Prologo

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Il silenzio dominava la scena. L'unico suono udibile era la musica in lontananza dei carretti e delle bancarelle natalizie che erano classiche del periodo di inizio Dicembre. La notte era buia, i lampioni accesi ai lati della strada emanavano quella luce fioca che rendeva meno inquietante il paesaggio. Non c'erano auto che passavano, finestre che sbattevano, porte che si aprivano. Non c'era nessuno in giro a quell'ora di notte, a parte gli addetti alle bancarelle. Le campane suonarono i tre rintocchi della mezzanotte. Luke arrivò al parco dove era solito recarsi il sabato sera. Claire era lì, bellissima come al solito. Il rossetto rosso acceso le colorava le labbra e, unito al mascara e all'ombretto azzurro e argento, la rendeva simile a una di quelle bambole dei film: bellissime e pericolosissime. I capelli neri le cadevano sulle spalle, perfettamente pettinati. Indossava un pantalone attillato nero e, sotto la pesante giacca invernale, una maglietta che si intravedeva dalla scollatura del cappotto. Ovviamente accanto a lei c'era lui. Era seduto sul muretto, con in mano la sigaretta accesa, inspirava il fumo e lo buttava fuori realizzando dei cerchi e facendo ridere Claire. Non appena lo videro, la ragazza saltò in piedi correndo verso Luke. Lo abbracciò, quasi non si vedessero da anni, lo baciò a stampo. Il contatto tra i due fu sublime. Le labbra della ragazza erano calde, familiari. La sensazione era sempre la stessa, come se quel bacio fosse ormai routine, come se non avesse nulla di speciale. Il ragazzo sorrise al contatto con le sue mani, così consuete e così gentili.

«Dai vieni,» disse poi lei, portandolo al muretto dove l'altro era rimasto seduto a fumare.

«Sei arrivato finalmente,» aggiunse a bassa voce il ragazzo, intento a consumare un'altra sigaretta. Era sempre il solito. In sua presenza Luke si sentiva sminuito. Lui era tutto quello che avrebbe voluto essere: bello, intelligente, popolare e cattivo. Sì, la cattiveria era importante. Essere cattivo ti rendeva popolare e intelligente, la bellezza viene dalla nascita. Certo, Luke aveva la sua dose di popolarità, e a scuola se la cavava meglio di lui. Aveva una ragazza, Claire. Ma era sempre tre passi indietro a lui. Quando pensava una cosa, lui l'aveva già provata, assaggiata, sperimentata, e abbandonata. Si sentiva piccolo accanto a lui. Cole gli allungò la sigaretta e Luke la prese tra le dita, poi fece un tiro e gliela restituì.

«Cos'era tutta questa urgenza?» Domandò poi, quasi a volerselo scollare di dosso. Non era la sera migliore per reggere la sua altezzosità, pensò Luke. Claire, che nel frattempo lo teneva per mano, si fece sorridente, e rispose prima di lui.

«Cole ha preso un giocattolo,» disse la giovane donna. Cole si alzò e li condusse al garage della sua famiglia, dietro al parco. Lo aprì col telecomando e accese la luce. Luke Sobbalzò e si tappò la bocca per non urlare. All'interno c'era del sangue, tanto sangue. Il pavimento ne era impregnato. Claire sorrideva e saltava inquietantemente. Gli salì un conato di vomito che represse abilmente.

«Cole... che cazzo hai fatto?» Domandò, Claire rise di gusto. Luke la guardò sconcertato e scosse la testa.

«Cosa c'è da ridere?» Chiese poi a lei, che fece un salto e una piccola piroetta, girando attorno al ragazzo e sfiorandogli con un dito la spalla destra.

«Lui aveva detto che avresti avuto quella faccia. Aveva previsto le tue parole una ad una,» rispose, ancora ridendo. Cole era tre mosse avanti a Luke, che novità. Il ragazzo avanzò aprendo la porta della stanza attigua al garage e quello che vide lo fece inorridire ancora di più. Una ragazza, ferita e mutilata, era legata ad una sedia, nuda. Claire rideva, Cole aveva una faccia inquietante mentre guardava la ragazza, che fissava Luke piangendo, quasi a pregandolo di aiutarla. Il ragazzo si girò e vomitò, per poi voltarsi nuovamente verso Cole.

«Cole, ti prego, dimmi che non l'hai...» provò a dire, con le lacrime agli occhi per lo schifo che stava vedendo. L'altro alzò una mano e concluse la frase per lui.

«Stuprata? Direi che è stato consenziente finchè è durato,» chiarì. Luke si asciugò le lacrime. Sorrise amaro, sapendo che qualunque cosa avesse potuto dire o fare, lui l'aveva già prevista. Cole Marianne era la persona più cattiva e intelligente della terra. E Luke era uno stupido. Claire rideva ancora, la droga l'aveva resa incapace di pensare e di agire con la propria testa. Ed era colpa sua, pensò Luke. Era tutta colpa sua. Si avvicinò alla donna legata e le tolse le corde dalle braccia e dalle gambe. Cole era impassibile.

«Non ti succederà più nulla,» le diceva, «Prometti di non andare alla polizia?» Chiese, lei annuì più volte. Le tolse il nastro dalla bocca e lei singhiozzò. La prese in braccio, rivestendola velocemente e in maniera piuttosto superficiale, poi varcò la soglia della porta, con l'intento di portarla in ospedale. Cole gli sbarrò la strada.

«Lo sai cosa sta per succedere,» disse, quasi con tono di minaccia. Luke sorrise, con le lacrime in procinto di uscire nuovamente.

«Sì, tu ti stai togliendo e mi stai lasciando portare questa povera ragazza in ospedale,» sentenziò, lui ricambiò il sorriso, poi con un movimento repentino tagliò la gola della donna. Luke urlò, si dimenò, gettando a terra il corpo quasi inerme della vittima, preso dagli spasmi provocati dalla ferita mortale. Luke provò a tamponare la gola ma il taglio era profondo e preciso, la fuoriuscita di sangue era troppa per poter sperare. Il cuore smise di battere. La ragazza, che si scoprirà chiamarsi Cassandra, morì tra le sue bracca, inondata dalle lacrime salate che gli rigavano il viso. Il mese dopo sarebbe partito il processo che avrebbe portato Luke alla condanna di 18 anni di reclusione per l'omicidio e lo stupro della donna. Il suo difensore provò a dare la colpa a Cole Marianne, ma il team di avvocati dell'altro riuscì in qualche modo a dimostrare che era all'estero, inoltre vi erano prove delle impronte di Luke sul cadavere della ragazza. Le plausibili giustificazioni che provò l'avvocato non bastarono a evitare la sentenza. Quando apprese la notizia dell'arresto di Luke, Claire assunse talmente tante dosi da finire in un'overdose dalla quale non si sarebbe più ripresa, cadendo in un lungo e interminabile coma. La sua famiglia la fece ricoverare in una lontana casa di cura. Per quanto riguarda Luke Stevens, il giudice decise di processarlo come maggiorenne e di condannarlo a 18 anni di reclusione nella Prigione di Stato della Carolina del Sud, dove avrebbe dovuto scontare interamente la sua pena. Sì, avrebbe dovuto. Perché quella era la teoria, e chiunque sa che si differisce sempre dalla pratica. Sempre...

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