Chapter 11: Cuts

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Tornai a casa dopo scuola. Per miracolo divino non ci avevano dato compiti quindi mi sarei rilassata. Avevamo deciso con mamma che saremmo andate tutte assieme, quel pomeriggio, a iscrivere me e Madison a una scuola di danza molto buona di Sidney.
Parlando di Madison, dovrei proprio parlarci! Salii le scale e arrivai davanti alla porta di camera sua. Sentivo dei singhiozzi strozzati e qualcuno che tirava su con il naso. Entrai, fortunatamente e allo stesso tempo sfortunatamente, in camera e trovai Madison con in mano un lametta e il braccio tutto insanguinato. Non poteva essere vero, si stava tagliando a undici anni. Non doveva.
Era bianca come la carta e io, in preda al panico iniziai a urlare e a piangere. Ero sola in casa e non sapevo cosa fare con mia sorella che stava perdendo i sensi. Istintivamente presi il cellulare e avviai la chiamata.
«Ehi Ari!» disse l'angelo dall'altra parte del telefono.
«Luke aiutami, ti prego!» dissi singhiozzando.
«Ariel, che è successo? Dove sei?» si agitò.
«Sono a casa, Madison si è tagliata con una lametta e non so come portarla all'ospedale. Non avrebbe dovuto farlo! Aiutami ti prego!» urlai in preda ad una crisi isterica.
«Arrivo Ari, aspettami e tranquillizzati.» staccò la chiamata agitato.
Madison aveva undici anni ma, essendo parecchio alta, pesava abbastanza e io non ero molto forte per portarla al piano inferiore. I minuti sembravano ore e c'era in gioco la vita di mia sorella. Più il tempo passava, più la scoprivo. Mi assomigliava molto, stessi lineamenti, stesso naso, stesse labbra rosee e grandi. I suoi capelli marroni erano legati in una coda e i suoi occhioni verdi erano chiusi. La sua pelle pallida mi stava facendo impazzire, convincendomi sempre di più che fosse colpa mia se lei aveva fatto una cazzata simile. Il taglio, che a me sembrava molto profondo, buttava tantissimo sangue. Suonarono al campanello e corsi ad aprire. Entrarono tutti e quattro i ragazzi e io corsi ad abbracciare Luke disperata. In quel momento avvero bisogno solo di lui. I ragazzi salirono in camera di mia sorella e scesero due minuti dopo con Madison in braccio. La caricarono in macchina e, dopo essere salita con loro ed essermela messa sulle gambe, Ashton mise in moto e sfrecciò verso l'ospedale. Il sangue mi impressionava davvero tanto, avevo paura dei tagli. Arrivammo all'impianto dopo dieci minuti. Mia sorella aveva perso i sensi ma il suo battito, anche se debole si sentiva. Calum la prese in braccio e la portò dentro seguito da noi. Spiegammo la situazione ai medici e subito la trasferirono in una stanza apposita. Nel frattempo avevo chiamato mia madre che, con la sua solita ansia, si stava catapultando qui. Mi sentivo in colpa. Appena arrivò, mia madre, iniziò a prendermi a parole, dicendo che ero un'irresponsabile, che dovevo stare attenta, che dovevo chiamarla subito e cose varie. Mi sentivo già male di mio e, sentirmi sbraitare contro non era affatto confortante. Corsi fuori piangendo, dopo aver congedato tutti con un "È solo colpa mia!" urlato. Iniziai a correre verso la spiaggia, l'unico posto che poteva calmarmi. Iniziai a piangere. Ero un errore, un disastro, un'imperfezione vivente. Rimasi li a lungo. Sentii dei passi raggiungermi. Alzai gli occhi appannati dalle lacrime e vidi Luke guardarmi. Non saprei come spiegare la sua espressione. Tra il preoccupato e il comprensivo. Si sedette vicino a me senza dire niente. Avevamo entrambi bisogno di silenzio. Ad un certo punto mi abbracciò d'istinto, come se non ci fosse un domani. Iniziai a sfogarmi facendo uscire migliaia di lacrime accumulate durante i miei momenti di dolori. Staccatosi dall'abbraccio, Luke mi prese il viso tra le mani e fissò il suo sguardo nel mio. Iniziò ad asciugarmi le lacrime sulle guance che non volevano smettere di scendere. Ero rimasta fissa a guardare i suoi smeraldi che non mi accorsi che ormai piangevo senza comando. Era istintivo. Come quando stai ascoltando la musica e non riesci a stopparla. Io stavo facendo uguale con le mie lacrime. Iniziò a baciarmi le lacrime salate che cadevano. Non ci stavo capendo più niente. Mi riguardò negli occhi e, sono sicura, riuscì a vedere la mia fragilità.
«Sei così piccola Ari.» sussurrò, come se avesse paura di spezzare il silenzio che c'era tra di noi.
«Non è colpa tua Ariel, devi saperlo. Non l'hai obbligata tu a fare ciò. Ha voluto fare lei questa cazzata. Mettitelo in testa. Tu non hai colpe!» disse guardandomi.
«Luke, io le ho urlato contro qualche giorno fa, lei stava male a causa mia.» dissi sentendo gli occhi pizzicare di nuovo. No, dovevo essere forte così le ricacciai subito dentro.
«Spiegati meglio» chiese Luke.
«Lei è invaghita per te. Ti ama alla follia ed è da tantissimo tempo che voleva conoscerti. Quando sei venuto a casa mia lei ha interpretato alcuni tuoi sguardi come un amore tra te e lei. Dopo esser venuta a conoscenza di Melissa le ho urlato contro dopo una sua provocazione, dicendo che eri fidanzato e che lei era una bimba di merda e cose varie. Non so perché lo avevo fatto. Forse lo urlavo più a me che a lei. Sta di fatto che ora lei è li e che io sono un disastro. Non combino mai nulla di buono.» dissi afflitta.
«Non sei un disastro Ari, non lo sei.» disse Luke dolcemente serio.
«Stai solo perdendo tempo Luke, io non valgo la pena di combattere. Io non valgo la pena di niente.» dissi sempre più cupa.
«Perché ti butti via così facilmente? Tu ne vali senza dubbio la pena. Non sarei qui altrimenti. Lasciami entrare nella tua vita, Ari, non te ne pentirai. Non puoi sottovalutarti e disprezzarti così, tu vali.» disse Luke convinto.
Lo abbracciai fortissimo e lo baciai in guancia. Mi aveva aiutato molto ma mi sentivo comunque in colpa. Camminammo nuovamente verso l'ospedale. Mia madre si scusò un milione di volte e venni a conoscenza di una cosa che avrei preferito non sapere mai: Madison era davvero molto in pericolo. "È arrivata a tagliare vicinissimo alla vena e ha perso davvero moltissimo sangue. Dobbiamo fare una trasfusione di sangue ma non abbiamo liquido compatibile con il suo." furono le parole dell'infermiera.
«Lo faccio io!» urlai.
Avevo deciso. Dovevo salvarla. Avevo l'agofobia ma mia sorella valeva di più di una stupida paura. Andai nella sala prelievi accompagnata da Luke. Mi prepararono il braccio per prelevare il sangue necessario per salvare Madison. Strinsi la mano al biondo al mio fianco in preda a una crisi di panico.
«Guardami Ari» mi fissò Luke «andrà tutto bene chiaro? Finirai subito, ci sono io con te. Non avere paura.»
Un po mi rassicurò. Sentii un ago infilarmisi nella vena. Un dolore atroce. Iniziarono a prelevarmi il sangue. Mi sentivo male ma dovevo resistere per Madi. Sfilarono l'ago dopo un tempo che a me parve infinito. Mi diedero una bustina di zucchero per recuperare un po di forze. Ero davvero molto debole, sia per la paura che per il prelievo in se. Luke mi accompagnò fuori a prendere un po d'aria.
«Sei stata forte, brava bimba.» disse felice Luke. Sorrisi nel sentire il nomignolo detto da lui. Lo ringraziai e mi alzai. Decidemmo di andare a casa con i ragazzi che erano rimasti a parlare con mia madre, senza paura di essere riconosciuti dalle persone. Andammo nella loro abitazione ma io mi addormentai in macchina. Come la prima volta che ci eravamo incontrati, mi portarono in braccio dentro casa ma, questa volta, fu Ashton ad aiutarmi. Dormii per un bel po e mi svegliai la mattina dopo. Non eravamo andati a scuola, per via dell'accaduto. Alle 10.40 mi chiamò mia madre. Era tutto in bilico. Vita o morte. Felicità o tristezza. Perdita o salvezza. Bentornata o addio. Tutto in bilico.
«Ariel.» disse mia madre, «Madison si è svegliata.»


Eccoci! Allora, è stato un parto questo capitolo, detto sinceramente. Votate e commentate in tanti! Buon sabato a tutti! ❤️

A personal infinity|| Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora