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Vi lascio al capitolo con milioni di scuse per il ritardo, ma premettendo che questa volta ne trarrete giovamento: infatti le tristezze di questo periodo hanno portato a un cambiamento della trama e all’inserimento dell’ultima figura, quella finale, che non era in dubbio e comunque non prevista subito…ma visto le cose come si mettono nella mia di vita, sfrutterò alcuni veri sentimenti per dar voce a una Persefone più vera che mai.

Il rumore del telaio che dipanava il filo d'oro coprì il passo pesante del dio, che lasciò cadere il mantello per terra, prima di rivolgersi alla dea seduta alla sua macchina.

La fissò silenzioso, le spalle bianche e il viso concentrato, poi, con un cenno imperioso del mento, mandò via le serve che le erano intorno.

Il rapido alzarsi delle ancelle fece voltare la signora, che fissò brevemente lo sguardo sull'uomo, prima di chinare ancora il capo e tornare al suo lavoro.

Il rumore sordo del pedale calpestato riempì per lunghi secondi l'aria della stanza e la notte che entrava, profumata, dal terrazzo fiorito.

Poi il dio si mosse e senza staccare gli occhi dalla nuca bianca, si sedette su uno sgabello, dinanzi alla donna che filava.

In altri momenti si sarebbe probabilmente incantato a vedere le dita lunghe e delicate scorrere leggiadre lungo i fili, l'espressione attenta e concentrata e c'erano stati giorni in cui si era dolcemente abbandonato al sonno, cullato dalla cantilena del telaio, dalla luce soffusa delle torce appese al soffitto, da una delle brevi melodie che la moglie intonava mentre lavorava.

A dirla tutta, c'erano anche giorni in cui il dolce dondolio del suo seno gonfio e il modo in cui arricciava le labbra, quando sbagliava il filato, lo inducevano a poggiare il capo sulle sue ginocchia, per suggere i capezzoli scuri, senza nemmeno abbassarle il peplo, eccitato dal fatto che lei tentasse di ignorarlo, finché non chiudeva gli occhi e spalancava le labbra.

Allora era solito prenderla in braccio e trascinarla via da lì, adagiarla sul talamo nuziale, nascosto dai veli e dalla penombra, a godere del suo corpo fino all'alba.

Quella sera però né si sarebbe addormentato né avrebbe indugiato ai piaceri dell'amore.

Restò fisso a guardarla, ancora, a studiarne il volto, serio e teso, fino a quando non fu lei a parlare, senza alzare gli occhi dai pesi e dai fili:

- Sei arrabbiato?

Riflettè prima di rispondere.

Lo era stato fino a poco fa, fino a quando non aveva avuto una lunga chiacchierata con i fratelli.

Ora era calmo.

La guardò continuare a filare, lo sguardo ancor più concentrato sull'intrico di fili.

- No.

Lei non smise di seguire il gioco d'oro sulla stoffa, ma un sopracciglio arcuato scattò dubbioso verso l'alto - Strano.

- Già... forse....

- Sarà che stai invecchiando...

Questa volta si fermò, per un istante e alzò lo sguardo a spiare, beffarda, la reazione alle sue parole.

L'uomo sorrise pigramente, continuando a studiare con noncuranza il telo che si ripiegava sull'impiantito

- Chi può dirlo... non è da escludere...

La donna scosse il capo, con un ghigno sottile, tornando a chinare gli occhi.

- ...anche tu, però stai perdendo colpi, moglie mia... Atena farebbe di gran lunga meglio con questa stoffa.

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