Capitolo 1

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Buongiorno mondo.

Era il primo giorno di scuola, la sveglia era già suonata da cinque minuti ma io non ne volevo sapere di alzarmi, non riuscivo a trovare le forze. La consapevolezza di dover ricominciare tutto da capo, di nuovo: un altro anno stava iniziando ed io non ero pronta, né psicologicamente, né letteralmente. Controvoglia scostai velocemente le lenzuola di dosso e mi buttai giù dal letto.

Mi preparai attentamente, nonostante il sonno e l'incessante tentazione di tornare nel letto, ricoprirmi fin sopra al naso e richiudere gli occhi; indossai un paio di pantaloni neri attillati, una camicetta lunga fino ai fianchi di un verde piuttosto acceso, esattamente verde smeraldo – colore che avevo scelto perche si accostava perfettamente al colore dei miei occhi - e le mie scarpe preferite, un paio di converse nere alte, immancabili per il primo giorno di scuola. Mi truccai con cura: misi una riga piuttosto sottile di eye - liner e il mascara, di un nero molto intenso. Infine misi un accenno di rosa sulle guance per dargli un po' di colore dato che, nonostante l'estate, la mia scarsa abbronzatura se ne era già andata ed era rimasto il mio solito colorito pallido. Certe volte sembravo proprio malata.

Non avevo mai capito questa "tradizione" – se così vogliamo chiamarla - di prepararsi particolarmente con cura per il primo giorno di scuola rispetto a tutti gli altri giorni, ma era sempre stato così e certamente per me non era diverso. Neanche dovessimo far colpo su qualcuno. Mi guardai per intera allo specchio, non mi consideravo certo brutta: non ero molto alta, circa un metro e sessanta ma avevo un fisico abbastanza magro e con le curve al punto giusto e questo mi faceva sembrare almeno in minima parte slanciata. Avevo la pelle chiara, e i capelli lunghi e mossi di un castano molto scuro. Gli occhi di un bellissimo azzurro/verde, quelli si che mi piacevano. Insomma facevo la mia figura e per questo ringraziavo mamma e papà, anche se sappiamo come siamo noi donne, non siamo mai contente di noi stesse, ci vorremmo sempre diverse. Nonostante non mi lamentassi del mio aspetto non ero nemmeno una di quelle ragazze che andavano in giro mettendolo in mostra.

Presi lo zaino e scesi di corsa le scale in ritardo come al solito. Non feci colazione come era mia abitudine, se ci fosse stato tempo l'avrei fatta alla pasticceria vicino scuola, meritava tutti i grassi che avrei potuto prendere mangiando quelle paste buonissime, ma ipercaloriche. Salutai mia mamma e mi incamminai verso scuola a piedi perché come da abitudine mio padre non mi aveva aspettato prima di andare a lavoro.

Arrivai davanti scuola e pensai subito che era una vera rottura che le vacanze fossero volate e che dovessimo già rientrare, una vocina dentro la mia testa aggiunse però che era solo il primo giorno di nove lunghi mesi. Niente da fare, dovevo farmene una ragione e trascorrere ogni giorno al meglio possibile, o non sarei arrivata in fondo. Quando i pensieri nella mia testa si interruppero mi venne in mente che dovevo cercare Sara che doveva essere là fuori da qualche parte.
All'entrata di scuola riconobbi subito alcune ragazze che erano in classe mia, le solite ochette molto belle ma senza cervello, che ci provavano spudoratamente con tutti e tutti cadevano ai loro piedi: Azzurra Cantini, la 'leader' del gruppo, se così volevamo definirla e ai suoi lati Martina Dani e Erica Bandini. Peccato fossero belle quanto antipatiche. Avete presente il tipico trio di cheerleader nei college americani? Ecco, loro più o meno potevano sembrarlo. Non eravamo mai state amiche, sinceramente non le avevo nemmeno mai considerate compagne di classe, erano più che altro delle ragazze con le quali condividevo le ore di scuola. Passavamo il tempo ad ignorarci ed andava benissimo così.
Mi girai di lato, per cercare di scorgere la fluente chioma bionda di Sara in mezzo a quella massa di studenti ma ... rimasi di sasso. Lui, Riccardo Bianchi, era lì bello come il sole: indossava un paio di pantaloni neri non troppo stretti che gli ricadevano perfettamente sui fianchi e che slanciavano ancora di più la sua figura, nonostante fosse così alto e ben fatto che non ne aveva assolutamente bisogno. Una maglietta bianca con sopra una stampa, tanto aderente che permetteva perfettamente a tutte di vedergli gli addominali, forse era addirittura possibile contarli. Sopra la maglietta indossava una giacca di pelle nera e teneva in mano il casco della sua Ducati, in spalla lo zaino, anch'esso nero. Aveva un'aria molto da duro e poteva benissimo sembrare uno dei due agenti di "men in black", un "man in black" molto, molto bello. Era una bellezza che non si poteva smettere di guardare o almeno io non ci riuscivo: capelli neri come la pece, rasati ai lati e un ciuffo lungo spettinato ad arte, e poi quegli occhi, profondi come il mare, di un blu intenso, troppo intenso, dentro i quali ti ci saresti potuta perdere dopo essere stata un instante più del dovuto a fissarli. Già lo sapevo che sarebbero stato la mia rovina.                                          Quanto mi sarebbe piaciuto avere quegli occhi su di me, su tutto il mio corpo, e le sue mani, la sua bocca, la sua lingua. Quanto mi sarebbe piaciuto avvolgerli le mie gambe snelle attorno alla vita, abbracciarlo e sentirmi sussurrare parole dolcissime all'orecchio con quella voce sensuale che aveva. E poi, quel sedere che si ritrovava era veramente troppo anche solo da osservare da lontano.
'Cavolo Matilde, cosa ti prende? Calma i bollenti spiriti e vedi di riprenderti, altrimenti finirai per svenire proprio qui davanti a lui'.
'Già, lo so anche io questo. Solo che, come fai a mantenere la calma quando ti ritrovi davanti ad uno come lui?'                                                                         Un momento... da quando parlavo con la mia io interiore? Stavo ufficialmente impazzendo ed il primo giorno non era nemmeno iniziato.                             Riccardo stava con quelli del quinto, anche se quell' anno ci saremmo ritrovati in classe nostra sia lui che il suo fedele braccio destro, Federico Volpi, perché l'anno prima erano stato bocciati e avrebbero dovuto ripetere il quarto.
<< Ehi Mati >> c'era qualcuno che mi stava chiamando per caso?! << Matii! >>
Sentii chiamare ancora il mio nome ma di nuovo non risposi, ero totalmente incantata a fissare quel Dio greco, anche se avrei dovuto smetterla perché alla fine qualcuno se ne sarebbe accorto.                                                                   << Terra chiama Matilde Ferrari >>, di nuovo il mio nome.
Cavolo, era Sara!                                                                      << Ehi ciao Sara >> sorrisi, << Dio tesoro quanto mi sei mancata >> le dissi e poi l'abbracciai.

Lei ricambiò l'abbraccio, ma quando si staccò da me mi guardò con un espressione piuttosto perplessa.
<< Amica sei impazzita? Anche a me sei mancata molto ma ci siamo già salutate ieri pomeriggio. Ricordi? Dove hai la testa, è successo qualcosa? >>                                                              Fece finta di niente, ma lo sapevo che mi aveva beccata a fissare il bad boy e che già sapeva dove avevi la testa.

<< Io? No niente! >>

<< Matilde riprenditi! Ricomincia a respirare e fammi un favore, non gli svenire davanti perché vorrei evitare queste brutte figure subito il primo giorno. Ti conosco e so che ne saresti capace. >>

<< Ma che stai dicendo? A chi dovrei svenire davanti? Di che parli? >>
Alla faccia del fare finta di nulla, quella mattina non sapeva nemmeno dove stava di casa.

<< Mati ma che hai? Ti stavi mangiando con gli occhi il Bianchi, se continui così quest'anno non lo affronti proprio. Devi stare attenta perché lui attira le ragazze come una calamita, se le porta a letto e dopo sbam, arrivederci e grazie, anche se questo dovresti saperlo. Pensavo che ti fosse passata quest'estate dopo che mi hai raccontato di quel ragazzo che hai conosciuto in campeggio, ma forse mi sbagliavo di grosso. >>                                                                                          Mi guardò seria ancora come per ricordarmi che Riccardo per me era off limits poi però mi sorrise.

<< Sì, hai proprio ragione >> dissi, e aveva ragione sul serio, << ma tranquilla, mi è passata sul serio la sbandata per lui. Non ho nessuna intenzione di andare a infilarmi in situazioni più grandi di me. >> Non so quanto le potessi sembrare sincera a dire il vero. La verità era che nemmeno io ne ero convinta.
<< Su! Andiamo in classe adesso >>aggiunsi, prendendola a braccetto e dirigendomi dentro la scuola.

Dimmi che vuoi stare con me. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora