di rivederti con mia figlia. Trattala bene, so che la ami."
"Signor si, signore!"
Ai miei genitori scappò una risatina.
Era davvero bello essere di nuovo tutti insieme, specialmente con un piccoletto in più nella pancia della mamma.

Dopo due ore circa che eravamo lì la mamma disse che doveva andarsene poco dopo per un'oretta circa, mio padre invece era stanco, si vedeva che aveva bisogno di dormire.
"Ragazzi, Francesca mi ha detto che stavate per partire prima che chiamassero dall'ospedale."
"Mamma! Quante cose gli hai detto in meno di un quarto d'ora?"
Scoppiarono tutti a ridere
"Sai com'è fatta. Comunque, stavo dicendo, adesso che sapete che sto bene ma ancora non potrò tornare a casa ma dovrò restare in ospedale perché non partite comunque? Qui avrò tutti i dottori che mi seguiranno, voi andate pure e divertitevi."
"Oramai abbiamo perso l'aereo"
"Andate in aeroporto e cambiate biglietto, pago io tutto ciò che c'è da pagare. Andate ora!"
"Davvero papà? Grazie mille"
"Non occorre Christian, ci penso io"
"Figliolo andate, tu pensa solo a farla stare bene, al resto penserò io"
Ci abbracciammo tutti e poi io e Riccardo tornammo a casa a prendere i bagagli, pronti a dirigersi in aeroporto, senza imprevisti quella volta.

Dimmi che vuoi stare con me. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora