Capitolo 6 - Warren

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Il viaggio in pullman fu lungo ma per niente noioso. Josh mi fece sedere dal lato del finestrino per poter ammirare per la prima volta l'incontaminato paesaggio australiano: le lunghe distese di alberi e campi, dove il mare, talvolta, si insediava frastagliando le proprie onde sugli scogli rocciosi che spuntavano dietro qualche albero. Le strade erano sterrate e il pullman faceva fatica a percorrerle, con le ruote che spesso si inceppavano nel terriccio, facendo arrabbiare l'autista e costringendolo ad improvvise accelerate. Quando arrivammo, tutti scesero e, appena fuori, in una piazzola di sosta per autobus, l'insegnante responsabile del "viaggio" ci chiamò a raccolta i membri dei 5 pullman:

-Le regole le sapete- disse, scocciata –Sono le 11.03. Siete liberi fino alle 17.30. A quell'ora, dovete essere qui. Noi professori ci aggireremo per la città, quindi non sperate di combinare marachelle. Chi non è qui per le 17.30 ne risponderà direttamente al Preside. Buona giornata- detto ciò, ci congedò con un gesto della mano, si girò e marciò verso il paese. Alexander e il suo coinquilino, di cui mi ero dimenticato il nome, si mossero verso di noi. Quando ci raggiunsero, il biondo disse:

-Cosa avevi in mente per oggi, capo?- domandò guardando Josh negli occhi

-Volevo portare Thomas a fare un giro, prima della sua iniziazione- rispose, al ricordo della prova mi si gelò il sangue. Poi mi riscossi. Prima di qualunque iniziazione, avrei dovuto risolvere una questione. Da solo

-Allora, ci separiamo e ci vediamo direttamente nei boschi?- domandò Alex, quando Josh fece un cenno col capo. Ci separammo dai due e seguii Josh attraverso una strada asfaltata tra gli alberi. La folla si stava diradando. C'era chi proseguiva nella nostra direzione, e chi invece si dirigeva ai boschi. Il che stimolò la mia curiosità:

-Cosa succede ai boschi?- domandai al mio coinquilino

-Lì si riuniscono le casate- rispose criptico. Supposi che l'avrei scoperto al momento della mia iniziazione. Arrivammo a Warren e potei ben notare che era un posto molto grazioso: vidi l'edificio municipale al centro di una piazza, con di fronte una chiesa anglicana, riconoscibile dalle guglie molto elevate e appuntite, e vi era una scritta su di un telo. Mi soffermai a leggera:

"NON vi è che un sol Dio vivente vero, eterno, incorporeo, indivisibile, ed impassibile: d' infinita potenza, sapienza e bontà: il Creatore e Conservatore di tutte le cose tanto visibili che invisibili. E nell' unità di questa Divina Essenza vi sono tre Persone, di una sola sostanza, potenza ed eternità; Padre, Figlio e Spirito Santo."

Josh vide che stavo leggendo e mi spiegò:

-È il motto della chiesa Anglicana. Il primo dei 39 principi su cui si fonda- disse, chiarendo i miei dubbi. Alla destra della Chiesa vi era quello che supposi essere un oratorio, e alla sua sinistra un ristorante. Lì finiva Warren, almeno il centro. Ma il mio obiettivo era un altro, così cercai di spiegare a Josh le mie intenzioni:

-Ho visto nell'opuscolo della Barlow che c'è una casa di cura qui- dissi, lui sembrò sorpreso

-Sì, c'è una casa di cura. È divisa in due parti: una vecchia, visitabile come fosse un museo, e quella effettivamente attiva. Perché me lo dici?- chiese, visibilmente dubbioso sulle mie intenzioni

-Mi piacerebbe, ecco, andarci. Ma non in quella da visitare. Josh, è complicato, ok? Semplicemente c'è una persona che potrebbe essere lì- provai a spiegare, ma lo vidi titubante, così cercai di convincerlo –Josh, senti, forse meglio che ci separiamo qui. Troverò il posto da solo, ci vediamo dopo- dissi, puntando alla psicologia inversa

-No, aspetta, ok, vengo con te. Ma mi devi spiegare- rispose

-Dopo capirai. Ok?- domandai, lo vidi annuire in maniera indecisa, così lo seguii lungo una stradina che conduceva in alto, supposi fosse una sorta di collina. Dopo circa cinque minuti di camminata stancante (l'ho già detto che odio l'attività fisica), Josh si accorse della mia fatica, e si fermò sorridendo:

-Ce la fai?- domandò

-Non sono fatto per le camminate in salita. Manca tanto?- chiesi in risposta, lui non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere

-Scusa, ma sono solo cinque minuti che camminiamo. No, manca poco, una decina di minuti direi- rispose, io feci una faccia sconvolta, quando propose:

-Vuoi che ti prendo in braccio?- chiese ridendo, io scossi la testa

-Non sono così disperato, andiamo avanti- decisi, riprendendo a camminare scosso da un moto d'orgoglio. I dieci minuti seguenti furono un inferno. Arrivammo alla fine della stradina quando stavo per esalare il mio ultimo respiro. Josh, dal canto suo, pareva fresco come un fiorellino appena sbocciato (è da gay fare questi commenti? No, io ero etero. Giusto?)

-Stai bene?- domandò poi, io annuii e mi ripresi, consolandomi col fatto che la discesa sarebbe stata più facile. Almeno, lo speravo. Alzai la testa e vidi una struttura grottesca: il cancello, nero con le punte a freccia, era aperto e sopra vi era un'insegna che recitava "Casa di Cura Ward-Prowse". Il cancello era contornato da un muretto in pietra, circondato da rampicanti che ne segnavano l'età. Varcata la soglia, vi era una strada in pietra che conduceva ad una struttura inquietantemente enorme: la casa di cura era un edificio grande, scuro e apparentemente inattivo. Superata però la porta d'ingresso, una signora abbastanza tracagnotta, coi capelli grigi e un vestito bianco da infermiera, era dietro al bancone dell'accettazione:

-Posso fare qualcosa per voi?- domandò, fissandoci –Siete visitatori?-

-No, sto cercando una persona che è ehm... ospite qui da voi- risposi, lei mi guardò storto

-Nome?- chiese, prendendo un registro cartaceo che immaginai fosse adibito per le firme dei visitatori. Presi un bel respiro, guardai Josh, e poi tornai all'infermiera. Decisi che, se ero capitato in quel posto, c'era un motivo. Forse il destino mi stava allungando un indizio su qualcosa. Forse voleva darmi un messaggio. Così decisi di farlo:

-Devo vedere Claire Kayland-

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