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La seconda volta che Ade era entrato nella sua stanza era stato per annunciarle che sarebbe tornata in Superficie, dalla madre e lei si era sciolta in un lungo pianto liberatorio.

Ma aveva aspettato che lui fosse uscito, per farlo.

Non voleva farsi vedere in quelle condizioni dal suo rapitore: le sarebbe sembrato di arrendersi a ciò che le era stato fatto.

Qualunque cosa fosse.

Perchè in quei giorni non era successo nulla. Nulla almeno che motivasse lì la sua presenza rubata. Era rimasta semplicemente tutto il tempo nella sua vasta stanza, circondata da uno stuolo di ancelle che le facevano compagnia in qualsiasi istante, predisposte per assecondarla in ogni desiderio e soddisfare ogni richiesta.

***

La prima volta che era entrato, tutte le servette erano uscite lasciandola sola. Con lui.

Mentre la porta si apriva piano e Ade faceva il suo ingresso, si erano riversate in inchini profondi e dileguate velocemente.

Quell'unica visita del dio non le aveva chiarito per nulla le idee. Anzi.

In un certo qual modo era servita solo a confondergliele.

Il nume l'aveva fissata a lungo prima di parlare, poi le aveva chiesto -come se nulla fosse- se fosse a suo agio in quella camera, con quelle ancelle e se desiderasse qualcosa dopo il viaggio burrascoso.

Persefone aveva faticato a sostenere il suo sguardo.

Era uno sguardo pesante, scuro. Sembrava denudarla, superare i suoi stessi abiti, la sua carne e ancorarsi a qualcosa di profondo.

Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, soprattutto col diretto interessato, ma si era sentita nuovamente la bambina che Ade aveva rimproverato un giorno lontano sull'Olimpo, schiacciata da quegli occhi, che anche allora le avevano dato un brivido inconsapevole.

Giudizio, rimprovero, vertigine. Pericolo.

Aveva distolto lo sguardo, aggrappandosi alle coperte del letto su cui era seduta.

Lui troneggiava su di lei e dopo una lunga serie di silenzi, interrotti solo da qualche domanda e dalle sue risposte appena sussurrate, le aveva spiegato che non era prigioniera lì dentro: la porta era aperta e sarebbe potuta andare ovunque, nei limiti della reggia. All'esterno era più imprudente.

Allora Persefone l'aveva ringraziato con fredda cortesia e gli aveva chiesto quando sarebbe durata lì la sua permanenza e quale fosse la strada per tornare dalla mamma.

Ade non aveva risposto. L'aveva guardata a lungo, ancora con quei maledetti occhi neri, che sembravano prenderla in giro ed era uscito senza darle una risposta.

***

Il giorno della sua Risalita lui era entrato e nella stanza c'era stato la stessa scena della prima volta. Ingresso, ancelle in fibrillazione, uscita di tutti i presenti. Loro due uno di fronte all'altra.

Quella volta non l'aveva guardata a lungo, né fissata. Aveva gettato un breve sguardo alla stanza e le aveva annunciato che poteva lasciare quel posto e tornare dalla madre.

Avrebbe solo dovuto mangiare quanti più chicchi possibili di una melagrana, un sistema per affrontare il viaggio tra il Regno dei Morti e uscirne. Punto.

Quando aveva cercato nei suoi occhi qualche spiegazioni o l'inganno, non vi aveva letto proprio nulla.

Gli occhi erano quelli di sempre. Cupi, profondi, enigmatici e invasivi. Forse più distratti, come se la questione gli interessasse poco.

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