CAPITOLO CINQUE

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la sveglia suonò e io sobbalzai sul letto. Lunedì; l'inizio della mia tortura. Mi alzai e sgattaiolai in bagno per farmi una doccia veloce. Non avevo passato una notte tranquilla a causa dei miei ricorrenti incubi e quindi mi sentivo sudata. Ormai, da quando mia madre non c'era più, la notte si trasformava nel mio piccolo inferno personale, come se non avessi già abbastanza problemi durante il giorno. Cercavo in continuazione di ripetermi di essere forte, che prima o poi le cose brutte sarebbero finite per lasciare spazio a quelle belle. quanto mi sbagliavo. 

Decisi di vestirmi in modo semplice con un paio di jeans chiari, una maglia verde con scollo a "V" e maniche lunghe e un paio di converse bianche. Raccolsi i capelli in una coda di cavallo e mi truccai con una leggera linea di eyeliner, un filo di matita e un po'di mascara. Mi guardai allo specchio soddisfatta di come mi vedevo anche se con due occhiaie estremamente grandi. Le mie amate occhiaie, che non mi abbandonavano più da molto tempo.

Presi uno zaino e lo riempii con un astuccio contenete qualche penna e matita, un diario e qualche quaderno che avevo trovato nei cassetti sotto la scrivania. Scesi al piano di sotto di corsa per andare in sala da pranzo per fare colazione. Entrata nella stanza trovai Teo che sorseggiava una tazza di caffè fumante <<buongiorno>> dissi arrossendo. Non rispose. Mi versai una tazza di the e presi dei biscotti da immergere dentro. sarà arrabbiato con me? pensai triste. << Camille, a scuola non parlarmi, non guardarmi e fai finta di non conoscermi>> disse ad un tratto seriamente. Lo guardai sbigottita e per poco non mi andò di traverso un biscotto <<O-ok>>. sta scherzando vero?. Sentii il nervoso che mi stava arrivando. Matteo buttò giù l'ultimo sorso di caffè <<andiamo>> disse alzandosi dalla sedia e uscendo dalla sala da pranzo con il volto serio. A bocca aperta lasciai metà colazione sul tavolo e lo seguii verso il giardino dove ci aspettava un auto. <<Ciao Gianni>> disse Teo. <<Buongiorno signorino>> aggiunse l'uomo appoggiato alla vettura. Doveva avere all'incirca cinquant'anni, capelli grigi, occhi azzurri e rughette sparse sul viso; mi sembrava di averlo già visto prima di allora. Gianni mi guardò in modo curioso. <<lei dev'essere la signorina Camille. piacere, io sono Gianni, l'autista>>. cavolo, anche l'autista! Pensai chiedendomi quante persone lavoravano in quella casa. Gli annuii timidamente e salii in macchina accanto a Teo. <<dove sono Elisabeth e Luca? >> domandai a Matteo in un sussurro. <<sono già a lavoro. Sono tutti e due avvocati, stanno poco a casa.>> non risposi. Ora capivo da dove veniva tutto il lusso di quella famiglia. Restai attenta a tutto il tragitto per ricordarmi la strada verso la scuola. <<Gianni, da oggi in poi lasciaci all'angolo della scuola e vieni a riprenderci li>>disse Teo a un certo punto. Sia io che Gianni lo guardammo perplessi. allora fa sul serio pensai sempre più arrabbiata. Una volta arrivati al "famoso" angolo Gianni ci salutò e andò via. Matteo si incammino verso scuola. <<aspetta, non so dove andare>> urlai a Teo. <<Vai in segreteria e chiedi in che classe sei>> mi rispose lui senza girarsi. bene, grazie, molto gentile urlai dentro di me.

Sospirai e pian piano mi diressi verso la casa del diavolo, ovvero la scuola. Era un edificio maestoso,fuori dal comune con i suoi grandi mattoni rossi e le finestre con i bordi neri e spessi. Lo osservai per bene prima di decidere di muovermi.

Arrivai davanti al grande edificio scolastico spaesata e in preda al panico. Ero sola. Di nuovo.
Dovevo trovare la segreteria in poco tempo. dai Camille, calma! cerca qualcuno e chiedi informazioni.

un amore imprevisto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora