Capitolo 11 - La notizia

2.2K 182 55
                                    

Il bussare alla porta della stanza mi destò dal mio sonno. Mi alzai, guardando il letto vuoto accanto a me. Josh era andato a correre, come ogni mattina. Era passato circa un mese da quando Cole si era ritrasferito nel collegio. La vita era cambiata drasticamente. Cole non ci andava affatto leggero con la gente del collegio. Diceva ciò che pensava, e nessuno osava ribattere, nessuno eccetto una persona. Qui Cole era considerato una leggenda, il leader della sua casata. Ma per me rimaneva un avversario come tanti che avevo avuto nella mia vita. E avevo un ottimo motivo per odiarlo, aveva incastrato mio fratello. Sospirai, scostando le tende della porta finestra, notando come la pioggia colpisse incessante il vetro, e come il mio respiro creava delle appannature su di esso, per via dell'eccessiva temperatura dei riscaldamenti di quel collegio. Un altro bussare ripetuto e degli urli mi ricordarono che mi ero alzato per andare alla porta. Distolsi lo sguardo dalla pioggia e arrivai all'uscio, e quando lo aprii mi trovai dinnanzi due persone in giacca e cravatta, che sventolavano un distintivo:

-Thomas Stevens?- domandò il più alto dei due, un ragazzo a mio parere bellissimo (sì, ero gay, ormai avevo fatto pace con questo fatto), con i capelli scuri a caschetto e gli occhi blu, così blu che mi parvero fatti di ghiaccio.

-Sì, sono io- risposi, fissando l'altro che si accingeva a parlare. Era anch'egli scuro di capelli, ma era un tantino più basso dell'altro. I suoi occhi erano color nocciola, molto simili a quelli di Josh, sorrisi al pensiero.

-Sono il detective John Carson della polizia della contea di Warren, e questo è il mio collega, l'agente Nathaniel Anderson, dell'FBI- disse lui –Collaboriamo ad una Task Force, stiamo seguendo un possibile sospetto di cinque reati federali, di cui due stupri e tre omicidi. Abbiamo trovato un cadavere questa mattina, e abbiamo ragione di credere che si trattasse del suo coinquilino, Joshua Colback- il mondo mi crollò addosso, così barcollai e l'agente Anderson mi prese al volo. Repressi le lacrime e i conati di vomito e mi stabilizzai.

-Chi è il vostro sospettato?- domandai agli agenti.

-Cole Marianne- rispose quello dell'FBI. Se il bureau aveva speso tempo e soldi per mandare un suo agente fino in Australia, dove non aveva potere non essendo nella propria giurisdizione, voleva dire che avevano prove serie a sostegno delle accuse. Mi sentivo... strano. Come se volassi. Ero in una bolla. Non sentivo nulla, non vedevo nulla. Ero distaccato, ero altrove. Josh era morto. Quella volta non riuscii a reprimere il conato di vomito e corsi in bagno, rimettendo nel lavandino. Josh era morto. Morto sul serio. Come avrei fatto? Come sarei andato avanti? L'agente Anderson bussò alla porta del bagno.

-Lo so che per te è dura. Ma devi venire con noi- mi disse, porgendomi l'asciugamano, che presi ben volentieri. Mi ripulii e mi vestii, seguendo poi gli agenti sino alla centrale. Ero uno zombie, non sentivo ne provavo nulla. Dentro di me c'era il vuoto. Avevo costruito un muro tra le mie emozioni e la mia maschera. Non mi accorsi di nulla, ciò che succedeva intorno a me era distante. Notavo le piccole cose, come l'agricoltore che, sotto la pioggia scrosciante, lavorava nei campi ai margini della strada sterrata sulla quale l'auto della polizia stava sfrecciando. La centrale era poco fuori Warren, appena arrivati, gli agenti mi condussero in una sala fredda: l'obitorio. Chiesi di rimanere da solo col corpo sul tavolo, coperto da un lenzuolo bianco. Alla mia destra c'erano dei cassetti bianchi ove riponevano i cadaveri, alla sinistra gli strumenti del medico legale. Mi sedetti a terra, e cominciai a piangere silenziosamente. Avevo la forza di guardare il cadavere del mio amico? Era andato a fare jogging e non era mai tornato. Una cosa stupida. Il jogging. E la vita continuava per tutti, come un flusso continuo di emozioni e parole, che non si ferma mai. Ce ne andremo tutti così? Senza lasciare un segno dietro di noi? Sarà tutto così vuoto quando morirò io? Mi alzai. Fai l'uomo, Tom. Sii uomo. Toccai l'estremità del lenzuolo. Tre... due... uno... scoprii il lenzuolo e urlai.

GuiltyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora