Capitolo 10 - Che i giochi abbiano inizio

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La cosa positiva era che mi trovavo nel letto di una lussuosa camera, con tanto di lenzuola rosse in lino e materasso morbido. La cosa negativa era che non ricordavo cosa fosse successo nelle ultime... quante ore? Mi sforzai di concentrarmi, mettendomi a sedere sul letto. L'ultimo ricordo che avevo era di quando ero entrato in quella sottospecie di baita, poi il nulla. Mi alzai, provando un forte giramento di testa, che mi costrinse a sedermi nuovamente. Conoscevo benissimo la sensazione e sapevo cosa mi fosse successo. Nella vita di un ricco viziato si provano le più innumerevoli ed inimmaginabili droghe. Qualcuno mi aveva drogato. Mi alzai, questa volta con calma, e mi diressi alla porta, spalancandola. Notai che c'erano tante stanze, non ero nella baita di Warren. I muri erano tinti di beige e arancione, due colori che insieme non stavano per niente bene. Scesi le scale, finchè non trovai il salotto, dove Josh era abbandonato sul divano. Appena mi sentì arrivare si voltò verso di me, alzandosi dal divano:

-Come stai?- mi domandò, io mi tastai la testa che mi pulsava come non so cosa

-Bene... credo. Cosa è successo?- risposi, chiedendo di rimando

-Sei iniziato. Hai scelto la mia casata. Ti hanno drogato, loro fanno così. Ti ricorderai tutto, ma più avanti- spiegò

-Sono iniziato? Sul serio?- domandai incredulo

-Sì, guardati il palmo destro- rispose, io guardai il palmo dove trovai un piccolo tatuaggio: un triangolo rovesciato contornato da un cerchio. Era il simbolo della scuola. Sorrisi al pensiero che, quando mia mamma l'avrebbe visto, avrebbe sclerato, e anche tanto. Mi venne improvvisamente in mente una cosa, mi girai verso il mio coinquilino

-Ma, dove mi trovo ora?- chiesi, lui sorrise

-Alla sede della casata York. Eh già, qui si adagiano nel lusso. Sei pronto? Andiamo in auditorium, il preside vuole parlare a tutti- disse, dirigendosi alla porta. Le seguii, con ancora un lieve giramento di testa. Il corridoio che percorremmo era pieno di foto, supposi fossero di persone importanti che avevano fatto parte di quella casata. Tra le foto c'era anche quella di una persona che conoscevo, ma, sarà stato per la testa, sarà stato per la febbrile eccitazione di essere iniziato, non me ne accorsi. Fu il mio primo errore. Il secondo fu quello di andare in quell'auditorium. Il terzo fu il peccato originale. Come Eva, quando mangiò la mela sotto l'inganno dell'abile serpente. Il peccato originale si consuma, non si commette nello stesso momento. L'errore fu, originariamente, sempre quello. L'essermi avvicinato a lui. L'averlo stimato, l'essergli stato accanto. L'averlo fissato, guardato attentamente. L'avere scrutato i suoi occhi e, senza saperlo, averli fatti miei, con gelosia e bramosia. In quel momento, in auditorium, davanti a me c'era Cole Marianne, sul palco con accanto il preside che stava dicendo come, uno studente modello del calibro di Cole Marianne, aveva deciso di fare da giuda ai membri della sua casata. Era tornato in Australia, dove aveva frequentato il collegio, per aiutarli. Sarebbe rimasto lì, tra quelle mura, per chissà quanto tempo. Forse finchè non avesse completato il suo piano, finchè non avesse incastrato o peggio, ucciso, anche me. E io, mi accorsi definitivamente, di essere totalmente innamorato di lui. Ed era una cosa fottutamente sbagliata. Non per il fatto che lui fosse un uomo, no. Questo avrebbe solo fatto incazzare mia madre, e ciò che fa incazzare lei, fa piacere a me. Il problema era lui. Non sarei stato abbastanza lucido per combattere, per resistergli. Non c'era speranza che lui mi avesse potuto amare. Una lacrima mi scorse inesorabilmente sul viso. Cole la vide. Notai un'espressione sul suo viso. Trionfo? Non seppi perché, ma quell'espressione mi fece tornare in me. Cole si aspettava di avere già vinto la guerra. Si aspettava di potermi rendere innocuo come fece con Luke. Ma io non ero mio fratello. Luke era popolare e figo, io ero più stratega calcolatore. Avrei combattuto fino alla fine. Al diavolo tutto. Luke non era riuscito a batterlo, ma io ci avrei provato fino alla fine...

Preparati Cole Marianne. Che i giochi abbiano inizio.

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