Capitolo 5 - Le casate

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Capii subito che non sarebbe stato facile adattarmi all'ambiente di quel posto. Dopo un po' la gente smise di fissarmi e tornò alla propria colazione. Supposi fosse perché ero nuovo. La sala destinata alla colazione era ampia e c'erano decine e decine di tavolate con la gente seduta ad esse. I vari tavoli erano posti in corrispondenza degli stemmi delle casate reali australiane, che ovviamente non conoscevo.

-È molto diviso in gruppi il college?- domandai al mio coinquilino che sorrise annuendo

-Allora- disse Josh –Diciamo che è tanto diviso in gruppi. In passato, quando vigeva il sistema della parìa del Regno Unito, si veniva assegnati a una casata reale, dato che era un college molto esclusivo. Ora si è mantenuta la tradizione delle casate, nonostante la parìa non sia più effettivamente importante in Gran Bretagna dal 1999, quando il parlamento ha emanato l'atto con cui destituiva molti pari- mi spiegò Josh, mentre facevamo la fila per la mensa. Fu il nostro turno e io passai prima di Josh al suo cenno di avanzare. Guardai la donna che serviva il cibo, una signora abbastanza robusta e con un viso a forma di cuore che metteva allegria. Le sorrisi e lei ricambiò, poi osservai ciò che era nella teca di vetro. C'erano un sacco di piatti che non conoscevo, pensai fossero piatti tipici del posto. Dal canto mio, mi mantenni sul leggero: uova strapazzate, bacon, una brioche al cioccolato e il cappuccino. Vidi Josh ridere e mi voltai

-Che hai?- chiesi, lui si scambiò uno sguardo fugace con la signora che serviva il cibo, poi rispose

-Voi americani tendete a mangiare tanto- disse

-Ma se mi sono mantenuto sul leggero!- protestai, sorridendo. Lui prese un sacco di piatti a me sconosciuti e poi mi vide che ero fermo. Ero abbastanza in crisi sul dolce, che era in un'altra teca rispetto al resto. Non conoscevo quello che vedevo e quindi non potevo scegliere, anche se c'era un dolce che mi ispirava: dei dolcetti quadrati con sopra cioccolato e una spolverata di cocco

-Cosa sono sti cosi?- chiesi a Josh

-Sono i Lamingtons, sono buonissimi- rispose, convincendomi a prenderli. Una volta finita la fila, lo seguii fino a un tavolo abbastanza isolato, posto davanti a uno stemma molto strano ed elaborato: la forma classica a triangolo rovesciato era divisa in quattro sezioni: in alto a sinistra c'era una croce nera, a destra una riga verticale sempre nera, in basso a sinistra c'era una linea dorata obliqua con cinque croci dorate che la circondavano, e lo sfondo era blu, mentre in basso a destra vi era un disegno elaborato contornato da tre fiori, tutto in rosso. Vedendomi scrutare lo stemma, Josh mi spiegò:

-Questo è lo stemma del Conte di Rosslyn, è la casata a cui sono stato assegnato io e il mio gruppo- disse, indicando poi ogni stemma della sala –Quello a destra infondo è lo stemma del duca di Cambridge, alla sua destra c'è il duca di Sussex, quello coi leoni è il duca di York, accanto c'è il marchese di Northampton e il Marchese di Bristol. Qui alla nostra sinistra, il conte di Lonsdale e il conte di Leicester- spiegò ogni casata

-Perché tu sei stato assegnato qui?- domandai curioso

-È abbastanza complicato. Non ti assegnano i professori come in passato, noi studenti facciamo una specie di iniziazione. Lo dovrai fare anche tu. E, per quanto ricordi io, non è molto piacevole- mi mise paura con quelle parole. Mi riscossi quando due ragazzi arrivarono al nostro tavolo: uno dei due era il biondo del primo giorno, Alexander, che strinse la mano a Josh in segno di saluto, come anche l'altro ragazzo, poi si accorse di me

-Thomas, sei riuscito a trovare Josh vedo- disse Alexander, sorridendo. Josh aveva un'espressione confusa dipinta sul volto, ma gli feci un gesto come a dire "ti spiego dopo". Scoprii che l'altro ragazzo si chiamava Mike, era il coinquilino di Alex. Dopo arrivarono altri ragazzi, e altri ancora. Alla fine fummo circa una quindicina al tavolo. Tutti si presentarono ma non riuscii a memorizzare i nomi. Quando finimmo la colazione, ci alzammo per dirigerci fuori ad aspettare il pullman che avrebbe condotto a Warren. Il giardino in cui sbucammo era grande e maestoso: contornato da una fila di alberi, si estendeva per un numero indefinito di acri di terreno. Mentre camminavo, sentivo dei ragazzi discutere dell'omicidio dell'altra notte. Josh si avvicinò e salutò il ragazzo che ne parlava, chiedendogli spiegazioni:

-Non penso che fosse qualche alunno del college- disse il ragazzo –La mia casata c'è tutta, anche praticamente tutte le altre. Le uniche due che non sono scese sono York e Cambridge, come al solito- vidi Josh annuire e tornare da me

-Hai sentito?- chiese mentre uscivamo dalla porta principale, fermandoci in giardino

-Sì- confessai

-Praticamente ci sono le due casate più importanti, come fossero i due gruppi dominanti qua dentro. Loro non scendono quasi mai a colazione, pranzo e cena. Sono i capi, ogni anno votiamo due casate che ci rappresentino e queste due vincono ormai da quattro anni di fila- mi spiegò

-Ma tipo rappresentanti di istituto?- domandai, lui sorrise

-Rappresentanti di istituto molto importanti. Tipo, decidono loro quello che devi fare alla prova delle casate, per assegnarti- disse, io annuii. Ci sedemmo ad aspettare il pullman, quando vidi la signorina Barlow dare un opuscolo ai nuovi arrivati, così lo diede anche a me. Il volantino era bianco, con quattro riquadri neri. Era un insieme delle attrazioni, o presunte tali, di Warren. Tra tutte, mi colpii un posto. La "Casa di Cura Ward-Prowse". L'avevo già sentita nominare, forse da mia mamma ad uno dei pranzi pallosi di famiglia. Cercai di ricordarmi disperatamente, quando mi si accese la lampadina, e quello che mi venne in mente mi fece gelare il sangue nelle vene...

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