Chapter 18: Please stay

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Mi svegliai la mattina con un sorriso stampato in faccia. Avevo passato la notte con Luke ed era stato tutto stupendo. Non ci eravamo spinti oltre il bacio ma, giuro, mi era bastato per far scatenare un uragano dentro. Oddio, dov'è Luke? Mi girai a controllare se fosse ancora nel mondo dei sogni ma non lo trovai li. Scesi al piano di sotto dopo aver sistemato il letto. Un profumo di pancakes arrivò al mio naso e, varcata la porta della cucina, vidi una figura angelica muoversi tra i fornelli. Era così bello, anche con quel grembiulino da cuoca che indossava. Mi sedetti sul tavolino, con le gambe che penzolavano e aspettai che lui si accorgesse di me. Passarono una decina di secondi quando lui si tolse il grembiule e rimase a petto nudo. Si girò verso il tavolo e sobbalzò leggermente nel vedermi. Scesi dal tavolo e mi avvicinai a lui puntandogli un dito sul petto.
«Ti dona quel grembiulino! Il rosa porcellino è il tuo colore signorina!» sorrisi beffarda.
«Ah si eh? Signorina?» disse lui con un ghigno malizioso. Mi prese in braccio facendomi allacciare le gambe dietro i suoi fianchi, iniziandomi a baciare con foga. Mi fece sedere sopra il tavolo tenendo sempre le sue labbra sopra le mie e iniziò ad accarezzarmi il corpo con le sue lunghe mani.
"Impazzirai."
Lo so, sto già impazzendo!
Mi riprese in braccio e mi portò sopra il divano bianco del salotto. Mi fece distendere e iniziò a baciarmi il collo. Arrivò nel punto cruciale, la parte sotto l'orecchio. Scese più giù e inizio a lasciare il suo marchio sulla mia pelle. Ansimavo come una che aveva corso una maratona.
"Non hai un minimo di resistenza."
Taci. Sto godendo anche così.
Continuò per un po poi si staccò da me e mi guardò negli occhi.
«Signorina eh? Io non credo bimba.» mi baciò a stampo. Si alzò da me sorridendo e andò di nuovo in cucina. Mi alzai anche io e andai davanti allo specchio dell'entrata. Mi guardai il collo e vidi uno, due, tre succhiotti grandi e violacei. Mi piacevano tantissimo. Mi avviai in cucina e posai una mano sulla spalla di Luke che stava seduto su una sedia. Si girò di scatto.
«Io ho tre succhiotti, tu non ne hai nemmeno uno. Quindi ora tocca a me.» dissi iniziando a baciargli il collo. Lasciai il mio segno e mi staccai. Mangiammo, parlando di noi. Di ciò che eravamo.
«Scusami per quella volta che ti ho fatta soffrire. Avevo paura. Sono un cantante e giro sempre il mondo. Non posso darti tutto ciò che vuoi, ecco perché ti ho rifiutato l'altra volta.» disse guardandomi.
«Le cose non sono cambiate Luke. Eri tu tutto ciò che volevo e lo sei ancora. Mi basti tu. E ora che partiremo in tournée assieme non devi temere niente. Io non ho paura.» gli presi la mano.
«Allora ci proviamo? Facciamo qualcosa di serio?» puntò i suoi occhi sui miei.
«È una proposta? No, perché non capisco ciò che vuoi dire.» divagai io.
«Si, è una proposta. Vuoi essere la mia ragazza?» strinse ancora più forte la mia mano.
«Non aspettavo altro.» mi alzai e andai a baciarlo dolcemente. La mattinata passò tranquilla. Pranzammo con un panino poi uscimmo a fare un giro. Andammo al centro commerciale e Luke si trasformò in SONOUNVIPNASCONDETEMI. Girammo negozi in tutta tranquillità poi ci fermammo alla caffetteria del centro commerciale per prendere un frullato. Tornando a casa mi arrivò una chiamata dal cellulare di mia madre. A pensarci bene, era dalla sera prima che non la vedevo e che non avevo sue notizie.
«Ciao mamy!» portai il cellulare all'orecchio.
«Lei è la figlia di Michaela? Ariel?» chiese un uomo dall'altra parte del telefono. Chi era? E perché aveva il cellulare di mia madre?
«Si, ma mi dica chi è lei e perché ha il cellulare di mia madre.» dissi agitata. Luke mi vide e si preoccupò. Misi il vivavoce e l'uomo parlò.
«Sono il dottor Steward. La prego di venire subito in ospedale, sua madre e le sue sorelle hanno avuto un incidente stradale.» riattaccò.
Luke mi guardò. Io alzai gli occhi e iniziai a correre verso casa. Correvo, correvo senza sosta e mi fermai soltanto davanti al cancello di casa mia. Avevo gli occhi appannati dalle lacrime e l'affanno per la corsa ma non mi interessava. Dovevo correre dalla mia mamma e dalle mie sorelline. Luke mi raggiunse in un secondo e salimmo entrambi sulla sua decappottabile nera. Sfrecciò per le strade di Sidney e arrivammo subito all'ospedale. Appena entrata fermai la prima infermiera che trovai e le chiesi informazioni sulla mia famiglia. Seconda porta, terzo piano. Corsi su per le scale con Luke che mi seguiva a ruota. L'ansia mi divorava. Arrivammo davanti la sala ma non era una camera normale. Li c'erano mamma e Madi attaccate con dei tubi a un macchinario che dava la frequenza del battito cardiaco delle due. Erano entrambi molto deboli ma, quello di Madison, era quello messo peggio.
Combatti sorellina. Combatti cazzo!
Mi misi a piangere come una pazza e Luke mi abbracciò. Gli bagnai la maglia con le mie lacrime ma lui non sembrò importarsene. Restammo in ospedale tutta la notte. Mentre stavo riposando con Luke su una sedia, un medico mi svegliò lievemente per potermi parlare.
«Lei è Ariel vero? Io sono il dottor Steward. Le racconto i fatti. La sua famiglia stava tornando a casa ma un camion gigante ha tagliato la strada e la macchina di sua madre ci si è schiantata. Purtroppo non ci sono miglioramenti. E devo dirglielo per rispetto, sua madre e sua sorella stanno rischiando molto.» mi strinse la spalla con un sorriso amaro. Scoppiai a piangere.
«Ma.. Ma Lucy? La mia sorellina piccola? Dov'è?» chiesi straziata.
«Non ce l'ha fatta, signorina. Lei se ne è andata.» mi guardò triste il medico.
«No.NOO. Non può essere vero! Era così piccola e così indifesa! Perché? Perché Dio? Perché?» urlai in preda al dolore. Luke mi abbracciò e io mi sfogai sulla sua spalla. Mi fermai solo quando, stanca, mi risedetti sulla sedia e mi addormentai. Sonnecchiai una mezz'ora poi mi svegliai. Luke dormiva e io non volevo svegliarlo. Cercai il medico che mi aveva raccontato l'accaduto e gli chiesi se potessi vedere la mia sorellina. Fu un attimo titubante ma poi acconsenti capendo il mio dolore.
«Se mi scoprono me la faranno pagare. Ma capisco il suo dolore.» mi disse.
«La prego, mi dia del tu, dottore. Non posso sopportare anche la formalità. Farò veloce ma, la prego, me la faccia salutare!» dissi cercando di non piangere. Entrammo nella stanzetta di Lucy. Non c'era luce, se non quella del sole che stava sorgendo. Scoprii il suo corpo dal lenzuolo e crollai in ginocchio piangendo lacrime amarissime. Il suo viso, il suo corpo, le sue manine, i suoi piedini. Tutto rovinato. Il suo petto non si alzava né si abbassava. Era davvero morta. La mia piccola sorellina. Non ce la facevo più e corsi via da quella stanza. Corsi verso l'uscita, passando davanti a Luke che si stava svegliando. Quando mi vide scattò in piedi e cercò di fermarmi. Fuggii di fuori e andai nel giardino dell'ospedale. Iniziai a piangere. Non avrei scordato quella scena mai più. La mia piccola. La mia vita. Tutto a puttane. Luke venne li e mi abbracciò. Non parlò e gliene fui grata. Tornammo al piano superiore, dove c'erano mia mamma e Madi. Il battito di Madi si stava affievolendo sempre di più.
«No Madi. Non anche tu!» dissi singhiozzando.
Biiiiiiip.
Addio Madi.
«Dottore! Infermiera! Venga qualcuno vi prego!» urlai sbattendo le mani sul vetro. Accorse il dottor Steward ed entrò in sala. Provò, con altri infermieri, a fare il massaggio cardiaco alla mia sorellina ma non ci fu modo per salvarla. Vedere il suo corpicino alzarsi sotto le scosse del massaggio cardiaco faceva malissimo. Poi la notizia della sua morte fu ancora più dolorosa. Anche lei. Anche lei se ne era andata. Prima Nicholas. Poi mio padre ci abbandona. Poi muore Lucy. Poi muore Madison. Vi prego svegliatemi da questo incubo. Non avevo più forze. Entrai in sala e mi sedetti vicino a mia madre. Il suo battito, anche se debole, c'era.
«Mamma. Ti prego. Non lasciarmi anche tu. Sei tutto per me. Non te ne andare perfavore. Lucy e Madi non ce l'hanno fatta ma tu devi combattere, okay? Fallo per me. Fallo per loro. Ti prego.» strinsi la sua mano.
«Non smettere di combattere mai.» sussurrò una voce. Alzai gli occhi e vidi che mia madre aveva detto quelle parole.
Biiiip.
Le sue ultime parole.
«No. Mamma. Mamma non te ne andare. No. Mamma!» urlai. Il medico entrò e mi trascinò fuori a forza.
«Uccidetemi! Seppellitemi con lei, con loro! Non posso sopportare tutto ciò!» urlai a squarcia gola. Luke mi portò fuori di nuovo. La mia vita non avevo più senso. Se ne era andata anche lei e allora io mi chiedevo: che cazzo vivo a fare?



Abbassate i forconi, chiedo umilmente perdono! Eh niente ragazze ho dovuto farlo per forza, mi avrebbe aiutata con i capitoli seguenti.. Fatemi sapere che ne pensate, sto parecchio demoralizzata.. Kiss❤️

A personal infinity|| Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora