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Persefone ha trovato Adone, spasima per lui e ridacchia nella sua camera da letto, non sapendo che Ade è lì, protetto dalla sua Kuneè a sentire la sua dichiarazione d’amore per Adone…

...Fu così che Ade, il potente dio dell' Averno, invisibile a ogni occhio, con le spalle curve e il viso ancora bruciato dalle lacrime, si incamminò verso la porta di quella stanza che mai più, aveva deciso, avrebbe varcato.

Fu così che, mentre sovraccarico del suo mantello e delle sue pene si accingeva ad uscire, un invito sussurrato e roco lo richiamò e lo trattenne, fecendolo voltare con gli occhi splancati  e il cuore esploso verso la donna che placidamente dormiva…
 
- Non andare via.

La voce di Persefone irruppe nel silenzio profondo della stanza come uno squillo di tromba e ad Ade quasi sembrò che perforasse gli orecchi e piombasse, come un peso, sulle spalle.

Si voltò piano, respirando a fatica, con gli occhi chiusi.

Sentì il cuore accelerato lanciarsi e battere contro la sua corazza.

Sollevò le palpebre.

Persefone era ancora come l'aveva lasciata, stesa tra le coperte, con le braccia abbandonate sui cuscini, sulla testa, il corpo rilassato coperto dal lenzuolo ricamato.

Sembrava non essersi mossa.

Si avvicinò al letto con cautela.

Il viso era in penombra e non riusciva a vederlo.

Scosse il capo e si voltò.

Forse era stato il prodotto di un sogno, un’allucinazione. Se pure fosse stata sveglia -e dormiva-Persefone non avrebbe potuto vederlo.

Ma un altro sospiro lo bloccò, con la mano sul pomo lucido.

-Aspetta...

Ancora una parola. Chiara nell’oscurità silenziosa di quella camera.

Questa volta non poteva essersi ingannato.

Si voltò di scatto, ma Persefone, ancora, sembrava non essersi mossa.

Si guardò intorno con le sopracciglia aggrottate, quasi all’erta. Scrutò ancora la sala intorno, gli angoli nell'oscurità, rischiarati solo dalle torce pendenti dai muri.

Chi parlava, allora?

No, che sciocco, nessuno avrebbe potuto celarsi allo sguardo del Signore degli Inferi. Non in casa sua, quantomeno.

Si riavvicinò al giaciglio, chinandosi ancora su di lei.

Niente.

Dormiva.

Poi, ad un tratto, la fanciulla, nel sonno, si mosse e languida soffiò per la terza volta:

-Toccami...Adone.

 ***

Un lungo ago rovente gli attraversò il cuore e lo bucò.

Ancora, di nuovo. No.

Quasi credette di cadere riverso, senza forze, senza respiro.

Piombò sul letto, noncurante che lei si svegliasse e avvertisse il suo peso. Strozzò un altro singhiozzo, che gli bruciò la gola.

La vista gli si appannò e le gambe cedettero.

Scivolò a terra, senza forza, seduto sui tappeti. Con la schiena appoggiata al letto, affondò il viso tra le ginocchia. I capelli lunghi sfioravano l'impiantito. Gli occhi spalancati guardavano il ricamo in ombra delle stoffe.

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