Capitolo 18 - Addio Cole. Ti amo

2.1K 160 48
                                    

Il rumore dei passi riecheggiava nella buia stanza da letto. Il sole, con i suoi raggi, filtrava la propria luce attraverso le inferriate chiuse. La porta della stanza si spalancò, facendo penetrare la luce del corridoio, accecandomi. Mi riparai istintivamente gli occhi con la mano, fin quando non sentii l'uscio richiudersi. Sapevo che non c'era, ma istintivamente tastai il letto in cerca del caldo corpo accanto al quale avevo dormito. Sospirai, sconsolato. Mi alzai, dirigendomi in bagno, quando una lampadina si folgorò nella mia mente: prima di Cole, prima del sesso, prima di tutto c'era la lettera. Raccolsi i jeans da terra, controllai le tasche ma non trovai la busta. Mi diressi alla giacca, ove scrutai ogni possibile fessura: non c'era traccia della lettera. Poi capii: si era preso gioco di me. Mi aveva sedotto, mi aveva scopato solo per poter arrivare a quella busta. Una lacrima mi cadde pesantemente sulla guancia. Che stupido che ero. Come potevo anche solo immaginare che Cole sarebbe stato innamorato di me?! Corsi sotto la doccia, aprii l'acqua e piansi, sotto il caldo gettito, unico in grado di consolarmi in quel momento. Ero solo.

Ben presto il dolore fu sostituito dalla rabbia. Mi vestii in fretta e furia e uscii dalla stanza, dirigendomi a grandi passi verso quella di Cole, nell'ala degli ospiti. Girai l'angolo e andai a sbattere contro un corpo muscoloso. Alzai lo sguardo e incontrai due occhi azzurrissimi che mi scrutavano

-Thomas- disse l'agente Anderson, sostenendomi per evitarmi una caduta poco divertente

-Agente Anderson, mi scusi- risposi, abbassando lo sguardo. Mi lasciò

-Chiamami Nate, dammi del tu. Te l'avevo già detto mi pare. Dove eri diretto, se posso?- domandò, dubbioso

-Nella stanza di Cole- confessai, lui mi guardò di sottecchi per poi annuire e congedarmi. Aveva sicuro capito qualcosa ma non credevo avesse collegato i tasselli. Dopotutto, nessuno li aveva collegati, me compreso. L'unico a conoscenza di tutti i fatti era Cole, ma era impossibile sapere se ciò che diceva era vero o falso. Percorsi il corridoio sino alla stanza incriminata, e spalancai la porta senza bussare. Lui era lì, seduto sul letto, che mi guardava corrucciato:

-Tom... cosa ci fai qui?- chiese

-Brutto figlio di puttana, mi chiedi pure cosa ci faccio qui? Mi trombi e poi te ne vai? Ridammela- urlai, lui mi fece cenno di abbassare la voce, mi superò e chiuse la porta

-Di cosa parli? Sì, ok, abbiamo fatto sesso, ma cosa dovrei ridarti? Perché mi insulti?- domandò, io sorrisi

-Sei un cazzo di montato, Cole Marianne. Non si compra tutto col fisico, col bel faccino o con la seduzione. Ogni tanto il carattere di merda viene fuori, e a quel punto, beh puoi solo sperare che la gente non si accorga di quanto fai schifo dentro. Ridammi la busta e vattene da qui, vattene dall'Australia, vattene dalla mia vita. Non voglio vederti mai più, per me tu sei morto- scandii le parole per fargliele capire tutte, svuotandomi di ciò che mi opprimeva. Provavo un senso di magone ad aver trattato così la persona che amavo, ma dovevo pensare a mio fratello, a Josh, e a me stesso. Lui parve distrutto. Non avevo mai visto Cole così sconvolto. Si sedette sul letto, con gli occhi fissi sul pavimento e una cosa che era molto simile ad una lacrima che gli rigava il volto. Avrei detto che stesse male, che stesse piangendo per me, se non avessi conosciuto Cole.

-Così è questo che pensi di me. È questo che vuoi: che me ne vada. Bene, dammi un giorno di tempo e non mi vedrai mai più, Thomas. Ma, per quanto riguarda la busta a cui hai accennato, non ho idea di cosa sia. Per cui, forse la cerchi nel posto sbagliato- rispose, sempre fissando il pavimento. Mi salirono i sensi di colpa. Non era stato lui a rubarmi la lettera? Ero così certo che lui era la persona meschina che descrivevo?

Forse sbagliavo, ma non si tornava indietro dalle parole che avevo detto. Mi voltai, obbligandomi ad essere forte. Non dovevo piangere. Non dovevo scusarmi. Dovevo essere forte. Lo amavo, e ciò mi distruggeva. Prima di uscire, mi voltai e raccolsi le ultime forze:

-Addio Cole. Ti amo- dissi, prima di chiudere la porta alle mie spalle e cominciare a piangere, correndo verso la mia stanza. Grazie a Dio non incontrai nessuno. Spalancai la porta e la sbattei dietro, lasciandomi andare sul pavimento, in lacrime. Smisi di piangere solo quando udii un rumore nella stanza

-C-chi c'è?- domandai, alzandomi ed afferrando la prima cosa che mi capitò per mano: un quadretto da comò. Superai la parete e girai a destra: un ragazzo era accovacciato sul letto, intento a leggere qualcosa. Alzò lo sguardo e io mi sentii mancare quando realizzai chi avevo di fronte.

GuiltyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora