CAPITOLO VENTUNO

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Seguii Matteo nell'atrio dell'hotel dove cerano Luca ed Elisabeth che ci aspettavano. Quel giorno avremmo visitato Buckingham Palace e Hyde Park, ma non mi interessava più di tanto, perché il mio pensiero costante era Teo. Volevo trascorrere bene quella vacanza con la mia nuova famiglia e quindi dovevo chiarire, almeno temporaneamente, con lui. Sicuramente il mio umorismo non era dei migliori e Elisabeth se ne accorse subito 《 Camille, non ti senti bene?》 mi domandò mettendomi una mano sulla spalla. "no, tuo figlio mi sta facendo impazzire" avrei voluto dirle, perché era la verità in fin dei conti. 《 va tutto bene; sono solo un po' stanca a causa del viaggio》 le risposi sorridendo. Il mio sguardo si posò su Matteo che mi stava guardando male. Sospirai e mi feci forza per affrontare quella giornata.

Durante tutta la giornata a Buckingham Palace, Teo non si avvicinò mai a me, ne mi parlò o guardò. Avrei dovuto affrontarlo io quindi; senza paura ne timori. Prima di andare a Hyde Park  andammo a mangiare in un fast food; li avrei tentato di parlare a Matteo. Mentre Elisabeth e Luca andarono a ordinare, tentai di avere una conversazione tranquilla con lui. Presi coraggio e mi autoconvinsi che era una buona idea 《Teo, senti...》 cercai di dire, ma, proprio in quel momento arrivarono i miei genitori adottivi con i vassoi con il pranzo. "primo tentativo fallito" pensai tristemente, avevo passato troppo tempo a ragionare su come iniziare una conversazione con lui.

Per il resto del pranzo, pensai a cosa e a come avrei potuto dire. La mia mente, però, non era abbastanza razionale per ragionare come avrebbe dovuto; il mio cervello era compromesso dal mio stupido cuore da ragazzina. una parte di me, Infatti, avrebbe voluto dirgli tutta la verità, mentre l'altra parte avrebbe voluto mandarlo a quel paese.

Arrivati a Hyde Park, i miei nuovi genitori si incamminarono lungo un vialetto, lasciando me e Matteo leggermente indietro. "riproviamoci" pensai speranzosa 《Teo, possiamo parlare?》 gli chiesi abbassando la testa e guardandomi i piedi. Un silenzio che sembrò durare un'eternità mi fece rialzare lo sguardo. Matteo se ne stava andando. Molto probabilmente non aveva nemmeno ascoltato ciò che avevo detto, oppure, era talmente arrabbiato -senza motivo- che non mi voleva parlare. "secondo tentativo fallito clamorosamente" pensai rassegnata. Ormai avevo capito che non sarei riuscita a parlargli, quindi raggiunsi Elisabeth e gli altri e cercai di trascorrere la giornata nel miglior modo possibile, anche se ormai non sarebbe andata tanto bene.

La cena fu il momento peggiore. Elisabeth aveva annunciato allegramente che, il giorno seguente, lei e Luca avrebbero trascorso una giornata da soli, per rilassarsi e, di conseguenza, io e Matteo saremmo dovuti restare insieme. Quando disse tutto ciò rischiai quasi di strozzarmi con l'acqua e Teo corrugò la fronte interdetto, ma non disse niente. Iniziai a farmi mille paranoie dato che non ero riuscita a parlare con lui e quindi non sapevo cosa aspettarmi per il giorno dopo.

Fui la prima a corricarmi, in quanto ero veramente sfinita. Mi distesi sul letto sospirando e guardai l'orologio. Erano le 20.47 . Decisi di provare a dormire prima che arrivasse Matteo, così non avrei rischiato di parlargli. Chiusi gli occhi e pensai a mia madre; era così bella la mia vita quando eravamo solo io e lei. Ora, invece, per uno studio bambino viziato la mia vita era diventata una tortura.

"ero come al solito appena tornata a casa da scuola. A Parigi non c'era una giornata di sole da settimane ormai, ma quel giorno, diversi raggi di sole illuminavano le strade della città. Decisi di allungare la strada di ritorno per godermi il calore di quel caldo pomeriggio d'ottobre. Alla mamma non sarebbe dispiaciuto, dopotutto era lei che mi diceva sempre di stare all'aria aperta per respirare la libertà.

Appena finii il mio giro rilassante per il viale che portava a casa mia, mi decisi a tornare, dopotutto ero molto stanca per via della scuola. Entrai in casa saltellando e mi guardai in torno cercando con lo sguardo mia madre, ma non la vidi. Mi apparve strano, dato che era sempre in cucina a preparare la merenda quando tornavo. 《 mamma, sono tornataurlai prima di togliermi il giubbotto e le scarpe. Nessuna risposta. 《mamma?>> Chiamai pensierosa. Non poteva essere uscita perché le chiavi di casa e il giubbotto erano vicino all'entrata. Mi diressi verso la sua camera un po' titubante; la porta era chiusa. Bussai, ma non rispose, allora decisi di entrare senza permesso per controllare se stava dormendo

. Urlai, urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Mia madre era distesa a terra, con gli occhi aperti, ma non respirava, si vedeva chiaramente. Mi avvicinai a lei e provai a scuoterla 《mamma! mamma, rispondimi》. Iniziai a piangere, mi mancava il respiro. Mia madre non rispondeva e il suo corpo era freddo; senza vita. La vista mi si annebbiò e mi sentii mancare..."

Stavo urlando e sudavo freddo 《Camille, calmati!》 urlò Teo che mi stava tenendo ferma. 《 guardami Camille, sono qui! era solo un incubo》 continuò preoccupato. Avevo il fiatone e il battito del mio cuore era molto accelerato. Un incubo? quello non era solo un incubo; quello era anche il mio passato. Guardai Matteo con gli occhi spalancati e le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Rivedere quella scena, anche se in sogno, mi faceva paura, mi tormentava. Teo si sedette sul mio letto e mi prese fra le sue braccia. 《 stai tranquilla, ci sono io qui con te》 mi sussurrò all'orecchio. Cercai di ristabilire il respiro e di non pensare a niente, ma quella scena continuava ad apparirmi. Matteo si distese e portò la mia testa sul suo petto. Iniziò ad accarezzarmi i capelli, la sua presenza iniziava a tranquillizzarmi. 《 ora dormi, rimango qui con te》 mi disse lui dolcemente. Non mi chiese nulla sul mio incubo, mi tranquillizzò e basta ed era proprio di questo che avevo bisogno Non sapevo perché, ma ero certa che sarebbe rimasto. Lentamente chiusi gli occhi e, in un baleno, fortunatamente, mi riaddormentai.

Feci sogni tranquilli.

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