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Dove eravamo? Persefone innamorata mandata via da un Ade troppo addolorato e ferito per riuscire a tenerla con sé e un pericolo imminente...

Caldo.

Aveva caldo.

Ad ogni passo rivoli di sudore scivolavano giù dal collo fino al petto.

I capelli, attaccati sulla fronte, la costringevano a fermarsi, per sollevare le lunghe ciocche e gettarle indietro.

Provò a tirarli su, per lasciare il collo scoperto, ma non bastarono i pochi pettinini a frenarne il crollo sulle spalle.

Continuò allora ad avanzare, trascinando quasi i piedi, sempre più stanca.

Le gambe erano ostacolate dall'abito, i fianchi costretti dalla cintura di madreperla, le spalle gravate dal mantello.

Tutto finchè non lasciò che le braccia e il cuore crollassero tra la polvere.

Avrebbe dato la sua immortalità per una fonte fresca e per un alito di vento.

Avrebbe regalato al primo mortale la sua eterna giovinezza per far sì che quell'aria afosa smettesse di avvolgerla, di toglierle il fiato e appesantirle il corpo.

E quando le sembrò troppo faticoso persino continuare respirare e pensare si fermò e si sedette su una roccia spigolosa.

E, scivolando su se stessa, pianse.

 ***

Ci sono giorni in cui credi che il cuore scoppierebbe, se solo non fosse banalmente trattenuto dalle coste. 

E ti chiedi di che colore diventa il sangue nei suoi atri e ventricoli quando è mischiato con l'angoscia e se non sia proprio per le troppe arterie che il dolore sembra giungere ovunque, a intorpidirti le mani, a bucarti i polmoni, a morderti lo stomaco, a legnificarti le gambe, a offuscarti gli occhi.

Ci sono giorni in cui non ti ricordi nemmeno com'era la tua vita prima che quella pena arrivasse e quasi ridi, ricordando la spensieratezza persa, le preoccupazioni di prima, così leggere, così piccole, così dolci nel loro candore.

Ci sono giorni in cui ti guardi allo specchio e speri di poter uscire dal tuo corpo e da quel gioco di riflessi e allontanarti da te, sederti sul letto e restare con la testa poggiata su una mano, a fissarti.

E in quei giorni sai che vedresti un'ombra alle tue spalle, il carico delle tue sofferenze che una mattina non ti sgretoleranno più il cuore, ma diventeranno compagni fedeli, amici grigi che strisciano piano, dietro di te, silenziosi, come un mantello cucito di esperienze e ferite.

 ***

Mentre singhiozzava, Persefone pensò che non avrebbe mai smesso di piangere.

Anzi lo decise.

Si sarebbe tramutata in pietra, come Niobe, per piangere per sempre o in fonte o in una pianta e avrebbe versato lacrime fino alla fine del mondo.

E anche oltre.

Perchè quel dolore avrebbe potuto affievolirsi col tempo, avrebbe potuto anche dare tregua alle sue membra, un giorno, ma non l'avrebbe lasciata e sarebbe stata la mano poggiata sulla sua spalla, il limite della sua vista, la vertigine oltre cui non spingersi.

E mai sarebbe cambiato.

La sua occasione era sfumata, il suo destino compiuto, il suo amore rifiutato.

Amore nato da un dolore e riconosciuto solo per un rifiuto.

Amore crudele, da strapparti gli occhi e schiantarti su una pietra.

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