La campana inizio a battere mezza notte nella città di Montgomery in Alabama, le strade della grande città, erano aglomerate come alle ore di pomeriggio, tranne la Carter Hill Street, che tutti evitavano. La strada buia, circondata da vecchi edifici mezza crollati. Nessuno prendeva quelle strade, se non ragazzini drogati o vecchi barboni, qualcuno non era però in tono con la descrizione, un uomo alto, con il viso coperto da il cappuccio della giacca nera e con un aria costosa. Il uomo si incamminava lungo la Carter Hill Street a grandi passi facendo scrocchiare la neve sotto i piedi. Si avicino a un edificio grande, l'unico edificio della Carter Hill che era ancora in piedi. Il uomo si fermò davanti alle scale guardando la scritta con grandi lettere nere sulla parete del edificio, "L'istituto Fairwale". La grande porta di ferro si aprì con un grido, e una siluete si fece l'apparizione sulla soglia, una donna gli fece segnio con la mano al uomo, e questo la seguì dentro l'istituto. La porta si chiuse con un altro grido, e i due sparirono nel misterioso edificio.
-Ce ne voluto di tempo signore Winterhole, vi aspetto da tanto.
Disse la donna arriciando il naso disturbata, mentre si faceva seguire lungo un grosso corridoio.
-Mi dispiace il ritardo, signorina Timberlake.
-Helena, per favore. Lo sai che mi fa sentire vecchia essere chiamata Timberlake.
Ridacchio la donna, aprendo la porto di una stanza, un studio. L'uomo si sedette guardando l'interlocutore da più vicino ora che c'era più luce. La donna era abbastanza bella, con un viso delicato, una chioma di capelli chiari e dritti che gli arrivavano alle spalle e luminosi occhi maroni, del resto aveva dettagli comuni, niente di particolare. Il uomo si tolse il cappello lasciando cadere sul viso un ciuffo fi cappeli castani e bagniati. Si tolse la giacca e si mise comodo, guardando la donna negli occhi pronto a una lunga discussione.
-Allora Helena, cosa era così importante da farmi venire nel cuore della notte?
Chiese l'uomo su un tono poco infastidito.
La donna si butto i capelli al indietro e si bagnio le labbra prima di iniziare a parlare.
-Ho un grosso problema, Alan, e tu sei il unico che mi può aiutare.
Il signore Winterhole sembrò un po scosso dalle parole della donna.
-Spero che non è quello che penso, Helena....la ragazza..
-No, no! La ragazza non sa niente delle sue origini, qui non si tratta di lei, ma di un altro studente.
Salto la donna tranquilizando l'interlocutore.
-Vedi, questa sera mi sono resa conto della mancanza di qualche scartoffie...al inizio non mi sono resa conto cosa mancava, poi ho capito l'importanza del problema, i fogli mancanti sono tutti queli che erano legati a un certo studente...
-Pensi che loro...
-Si...e terribile Alan, ma penso che loro sono tornati, e che hanno preso di mira l'istituto. Sono stati qui.
Disse la donna iniziando quasi a tremare.
-Non dobbiamo allarmarci, forse ci sbagliamo.
Cerco il uomo di tranquilizarla.
-Mi sono mai sbagliata io?
Chiese la donna guardando negli' occhi il signore Winterhole, che rabrividi subito. I due sembravano terrorizzati.
-No..Non ti sei mai sbagliata.***
Stava davanti allo specchio spazolando i lunghi capelli marroni e boccolati, la fronte corrogata mentre analizzava il proprio viso. Porto le dita sotto a gli grandi occhi verdi e tocco la pelle liscia, dove si trovava un grande livido scuro, verdastro. La porta si aprì interrompendo Emma .
-Hey...dovresti fare il letto. Fra una mez'ora ce il controllo, sai quanto è dura la vecchia.
Brontolo l'amica e compagnia di stanza, Maurine.
Si alzò e si girò verso l'amica con il dito verso l'occhio.
-Lo so...e lei che mi ha fatto questo.
Maurine agrotto la fronte e si avicino a l'amica.
-Cosa hai fatto questa volta?
La ragazza sorrise divertita, buttandosi sul letto.
-O saltato il corso di latino.
Disse Emma girando gli'occhi.
Maurine sembrava scettica, guardando l'amica. L'istituto Fairwale era molto duro con tutti i suoi ragazzi, ma sopratutto con Emma, che aveva un grande talento nel farsi odiare dagli supervisori e un grande piacere nel infrangere le regole, ma Emma non era comunque l'unica a avere problemi , anche ragazzini perfettamente obbedienti non riuscivano facilmente a scappare alle punizioni.
-Su forza, sistemiamo un po qui.
Disse in fine Maurine. Emma butto un ultimo sguardo allo specchio, doppo di che iniziò a sistemare la fodera del letto.
-Pensi che oggi ci faranno scendere per colazione?
Chiese Maurine appoggiando una mano su la pancia brontollante. Emma si limito a fare spallucce , anche il suo di stomaco brontolava, ma non sperava in una colazione, lei aveva comunque da lavare dei vestiti giù in lavanderia, come punizione per la suo ultima bravata. Le due ragazze finirono di sistemare tutto, quando la porta si aprì.
- Meckenzi, tu vai subito giù, la signora Grindway ti aspetta in lavanderia.
Disse una voce rocca e dura. La vecchia Taterin, una dei supervisori più duri di tutto l'istituto Fairwale. Una donna piccola con la schiena perfettamente piegata a forma di C.
-Buon giorno anche a lei...
Disse Emma ironicamente. Per sua fortuna la vecchia non la senti , ma chiuse la porta e se ne andò. Emma si infilò velocemente un paio di jeans neri e una T-shirt blu, si allacio le scarpe e corse di sotto lasciando Maurine sola in stanza. Scese tutte le scale fino ad arrivare nel corridoio davanti alla lavanderia, ma non entrò subito, doveva aspettare. Dal altro lato del corridoio si sentirono passi ed Emma non fece che sperare che era chi pensava lei che fosse. Una siluete alta e svelta si fece l'apparizione davanti a lei, i cappelli spettinati, neri e ricci, gli occhi azzurri chiari, e le labbra accordate in un sorisetto buffo.
-Ciao Em.
La ragazza gli diede uno spintone infuriata.
-Sei in ritardo...se non arrivò in lavanderia in cinque minuti...
-Lo so, lo so...scusa.
Si scuso Parker, alzando le mani in segnio di noncolpevoleza verso l'amica. Si incontravano sul corridoio ogni matina da quando erano molto piccoli, e Parker faceva sempre in ritardo, era ormai un abitudine. Emma e Parker allogiavano al istituto sin da poco dopo la nascita, mentre compagni di stanza e alti amci loro si trovavano qui solo da qualche anno, loro avevano la fortuna di aver incontrato i loro genitori, potevano descriverli , sapevano da chi avevano preso il colore di cappelli, gli occhi, mentre Emma e Parker no. Loro non potevano che sperare di scoprire un giorno perché i loro genitori non gli volevano, perché erano qui, al'istituto, questo gli legava tanto, le stesse domande che le apparivano nella testa, i due erano cresciuti insieme, ed erano inseparabili.
-Mi dispiace che non puoi fare colazione con noi...
Disse Parker avvicinandosi a Emma e toccando piano l'occhio nero della ragazza .Come sempre, Parker cercava di proteggerla, si sentiva responsabile per ogni lacrima che scivolava sulle sue guance, ma Emma era diversa, non riusciva a stare lontana dai guai, far' arrabbiare i supervisori era il suo unico divertimento, il suo unico sfogo di tutta la rabbia che si raccoglieva dentro.
-Non fa niente, mi ci sono abituata ormai. Posso aspettare fino a pranzo.
Disse lei, allontanando la mano del ragazzo. Parker era con due teste più alto di Emma, anche se lei non era certo bassina.
-Ho qualcosa per farmi scusare il ritardo.
Sorrise il ragazzo tirando fuori dalla tasca una baretta di cioccolata, la porse alla ragazza che rispose al sorisso.
-Grazie.
Disse lei prima di aprire la porta della lavanderia. Fece un cenno con la mano in segnio di saluto e si chiuse la porta dietro. Parker spari sul corridoio lungo, incamminandosi verso la mensa.
***
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La lotta degli angeli
FantastikQuando tutto quello che conosci ,tutto il mondo che ti circonda cade a prezzi, cosa fai per sopravvivere? Se rimani completamente solo, in un mondo sconosciuto, di chi puoi fidarti, se ormai non sai più nemmeno chi tu stesso sia? Devi lottare, versa...